Intesa Sanpaolo ha predisposto 2 miliardi di euro per supportare le pmi di tutti i settori produttivi, l’agribusiness e il terzo settore, Banco Bpm ha disposto in totale 5 miliardi per aiutare le imprese a contenere gli effetti del caro-energia e delle materie prime, mentre Unicredit ha messo sul piatto un piano di interventi da 8 miliardi.
Gli istituti di credito temono la crisi delle imprese, con l’inflazione e i costi sempre più alti per le materie prime che stanno erodendo i ricavi, e così stanno preparando ingenti misure a sostegno di pmi e aziende loro clienti. E la crisi delle pmi significa una sola cosa per le banche: crediti deteriorati.
“Il rallentamento dell’economia, l’aumento dei prezzi delle materie prime e dell’energia, e l’aumento del costo del denaro avranno impatti negativi sulle pmi e sulle famiglie, rendendo più rischiosi i prestiti non garantiti“, sottolinea Umberto Rasori, ad di Zenith Service. Ma tutto questo che impatto avrà sulle banche? Ne abbiamo parlato con Francesco Guarneri (nella foto in copertina), ceo di Guber Banca, Massimo Pasquali (nella foto sotto), responsabile coordinamento aziende di Banco Bpm e Ulrich Sprenzel, coo e cfo di Debitos, fintech tedesca con branch a Milano che fornisce piattaforme nel mercato del debito in Europa,
Qual è la situazione
Dall’ultima analisi di Crif, emerge che l’attuale contesto caratterizzato da molteplici tensioni e fattori di incertezza comporta una netta revisione al ribasso delle prospettive 2022 sul fronte della marginalità operativa delle imprese, prevista in lieve calo sia rispetto al 2021 (-40 bps) che rispetto al 2019 (-50 bps), prima che la diffusione della pandemia arrivasse a condizionare in modo tanto pesante l’economia globale.
Di conseguenza, l’Autorità bancaria europea (Eba) ha previsto un aumento del 33% dello stock di Npl entro la fine del 2022 in Europa, un’ondata di crediti deteriorati che nei bilanci delle banche italiane ammonterà a circa 60 miliardi di euro. Per il 2023 si stimano cessioni di Npl per circa 37 miliardi di euro e circa 10 miliardi di transazioni relative ad unlikely to pay (Utp).
Il mercato italiano delle Npe ha molto utilizzato il meccanismo di garanzia dello Stato, noto come Gacs (Garanzia sulla cartolarizzazione delle sofferenze), introdotto nel 2016 al fine di agevolare lo smobilizzo dei crediti in sofferenza dai bilanci degli intermediari finanziari. Questo, però, si è rivelato uno dei fattori che hanno determinato l’aumento delle operazioni Npl, come dimostrato dal raddoppio del numero di transazioni nella seconda metà del 2021 (6) rispetto al primo semestre (3). Ad oggi sono state chiuse operazioni Gacs per oltre 103 miliardi di euro, ma lo strumento, dopo un primo rinnovo avvenuto nel 2019, è scaduto a giugno 2022 e non ancora prorogato.
“Le cartolarizzazioni di non performing loan (Npl), anche grazie al recente lancio delle cartolarizzazioni immobiliari, rimangono tra gli strumenti più efficaci al fine di smobilitare lo stock di Npl bancari – ha commentato Umberto Rasori, ad di Zenith Service – come dimostra la riduzione del non performing exposure (Npe) ratio italiano dal 16,8% del 2015 al 3,6% del 2021, dato più allineato alla media europea che si attesta a 2,1% secondo la ricerca Market Watch di Banca Ifis”.
A causa però del rallentamento dell’economia, è previsto un aumento dei crediti deteriorati derivanti dalle pmi, specialmente da quelle che operano nei settori già colpiti dalla pandemia (come turismo, ospitalità e tempo libero). Col graduale venir meno delle moratorie concesse per fronteggiare la crisi legata al Covid, le pmi infatti dovranno iniziare a rimborsare i debiti contratti, col rischio di incorrere in tensioni finanziarie.
“La tempesta perfetta”
Ulrich Sprenzel (nella foto), cfo e coo di Debitos, parla di tempesta perfetta: “Le aspettative per una crisi finanziaria 3.0 tra il 2020 e il 2021 è stata posticipata dalla forte iniezione di liquidità da parte delle banche centrali. Ora però, all’inflazione, la guerra e lo scenario post covid, si è aggiunta la crisi energetica. Un mix letale per le imprese. Le loro difficoltà si sono manifestate inevitabilmente anche sugli Npl e di conseguenza anche sulle banche”.
Il direttore generale e finanziario di Debitos, fondato a Francoforte nel 2010 con 800.000 prestiti transati con successo in 16 paesi: “In più abbiamo un’aggravante: perché la storia ci insegna quanto i tempi siano lunghi per smaltire i crediti deteriorati. In Germania le banche stanno ancora vendendo gli npl causati dalla grande crisi finanziaria del 2008-2009“.
Cosa significa per le banche
Le imprese energivore non sono le uniche ad essere stata colpite dal caro-energia e gli imprenditori sono ora costretti a rivedere le proprie prospettive. Ad oggi le banche non ne risentono, ma si stanno già muovendo. Per Guarneri la mossa più giusta da parte degli istituti sarebbe quella di sospendere i piani di ristrutturazione: “Bisogna aver coraggio di congelare le rate e non ridurle, nella speranza che vengano poi avviati dei provvedimenti a riguardo”.
La risposta infatti per il ceo di Guber Banca è la socializzazione, che vale sia a da un punto di vista micro-realtà, come il rapporto tra cliente e banca, che di quello macro, tra l’Italia e il resto dell’Europa. Questo, dopotutto, “è il momento in cui si vedrà se l’Europa esiste o meno, se funziona o meno il progetto europeo”, sottolinea Guarneri.
A preoccupare, infatti, sono i 299 miliardi di euro delle 2,7 milioni le domande di adesione alle moratorie su prestiti che sono stati stanziati, come anche i 69 miliardi di richieste di garanzia per i nuovi finanziamenti bancari per micro e piccole e medie imprese presentati al Fondo di garanzia per le pmi. Il ministero dello Sviluppo economico e Mediocredito centrale (Mcc) poi hanno segnalato che sono state 992.477 le richieste di garanzie pervenute al Fondo di garanzia dal 17 marzo al 18 agosto 2020 per richiedere le garanzie ai finanziamenti in favore di imprese, artigiani, autonomi e professionisti, per un importo complessivo di oltre 70,4 miliardi di euro.
Sono saliti poi a circa 12,6 miliardi di euro, per un totale di 433 operazioni, i volumi complessivi delle garanzie nell’ambito di Garanzia Italia, lo strumento di Sace per sostenere le imprese italiane colpite dall’emergenza Covid-19. Ad agosto scorso, Banca d’Italia ha stimato che, in termini di importi, circa il 93% delle domande o comunicazioni relative alle moratorie sia già stato accolto dalle banche. Tutte misure necessarie, secondo il ceo di Guber Banca, ma “i criteri che sono stati utilizzati non sarebbero stati considerati in anni di economia fiorente”.
Le banche lo sanno bene, ma sanno anche che lasciar fallire le imprese significa la resa del tessuto imprenditoriale economico dell’intero paese. Secondo Massimo Pasquali, però, le proroghe dei crediti sono fattibili solo se ben regolamentate: “Al di fuori dei casi autorizzati, concedere una proroga può mettere in evidenza una difficoltà finanziaria di quell’azienda con relativa segnalazione in Centrale rischi. A fronte di specifiche necessità o investimenti, generalmente noi preferiamo concedere nuovi finanziamenti o nuove linee di credito”.
In attesa di risposte da parte dell’Unione europea, come su un possibile tetto al prezzo del gas, gli operatori si aspettano ulteriori misure, prima dell’arrivo del vero momento crisi previsto per questo inverno: come prorogare sin d’ora il Decreto Aiuti o accelerare gli interventi previsti dal Pnrr, suggerisce Pasquali che conferma che in momenti complessi come quelli attuali il confronto tra le aziende e il proprio gestore bancario di riferimento è molto importante.