Quel periodo dell’anno è arrivato. Parliamo delle semestrali. I giornali (cartacei oppure online) ne sono pieni, le caselle di posta delle redazioni intasate. Il più delle volte ci dicono qualcosa, altre volte meno, sull’andamento della società in questione ma in generale potremmo dire che ogni sei mesi è sacrosanto riportare agli azionisti e al mercato come sta andando la società, l’azienda o la banca quotata. La trasparenza è proprio uno dei valori che dovrebbe guidare le società esposte sul listino.
Se questo ha senso considerando il periodo di sei mesi in sei mesi, potrebbe non averlo più nel caso delle trimestrali. Il ragionamento dovrebbe partire dall’esame del costo-beneficio. Quale può essere il beneficio di una fotografia scattata nel breve attimo che dura tre mesi nella vita, speriamo longeva, di ogni società? Quale è il costo per l’azienda in termini di progettualità e concentrazione degli sforzi?
Nel giustificare il delisting di Tod’s, annunciato il 3 agosto, il fondatore Diego Della Valle ha detto nel comunicato che l’operazione serve per rafforzare il posizionamento dei propri marchi e che “il perseguimento di questi obiettivi di medio e lungo periodo viene considerato meno agevole mantenendo lo status di società quotata, con le limitazioni derivanti dalla necessità di ottenere risultati comunque soggetti a verifiche di breve periodo”.
Per Della Valle, e non è l’unico a pensarla così, il limitato arco temporale non consentirebbe di tenere presente gli obiettivi di medio o lungo periodo. Di fatto, l’obbligo di una reportistica così ravvicinata rappresenta per certi versi un ostacolo alla progettualità di medio – lungo, quantomai necessaria in questo preciso momento storico dove solo uno sguardo in avanti può aiutare a superare le tante e improbabili contingenze (la pandemia, una guerra) e le incertezze che ne derivano.
Per le medie imprese quotate all’Egm questo discorso è ancora più rilevante, sia per la fase di vita che stanno vivendo sia per la qualità degli investitori, i quali devono essere “pazienti” sull’investimento ma a cui vanno mostrati risultati tangibili ogni 90 giorni.
Inoltre, la pressione sul breve termine incide inevitabilmente sulla performance e sulle priorità dei top manager, con il rischio che questi ultimi portino avanti operazioni perché costretti o incentivati senza però un’approfondita due diligence o una vera progettualità.
Torniamo alla domanda iniziale, ha senso tutto questo? L’immagine presentata dalla trimestrale è utile e indica la direzione intrapresa dall’azienda o è un vincolo che oggi rischia di soffocarla? In questa sede non si cerca di dare una risposta, quello che possiamo fare è però cercare di ragionare per adeguare norme e regole al contesto in cui siamo con l’obiettivo di avere il massimo beneficio possibile per le quotate e per gli investitori.