Mentre in questi giorni si sta chiudendo la partita della riforma del processo penale alla Camera – che tocca in modo particolare prescrizione, improcedibilità e diritto all’oblio – in Senato va avanti quella relativa alla riforma del processo civile. La stessa ministra Marta Cartabia ha, di recente, sottolineato cheè stato preso un’impegno con l’Europa, è essenziale per la vita dei cittadini e degli operatori economici. Sappiamo che gli investimenti stranieri stentano in Italia a causa dei tempi della giustizia civile”.

In questo caso, le principali novità vanno dal potenziamento degli ADR (Alternative Dispute Resolution) al riordino delle disposizioni per garantire l’efficienza del processo civile, dimezzando i tempi del giudizio, fino alla previsione di un rito unico in materia di famiglia, persone e minori. Dealflower ne ha parlato con Stefano Azzali, Direttore generale di Camera Arbitrale di Milano (nella foto).

Quali sono i principali punti introdotti dalla riforma della giustizia in materia di ADR?

Questa riforma del processo civile ha il merito di aver inquadrato nella giusta prospettiva il ruolo e lo spirito con cui sono nati gli strumenti di Alternative Dispute Resolution come l’arbitrato e la mediazione. Dal 1985, come Camera Arbitrale di Milano ci occupiamo di ADR e siamo convinti che l’arbitrato e la mediazione possano contribuire al miglioramento del “sistema giustizia” che veda giustizia ordinaria e giustizia alternativa non in contrapposizione, ma in una logica di complementarietà. La giustizia è, del resto, la via maestra per un’auspicata ripresa economica.

Quindi, viene dato più spazio alla mediazione? Quali sono i margini di manovra?

In generale, va accolta con favore la scelta della Commissione Luiso (istituita con decreto ministeriale del 12 marzo 2021, per l’elaborazione di proposte e interventi in materia di processo civile, ndr) dell’estensione dell’obbligatorietà della me­diazione a ulteriori materie, incentivando la mediazione delegata dal giudice ordinario: in questo modo, le percentuali di successo di chiudere una controversia con un accordo soddisfacente per tutte le parti potrebbero aumentare. Crediamo, inoltre, sia necessario ren­dere effettivi gli incentivi fiscali, che in realtà non sono mai stati applicati. Poi, c’è il tema delle tarif­fe. Sono decisamente basse ed essendo la mediazione uno strumento basato sulla volontà delle parti, compreso l’accordo, la qualità del mediatore è la chiave di volta, ancor più della qualità dell’istituzione stessa. Insomma alcuni miglioramenti sono possibili e noi siamo pronti a fare la nostra parte in un gioco virtuoso di squadra tra enti per raggiungere insieme lo stesso obiettivo: un sistema giustizia più saldo, pilastro di relazioni economiche strutturate e proficue.

Quali saranno, a suo parere, le conseguenze evidenti nel breve e nel lungo termine di questa riforma?

Fare delle previsioni è difficile, certo le premesse per il funzionamento della macchina sono state gettate. Secondo l’Organizzazione internazionale per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), il buon funzionamento della giustizia può derivare da politiche volte a ridurre i tassi di litigiosità, risultato ottenibile anche attraverso un maggior utilizzo degli strumenti Adr. Questi strumenti offrono a cittadini e imprese una risposta rapida: ad esempio per giungere ad un lodo (con valore di sentenza) occorrono in media 10/12 mesi. Con l’Arbitrato Semplificato di Camera Arbitrale di Milano i costi si riducono di 1/3 rispetto all’arbitrato ordinario e i tempi della metà: si arriva a una decisione in media in 6 mesi.

Cosa dicono le imprese che hanno utilizzato questo istituto?

La risoluzione delle liti in via stragiudiziale sembra essere uno strumento utile per snellire tempi e costi della giustizia. Incrementarne l’utilizzo permette alle nostre imprese di liberare risorse per accrescere investimenti, produttività e occupazione. Il nostro auspicio è che la riforma incentivi e valorizzi la capacità attrattiva dell’Italia quale sede di arbitrati internazionali, con conseguente vantaggio per le nostre imprese, sia grandi che piccole e medie, e per l’economia in generale. Con le novità introdotte ci aspettiamo che si diffonda una maggiore fiducia degli operatori economici per l’istituto dell’arbitrato. Infine, sulla mediazione auspichiamo una maggiore diffusione fra le imprese e un atteggiamento più favorevole degli avvocati.

Si tratta della quarta riforma in 4 anni, quali lacune non sono ancora state colmate?

Se ci focalizziamo sull’arbitrato, a seguito della riforma intervenuta nel 2006, in generale questo istituto gode di un buona disciplina normativa. Certo, i miglioramenti sono sempre possibili e auspicabili. In particolare, in occasione dei lavori della Commissione Luiso, come Camera Arbitrale di Milano abbiamo offerto il nostro contributo proponendo “piccoli aggiustamenti” con l’obiettivo di accrescere nella business community internazionale, e in particolare tra gli investitori stranieri, la fiducia sul buon funzionamento dell’arbitrato che rappresenta una leva di attrazione degli investimenti esteri in Italia.

Che proposte avete fatto? 

Tra le proposte presentate rientra la richiesta di introdurre l’obbligo per l’arbitro di dichiarare le circostanze che possano mettere in dubbio la sua indipendenza o anche solo l’apparenza della sua indipendenza: questo a nostro avviso è un punto cruciale per creare maggiore fiducia nello strumento. Abbiamo segnalato, poi, l’opportunità di riconoscere agli arbitri i poteri cautelari (come avviene quasi ovunque nel mondo). Altre proposte di miglioramento dell’istituto potrebbero riguardare l’individuazione ex lege di poche Corti d’Appello competenti in via esclusiva sui temi arbitrali, magari le Corti presso le quali oggi operano i Tribunali delle imprese: questo tentativo è stato esperito in alcuni Paesi e ha dato ottimi risultati in termini di efficienza, riduzione dei costi, specializzazione dei giudici.

Cos’altro sarebbe auspicabile?

Qualche incentivo fiscale, per esempio, l’applicazione di una imposta fissa (e non proporzionale) per rendere esecutivo un lodo straniero in Italia. Si tratta di proposte e interventi marginali, che tuttavia a nostro avviso possono avere un enorme risultato nell’accrescere la fiducia attorno all’utilizzo dello strumento arbitrale, anche da parte delle imprese estere.

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