Nel 2021 il settore energetico è quello che ha fatturato di più. Almeno per quanto riguarda le società italiane più redditizie nell’anno passato. Secondo la 57esima edizione dello studio sulle principali società italiane dell’Area studi Mediobanca, su 20 aziende made in Italy con il fatturato più alto ben nove appartengono all’asset energy (petrolifero o energia elettrica). Segue il settore manifatturiero con sei società nella top 20 e poi quello della gestione di infrastrutture o servizi con cinque (commerciali, di telecomunicazioni, di ristorazione, postali, distributivi o di trasporto).
L’aumento dei prezzi delle materie prime e l’incremento dei volumi venduti oltre che per effetto di alcune operazioni di m&a hanno indubbiamente influito sulla crescita economica delle società energetiche e non solo: nel complesso, 17 imprese delle prime 20 hanno messo a segno uno sviluppo del fatturato. Ma la crescita non riguarda solo la top 20. Su 1.763 imprese analizzate con graduatoria, infatti, sono 227 quelle con vendite superiori al miliardo (erano 187 nella scorsa edizione).
Ritornando alla classifica, primeggiano poi le imprese a controllo pubblico (nove su 20), quasi il doppio di quelle a controllo privato italiano (cinque) e a proprietà estera (sei).
Chi ha fatturato di più
Il podio della classifica dei fatturati 2021 dell’industria e dei servizi è dominata da tre gruppi energetico-petroliferi pubblici (gli unici con vendite superiori a 50 miliardi). Si tratta di Enel che l’anno scorso ha raccolto 84,1 miliardi di euro, Eni con 76,6 miliardi e Gse con 54,4 miliardi.
Seguono altri settori, come il manifatturiero che si impone con Fca Italy in quarta posizione (21,9 miliardi) e i servizi guidati da Telecom in quinta (15,1 miliardi). La meccanica Leonardo (14,1 miliardi) si conferma in sesta posizione.
Sale invece di due gradini Prysmian (gomma e cavi), settima con vendite pari a 12,7 miliardi di euro, che scalza Ferrovie dello Stato ottava (11,7 miliardi di euro) e in discesa di un posto. Ne guadagnano ben sette le energetiche Edison e A2A, nona e decima con fatturati pari rispettivamente a 11,7 miliardi e 11,3 miliardi. Allo stesso settore appartiene l’undicesima impresa, Hera (10,5 miliardi), in salita di tre posti.
Seguono, Edizione (9,8 miliardi, meno quattro posti) ormai priva di Autostrade per l’ltalia e Poste Italiane (8,9 miliardi, -3), mentre la petrolifera Saras – Raffinerie Sarde guadagna otto posizioni (8,6 miliardi).
La prima e unica azienda del panorama della distribuzione moderna italiana presente in classifica è Superit, holding che controlla Esselunga, che occupa la quindicesima posizione con vendite pari a 8,5 miliardi di euro, in discesa di quattro posizioni.
Chiudono la graduatoria la metallurgica Marcegaglia Holding che sale di otto posti con vendite pari a 8 miliardi di euro, l’alimentare Parmalat (8 miliardi, meno cinque posizioni), le due petrolifere Kuwait Petroleum Italia e Esso Italiana (in salita rispettivamente di 17 e sette posti con vendite pari a 7,6 miliardi e 7,4 miliardi) e, infine, in discesa di sette posti e in ventesima posizione l’impiantistica Saipem (6,9 miliardi).
Sul fronte dei risultati netti, Eni è la regina degli utili, avendo chiuso il 2021 con 5,8 miliardi di euro, dopo la perdita di 8,6 miliardi di euro del 2020. Seguono Enel con 3,2 miliardi (+22,2%) e Edizione che, con 1,6 miliardi, recupera la perdita del 2020 pari a 320 milioni di euro. Poste Italiane chiude a quota 1.578 milioni di euro (+30,7%).
Al contrario, al primo posto delle perdite si trova Telecom con 8,7 miliardi (cioè, il 57,2% del fatturato). Il risultato sconta gli effetti della svalutazione dell’avviamento domestico per 4,1 miliardi di euro e dello stralcio, pari a 3,8 miliardi, delle attività per imposte anticipate. Seguono Saipem con 2,5 miliardi (35,9% delle vendite) e Fca Italy con 1,5 miliardi (7% del fatturato).
Servono le “quote rosa”?
Se le aziende italiane brillano da un punto di vista economico, non si può dire lo stesso dal punto di vista di presenza femminile nella forza lavoro delle top 20 società con maggior numero di dipendenti. Fanno eccezione Poste Italiane – che si contraddistingue anche per il maggiore numero di lavoratori totali, con 121.423 unità (in calo del 2,6% sul 2020) – che vanta il 53% di donne occupate (64,4 mila), Coopservice con il 53% e Almaviva – The Italian Innovation Company con il 63,2% (28,2 mila circa).
L’azienda, però, che conquista la coccarda rosa è Calzedonia Holding con ben il 90% di donne occupate (36,7mila circa).
Ben sette aziende su 20, invece, rasentano a malapena il 20% di presenza femminile: Ferrovie dello Stato con il 19,1% (al secondo posto nella classifica con più dipendenti, cioè 81.906), Leonardo con il 18,5% (al quinto posto con 50.413 unità), Saipem con l’11% (al decimo posto con 32.041 unità), Salini Costruttori con il 12% (al tredicesimo posto con 30.807 unità), Pirelli & C. con il 14,4% (al quattordicesimo posto con 30.690 unità), Prysmian con il 18,1% (al quindicesimo posto con 29.763 unità), Fincantieri con il 14% (al ventesimo posto con 20.774 unità).
Magra consolazione per Enel che vanta solo il 22,5% di lavoratrici (al quarto posto per dipendenti totali con 66.279 unità) ed Eni con 26,2% (all’undicesimo posto con 31.888 unità). Quasi a metà strada si trovano, invece, Telecom Italia con il 38% (al sesto posto con 47.930 unità) e Superit con il 44% (al diciannovesimo posto con 25.410 unità).
Le top della manifattura
Considerando la sola manifattura, le prime 20 aziende che ne costituiscono la graduatoria, realizzano un fatturato aggregato pari a 132,8 miliardi di euro, cioè 82,3 miliardi in meno rispetto a quanto cubato dal podio delle tre energetico-petrolifere.
Il comparto più rappresentato all’interno della Top20 manifattura è quello meccanico con otto aziende (Fca Italy, Leonardo, Saipem, Fincantieri, Iveco, Nuovo Pignone Holding, Ferrari e Sevel) di cui sei produttrici di mezzi di trasporto, seguite da quattro alimentari (Parmalat, Cremonini, Barilla Holding e Veronesi Holding), tre metallurgiche (Marcegaglia Holding, Riva Forni Elettrici e Chimet), due operanti nei beni per la persona e la casa (Buzzi Unicem e Prada), due nella gomma e cavi (Prysmian e Pirelli & C.) e una farmaceutica (A. Menarini Industrie Farmaceutiche Riunite).
Nell’alimentare, la regina è Parmalat con 8 miliardi di euro, Sofidel è la prima del settore cartario con fatturato pari a 2,1 miliardi, mentre nel chimico la medaglia d’oro va a Mapei (3,3 miliardi).
Il podio del comparto elettrodomestici è composto da De’ Longhi (3,2 miliardi), A. Menarini Industrie Farmaceutiche Riunite con fatturato pari a 3,9 miliardi è prima nel farmaceutico e nel sistema del legno-arredo svetta Inca Properties, capogruppo di Friul Intagli Industries che, con un giro d’affari pari a 0,8 miliardi.
La top 3 delle aziende metallurgiche vede al primo posto Marcegaglia Holding con vendite pari a 8 miliardi di euro, mentre nella moda e accessori la prima è Prada (3,4 miliardi).
E nel 2022?
Non tutte le top 20 per fatturato hanno reso già disponibili i conti parziali del 2022 (semestrali o relativi al terzo trimestre 2022), ma sulla base di quelli pubblicati si registra anche quest’anno un forte crescita. In particolare, Enel e Eni che (nei resoconti intermedi di gestione al 30 settembre 2022) hanno dichiarato ricavi della gestione caratteristica superiori ai 100 miliardi di euro, in crescita rispettivamente dell’84% e del 102,7% rispetto al terzo trimestre 2021.
I conti dei nove mesi sono inoltre già disponibili anche per Edison (vendite in crescita del 233,5% rispetto al medesimo periodo riferito al 2021), Saras (+106,3%), Saipem (+46,1%) e Leonardo (+4%).
Ad oggi non risultano invece ancora pubblicati i resoconti della terza trimestrale di A2A che ha chiuso la semestrale 2022 con fatturato in crescita del 145,3%, Hera (+113,9%), Prysmian (+31,7%), Ferrovie dello Stato (+16,5%), Poste Italiane (+2,7%) e di Telecom e Superit, che hanno chiuso con giro d’affari pressoché invariato.