La modalità “falco” che le banche centrali stanno iniziando ad adottare per contrastare l’inflazione penalizza, sul momento, gli indici delle mid & small cap in Borsa, stimano gli analisti di Intermonte. Ma secondo la società gli investimenti nei prossimi mesi saranno sostenuti dalla direzione degli utili che emergerà dalla prossima stagione di reporting.
La speranza c’è, dunque, tuttavia a guardare ora all’andamento del FTSE Italia Mid-Cap in questo mese c’è poco da essere sereni. A fronte di un mercato azionario italiano (al 14 gennaio 2022) cresciuto del 3,2% nell’ultimo mese – con un rialzo solo dello 0,3% rispetto a un anno fa – l’indice FTSE Italia Mid-Cap ha segnato un -0,8% nell’ultimo mese, sotto performando l’indice principale del 4,1%, un divario che si è creato quasi interamente da inizio anno (-4,0% su base relativa), con l’indice FTSE Italia Small Caps (+0,5% nell’ultimo mese) che ha performato peggio del mercato del 2,7% nell’ultimo mese, o -1,8% su base relativa da inizio 2022. Al contrario in Europa l’indice MSCI Europe Small Caps è cresciuto del 2,3% nell’ultimo mese, con una performance migliore delle mid/small cap italiane.
Per il team di ricerca di Intermonte parte della motivazione sta nel fatto che nelle ultime due settimane un approccio più “falco” da parte delle banche centrali per gestire l’inflazione ha provocato una significativa rotazione dai titoli growth, più rappresentati tra le mid/small, a quelli value.
Tra i best performer dell’ultimo mese ci sono Testmec, attiva nella progettazione, produzione e commercializzazione di prodotti, tecnologie e soluzioni per il settore delle infrastrutture legate al trasporto e la distribuzione di energia, dati e materiali (petrolio e derivati, gas, acqua); Maire Tecnimont e la siiq immobiliare Igd.
Quelli andati peggio sono invece il retailer di abbigliamento Ovs, Sciuker Frames, azienda che progetta e realizza finestre in materiali naturali, e la società digital Tinexta.
Liquidità in calo
Il tema è anche di liquidità. Guardando all’andamento ufficiale dell’indice italiano, scrive Intermonte, la liquidità per le large cap nell’ultimo mese – misurata dai volumi medi moltiplicati per i prezzi medi in un periodo specifico – è inferiore del 6,6% rispetto alla media a un anno, in rallentamento rispetto a un mese fa, quando la stessa metrica era +12%. Per le mid-cap la liquidità ha visto un andamento molto più debole, mostrando una variazione del -16,4% (contro il -3,4% di un mese fa), mentre per le small cap la stessa metrica è diminuita del 7,3%. Questa tendenza dovrebbe essere dovuta principalmente al consueto scarso flusso di notizie nel periodo delle Feste. Vale la pena notare che la liquidità media giornaliera per le società del coverage mid/small cap è stata di 1,5 milioni di euro nell’ultimo mese, in crescita del 106% rispetto al periodo corrispondente di un anno fa.
Utili e inflazione
“Continuiamo a ritenere che la direzione degli utili, che emergerà dalla prossima stagione di reporting, fornirà un solido sostegno a una serie di investimenti azionari le cui valutazioni sono ora in discussione”, rassicurano tuttavia da Intermonte. Inoltre, aggiungono, “le pressioni inflazionistiche rappresenteranno una sfida per le prospettive di crescita economica in futuro: nel corso dei prossimi mesi, ciò dovrebbe indurre le banche centrali a fare un passo indietro rispetto ai recenti annunci più restrittivi” e quindi adottare un approccio più colomba.
L’aiuto dei Pir
Un altro elemento che potrebbe sostenere i listini quest’anno sono i Pir. Stando a quanto rilevato da Assogestioni nella sua analisi trimestrale del novembre scorso, la raccolta netta nel 3 quarter del 2021 è stata pari a 154,7 milioni di euro, in crescita di 106 milioni rispetto ai tre mesi precedenti e dopo i tre precedenti trimestri di deflussi.
La raccolta ha poi continuato a essere forte raggiungendo a novembre i 172 milioni di euro. “Dato il progresso, restiamo fiduciosi che l’interesse per questo prodotto continuerà la sua ripresa nei prossimi mesi”, sostengono da Intermonte.
Una spinta di sarà anche tramite i Pir alternativi, cioè quegli strumenti agevolati fiscalmente attraverso i quali almeno il 70% del fondo deve essere investito in titoli emessi da società quotate italiane o comunitarie con stabile organizzazione in Italia; di questo 70%, il 25% (cioè il 17,5% del totale del fondo) deve essere investito in titoli non presenti nell’indice principale cioè il FTSE MIB per i titoli in Italia.
Nella prima metà del 2021 la raccolta è stata pari a 428 milioni mentre a fine giugno 2021 gli Asset under Management ammontavano a 684 milioni di euro. L’interesse degli investitori, sopratutto affluent, continuerà probabilmente a essere alto tanto che Assogestioni stima afflussi di 3-5 miliardi di euro all’anno mentre Intermonte stima una raccolta lorda di 2,4 miliardi di euro per il 2022 per i Pir 2.0 e una raccolta di 1,5 miliardi nel 2021 e 1,8 miliardi nel 2022 per i Pir alternativi che raggiungerebbero aum cumulate di 3,6 miliardi di euro a fine di quest’anno. Il che significherebbe almeno ulteriori 650 milioni per le mid e small cap.