Nessuno può mettere Mosca in un angolo. Neppure con le sanzioni. La comunicazione del Cremlino è sostanzialmente questa. Ci sono le risorse per uscire indenni dai provvedimenti restrittivi dell’Occidente: se c’è un’economia in grado di resistere, è proprio quella russa. Questo è vero, ma solo in parte.
L’Europa non ha sfoderato l’artiglieria pesante, e cioè lo stop alla vendita del gas e del petrolio che ancora oggi riempie le casse di Vladimir Putin finanziando, più o meno indirettamente, anche la guerra. Questo però non significa che i provvedimenti fin qui adottati non stiano dando gli effetti previsti. Considerando anche il blocco del carbone, gli analisti prevedono il prodotto interno lordo russo sotto di dieci punti nel 2022. E con un -10% di Pil (e un +20% di inflazione entro la fine dell’anno), i consumi si riducono, gli investimenti fissi crollano e anche la ripresa sarà estremamente lenta. L’economia russa insomma è già in sofferenza. Certo, il rublo è tornato ai livelli precedenti alla guerra, recuperando l’80% su euro e dollaro. Ma lo ha fatto grazie alle misure straordinarie adottate dalla Banca Centrale, che nel lungo periodo potrebbero non essere sostenibili, vedi l’aumento dei tassi d’interesse al 20%.
Grafico Euro/Rublo by Tradingview
Come funzionano le sanzioni
Bloccare le entrate per le esportazioni. Impedire alla Russia di acquistare i beni che importa con i proventi derivati dall’export e di sfruttare le proprie riserve per i pagamenti. In buona sostanza, le sanzioni agiscono in questo modo: l’obiettivo è paralizzare il flusso economico, bloccare la crescita, innescare una recessione. Lo stop del gas sarebbe il colpo di grazia.
Mosca, è fatto noto, basa la propria economia sulle esportazioni delle materie prime non rinnovabili. Non ha molto altro, grano a parte. Di conseguenza la Russia deve importare tutto, a partire dalla tecnologia, applicabile sui trasporti (aerei), beni di consumo (smartphone) e lusso (automotive) per fare qualche esempio. Senza pezzi di ricambio non si vola, non si possono produrre le automobili e andrebbe a rilento anche la produzione dei telefonini. In questo modo l’offerta si riduce, il giro di affari scende e i prezzi aumentano, generando inflazione e calo del Pil.
Grafico Pmi Manufatturiero by Tradingeconomics.com
Il blocco del gas sarà il colpo di grazia?
Per aggirare le sanzioni, la Russia dovrebbe importare prodotti essenziali da altre parti del mondo (Cina), probabilmente di qualità inferiore e non per forza a prezzi più bassi. Ma il flusso rimane virtuoso se i proventi dell’export viene reinvestito nell’import. Con il blocco del gas, Mosca sarebbe costretta a pagare in altro modo. Come? In una situazione normale con le riserve valutarie della Banca Centrale Russa, euro e dollari soprattutto. Ma le riserve sono congelate, altro provvedimento previsto dalle sanzioni. Restano le riserve di oro. Ma una vendita massiccia causerebbe un vero e proprio crollo del prezzo del metallo prezioso. L’ultima spiaggia? Rublo e yuan. Con la valuta locale, Mosca ha iniziato a pagare le cedole sulle emissioni in scadenza (i contratti prevedono solo dollari). E questo potrebbe condurre la Russia al default tecnico. La moneta cinese occupa il 2% dei pagamenti internazionali (dati Swift di febbraio). I colloqui con Cina, Arabia Saudita e India per inizare il processo della “dedollarizzazione” degli scambi sono avviati. Ma serviranno anni. E oggi non è detto che gli altri paesi, Pechino esclusa, accettino lo yuan come moneta di scambio.