Un regime fiscale per i guadagni da crypto. E un condono per chi in passato non ha dichiarato criptovalute e introiti a esse legati. C’è anche questo nella Legge di Bilancio 197/2022 (qui il testo integrale) approvata dal Parlamento sul filo del rasoio entro i termini prefissati, e cioè alla fine dell’anno che si è appena concluso. Così, di fatto, si inizia a delineare un vero e proprio sistema di tassazione espressamente dedicato alle criptovalute, o meglio, a quelle che vengono definite all’interno dell’ampio documento “cripto-attività”, definita dalla legge stessa “rappresentazione digitale di valore o di diritti” (qui, sul sito della Banca d’Italia, l’approfondimento del significato di tale definizione).
Tassazione sugli introiti: com’era prima e cosa succede adesso
Le novità introdotte si trovano all’interno dell’articolo 1, dal comma 126 al 144. Tanto per cominciare, i guadagni da criptovalute fino ai duemila euro annui non verranno tassati. L’aliquota scatta solo in caso di superamento: l’imposta sostitutiva è del 26%.
In precedenza, ogni introito proveniente da questo tipo di operazioni ricadevano nella più ampia categoria dei redditi diversi all’interno del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir). La tassa in questione, sempre disciplinata al 26%, veniva applicata per la detenzione di asset il cui controvalore superava la soglia dei 51.645,68 euro per sette giorni lavorativi di seguito.
Il condono: nel mirino guadagni e possesso di crypto
La svolta, come detto, sta nel fatto che le cripto-attività avranno d’ora in avanti un regime fiscale apposito. Non è finita. L’altra aggiunta importante è la sanatoria per tutti i guadagni passati e non denunciati fino al 31 dicembre 2021. Insomma, anche per bitcoin e compagnia, questa la decisione del governo guidato da Giorgia Meloni, scatta il condono.
Così come scatta anche l’obbligo di dichiarazione, ai fini del monitoraggio di attività estere, delle criptovalute detenute e non denunciate, sempre entro il 31 dicembre 2021. Con tanto di introduzione, altra novità, nel quadro Rw della dichiarazione dei redditi.
Criptovalute detenute e plusvalenze: imposte e tempistiche
Tutti i contribuenti dovranno dunque presentare la domanda di emersione che comprenda sia le criptovalute possedute, sia se da esse risultino plusvalenze. L’imposta sostitutiva è del 3,5%, a cui si aggiunge un ulteriore 0,5% come “mora” per ciascun anno passato. In questo senso, per tutti coloro che intendono effettuare il ravvedimento con tanto di dichiarazione delle cripto-attività nel 2021 (o negli anni precedenti) c’è tempo fino al 28 febbraio 2023.
Vengono così meno le interpretazioni che fin qui rischiavano di risultare contradditorie, all’interno delle dichiarazioni dei redditi, per chi compravende, conserva e guadagna dagli scambi delle criptovalute. Questo è sostanzialmente il vantaggio sostanziale con l’introduzione di queste nuove norme. Ma non mancano le critiche.
Un sistema fiscale “crypto-friendly”?
Innanzitutto, secondo gli esperti la normativa non tiene conto delle differenze di funzione delle tante tipologie degli asset crittografici. Il riferimento è in particolare agli Nft, nel momento in cui sia applicato a un’opera fisica (lo scorso mese di luglio il primo Non fungible token battuto all’asta). Inoltre, l’aliquota del 26% viene percepita come una tassazione non propriamente “conveniente”. E questo potrebbe spingere gli investitori a spostare la propria residenza fiscale, laddove la fiscalità è più crypto-friendly (Svizzera e Portogallo, in primis).
C’è poi la questione della dichiarazione. Pochi mesi prima dell’approvazione della legge, l’Agenzia delle Entrate aveva spiegato che chi detiene criptovalute presso un exchange italiano, non ha obbligo di dichiarazione. Dunque, tale obbligo è assoggettato solo per chi le conserva su piattaforme estere?