Si prospetta un autunno caldo per il governo targato Giorgia Meloni. Se da un lato è stata archiviata la questione Ita (finita in mano ai tedeschi di Lufthansa), al rientro dalle vacanze l’esecutivo dovrà lavorare ventre a terra per chiudere una serie di dossier finanziari che sono ancora sul tavolo.

Le partite principali riguardano Tim e la famigerata rete unica; Pirelli e il ruolo dei cinesi dopo l’applicazione del golden power; il riassetto di Mfe dopo la scomparsa di Silvio Berlusconi e la questione del Pnrr che attualmente sembra essere la questione più annosa da risolvere.

 

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Tim e la storia infinita della rete unica

Dopo l’esclusiva affidata a Kkr per rilevare Netco (la costituenda società che racchiude gli asset infrastrutturali di Tim, inclusa Sparkle), il Mef ha siglato un Memorandum of Understanding con il fondo americano, per garantire una presenza “italiana” in un settore che l’esecutivo considera strategico.

Nel dettaglio l’accordo prevederebbe che Kkr arrivi  a detenere il 65% di NetCo, mentre il Tesoro otterrebbe il 20%. Il restante 15% del capitale verrebbe suddiviso tra i fondo infrastrutturale F2i e Cdp. In questo modo gli investitori italiani avrebbero i controllo del 35% delle azioni; una percentuale sufficiente per influenzare eventuali decisioni contrarie agli interessi nazionali.

Il governo sta lavorando alacremente per chiudere una partita che è aperta da tempo; tanto che nei giorni scorsi l’esecutivo ha scelto Ubs come advisor che avrà il compito di gestire la partita (lato governo).

A livello economico, sul tavolo ci sono 23 miliardi di euro messi da Kkr di cui meno della metà cash e il resto debito che verrebbe deconsolidato. La data da cerchiare in rosso è il 30 settembre, termine ultimo per la presentazione di una offerta vincolante da parte del fondo.

Scavallata quella data, il Cda di Tim dovrà decidere se accettare l’offerta o meno per poi, eventualmente, convocare una assemblea per il via libera definitivo. Ed è in questa cornice che si palesa l’incognita di Vivendi. Il socio francese si è sempre detto contrario alla cessione di NetCo, sostenendo che il valore dell’asset si aggiri attorno ai 31 miliardi. La linea non sembra essere cambiata anche se alcuni scommettono su un ammorbidimento della posizione di Vivendi.

Mfe-Mediaset, gli eredi nel solco di Silvio Berlusconi

Un’altra partita che in qualche modo è entrata nei radar del governo è quella di Mfe (ex Mediaset), dopo la scomparsa del suo fondatore, Silvio Berlusconi.

La sfida dell’attuale ceo, Pier Silvio Berlusconi, è quella di realizzare una piattaforma tv generalista che abbia un respiro europeo. Un progetto che non ha subito modifiche dopo la morte dell’ex Cavaliere.

In base alle volontà testamentarie di Silvio Berlusconi, Pier Silvio e Marina hanno in mano il 53% di Fininvest, la holding di famiglia che ha in pancia tutte le attività. A circa un mese dalla scomparsa di Silvio Berlusconi, i legali sono al lavoro per chiudere il primo passaggio necessario alla successione, ovverosia l’accettazione dell’eredità.

Intanto l’obiettivo è quello di crescere oltre i confini nazionali, come aveva spiegato Pier Silvio in occasione della presentazione dei palinsesti. “Siamo saliti a ridosso del 30% dell’operatore tedesco ProSiebenSat.1 per costruire un player paneuropeo. Se c’è qualcuno che può portare a termine la sfida, questo è Mediaset”, aveva detto il ceo. Una scommessa, quella tedesca, che Mfe vuole vincere. Dopotutto il mercato tedesco è il più grande in Europa sul fronte della pubblicità e questo irrobustirebbe ancora di più la società italiana.

Pirelli, la mossa del Golden Power e il ruolo dei cinesi

A giugno scorso il governo è sceso in campo su Pirelli, decidendo di applicare la norma del Golden Power a tutela dei sensori Cyber impiantabili negli penumatici che l’esecutivo definisce “asset strategico“.

Nella nota diffusa da Palazzo Chigi, si spiegava chiaramente che “la decisione del Governo, oltre a confermare gli impegni assunti da China National Tire and Rubber Corporation, dota Pirelli di una serie di strumenti per la tutela dell’asset strategico, tra i quali un nulla osta di sicurezza industriale strategico che prevede limiti di accessibilità alle informazioni. La società Pirelli istituirà anche una unità organizzativa autonoma per la sicurezza. Inoltre per alcune decisioni strategiche del cda le prescrizioni del Governo prevedono, altresì, un voto di almeno i 4/5 del consiglio di amministrazione. L’attuazione delle prescrizioni sarà oggetto di monitoraggio da parte del Ministero competente”.

Una scelta che si è inevitabilmente riverberata sulla governance della società degli pneumatici. A fine luglio è stato nominato il nuovo Cda (composto da 15 membri) e che vede alla presidenza Jian Jiao, ceo di Sinochem. La novità sostanziale è che il nuovo presidente non avrà poteri decisionali in materia di scelte strategiche (al contrario di quanto avveniva in passato). Questo perché Camfin ha ottenuto l’esclusiva sulla proposta di nomina della prima linea del management, a cominciare dalla nomina di Andrea Casaluci come ad.

Marco Tronchetti Provera invece è stato riconfermato vice presidente esecutivo. Ed è proprio lui il fautore di una sorta di patto “italiano” con Brembo (socio con il 6% di Pirelli) con il diritto di salire fino al 10% del capitale. Una posizione che diventa ancora più solida se si considera che all’interno di Camfin sono presenti anche Unicredit e Intesa Sanpaolo.

Il dossier farebbe gola anche ad una serie di fondi stranieri che, secondo indiscrezioni, avrebbero già iniziato a muovere i primi passi.

Pnrr, la sfida più difficile

Rappresenta sicuramente il dossier più caldo e difficile da affrontare per il governo italiano. Alla fine di luglio il ministro per gli Affari europei, Raffaele Fitto, ha presentato una proposta per modificare in modo consistente alcune parti del Piano nazionale di ripresa e resilienza.

L’intervento più discusso riguarda lo spostamento di progetti per circa 16 miliardi di euro dal Pnrr ad altri fondi europei. Una mossa definita dallo stesso Fitto “necessaria” perché c’era il rischio che, a causa dei ritardi accumulati su alcuni progetti, c’era il rischio di perdere interamente i finanziamenti e lasciare le opere incompiute.

Al momento si tratta di un semplice annuncio. La proposta, infatti, dovrà essere approvata dalla Commissione europea, che verosimilmente lo farà tra settembre e ottobre. Fino ad allora il governo sarà impegnato ad avviare dialoghi chiari e costruttivi con i Comuni, allarmati da questa proposta del governo.

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