E meno male che ci sono le sanzioni. L’Italia sta per diventare il più grande importatore Ue di petrolio russo. “L’indipendenza del nostro paese dal gas di Mosca arriverà entro il 2024″ ha dichiarato il presidente del Consiglio Mario Draghi. Inoltre, l’Europa sta spingendo affinché venga applicato un embargo sulle importazioni di greggio dalla Russia (ma c’è da convincere l’Ungheria). Eppure, una ricerca di Kpler, società di dati sulle materie prime, rivela che l’Italia non è mai stata così dipendente dal petrolio russo come in questo periodo. Nell’ultimo mese, Mosca ha esportato 450.000 barili al giorno nel nostro paese. E’ il quadruplo rispetto al mese di febbraio, e il dato più alto negli ultimi nove anni. E questo è solo l’inizio.
Due terzi del petrolio importato dalla Russia finisce in Sicilia
Perché due terzi di queste esportazioni, rivela il Financial Times, sono destinate al porto siciliano di Augusta, provincia di Siracusa, vicino alla raffineria Isab controllata dalla Lukoil, società moscovita che negli anni ha garantito forniture in tutto il mondo grazie alle linee di credito delle banche europee. Almeno fino all’inizio della guerra. Lukoil non è soggetta a sanzioni. Ma i finanziamenti sono stati comunque interrotti, proprio perché si tratta di una compagnia russa. E così la raffineria si è ritrovata costretta a fare affidamento esclusivamente sulle forniture della società madre. E quindi, sul petrolio russo.
Il Ft ha parlato con Alessandro Tripoli, segretario generale del sindacato Femca Cisl per Siracusa e Ragusa, secondo il quale “solo il 30% del greggio di Isab era russo prima delle sanzioni. Adesso è al 100%: le banche italiane hanno bloccato le linee di credito della raffineria, e così Lukoil è diventato il suo unico fornitore”.
Il paradosso del petrolio a braccetto con quello del gas
Tutto questo avviene nel momento in cui, come detto, l’Ue è al lavoro per liberarsi il prima possibile dai combustibili fossili russi, compreso il petrolio, su cui è allo studio un embargo sulle importazioni. Isab, che elabora fino al 22% del greggio italiano ed esporta in decine di paesi, è una compagnia fondata nel 1972, acquisita nel 2008 da Litasco, società con sede in Svizzera controllata da Lukoil. Ed eccolo qui, il paradosso del petrolio. Che si propone a braccetto con quello del gas, per il quale molte società europee hanno accettato il nuovo sistema di pagamento russo nonostante violino le sanzioni stabilite dalla Commissione Ue.
Embargo sul greggio russo? l’economia locale finirebbe nei guai
C’è un motivo per cui l’Italia è rimasta ancora fortemente aggrappata alle forniture di petrolio russo. Isab è uno dei maggiori datori di lavoro della zona. Secondo i sindacati, un embargo petrolifero russo causerebbe l’arresto immediato della raffineria, danneggiando gravemente l’economia locale, che comprende anche grandi impianti petrolchimici e molte aziende più piccole, parte delle loro catene di approvvigionamento. Interpellato dal Financial Times, l’analista di Bruegel Simone Tagliapietra ha spiegato che se dovesse entrare in vigore un embargo dell’Ue non ci sarebbe più petrolio greggio da raffinare, costringendo la raffineria a chiudere i battenti. Dati gli effetti sulla sicurezza energetica e sull’occupazione, aggiunge Tagliapietra, i governi potrebbero dover nazionalizzare temporaneamente queste risorse.
Cdp: Italia dipendente per il 73% delle materie prime
Il report di Kpler viene peraltro confermato in gran parte da un’altra indagine, pubblicata in questi giorni da Cdp. A causa della scarsa dotazione di risorse naturali, l’Italia è tra i paesi europei energeticamente più dipendenti dall’estero. Quasi tre quarti delle materie prime arrivano infatti da paesi terzi: più precisamente il 73%, a fronte di una media Ue del 57%. Eppure, sempre secondo Cassa Depositi e Prestiti, il nostro paese più di altri membri dell’Ue ha intrapreso un percorso di riduzione della dipendenza dall’estero, con l’obiettivo di diventare un potenziale hub di gas naturale e idrogeno come ponte tra le due sponde del Mediterraneo.
Tre vie per ridurre la dipendenza
Secondo il documento Cdp “Sicurezza energetica: quali prospettive oltre l’emergenza?” le vie sono sostanzialmente tre: pieno sfruttamento della capacità di stoccaggio nel brevissimo periodo. Potenziamento della capacità di trasporto del gasdotto Tap e incremento dell’effettivo utilizzo dei metanodotti provenienti dal Nord Africa. Nuovi impianti per il gas naturale liquefatto per consentire una rimodulazione delle importazioni nel breve-medio periodo. A queste opzioni si aggiunge la necessità di accelerare la transizione verso un sistema più efficiente e meno dipendente dai combustibili fossili, puntando sulle energie rinnovabili. Necessità che evidentemente è passata in secondo piano, dato il ritorno all’utilizzo al carbone a causa della crisi di approvvigionamento e lo shock dovuto al prezzo delle materie prime stesse.
Come arriva il petrolio russo in Europa?
Tornando al petrolio russo, il Financial Times rivela un altro particolare. Le esportazioni di greggio da parte di Mosca finiscono anche al porto di Trieste, collegato tramite il gasdotto Transalpine a due raffinerie in Germania, in parte di proprietà di Rosneft, un’altra compagnia energetica russa. La maggior parte del petrolio entra in Europa via mare su navi cisterna, ma le forniture di greggio arrivano anche attraverso l’oleodotto Druzhba dalla Russia centrale alle raffinerie in Bielorussia, Polonia, Germania, Slovacchia, Repubblica Ceca e Ungheria. I flussi verso Berlino, a maggio, sono inferiori a 300.000 barili al giorno, almeno fino a questo momento secondo i dati di OilX, gruppo di analisi dell’energia. Tuttavia, le esportazioni marittime verso la Germania sono crollate a zero.
Cdp: Italia hub di accesso al gas naturale nel futuro. Ma il presente
Sempre secondo Cdp, in un orizzonte di lungo periodo, gli attuali equilibri energetici e geopolitici potrebbero cambiare, e alcuni paesi potrebbero passare da importatori netti di energia a esportatori. Grazie al posizionamento strategico e alla valorizzazione di reti e porti, l’Italia potrebbe candidarsi a diventare un hub di accesso al gas naturale e, in futuro, anche dell’idrogeno, facendo da ponte tra le due sponde del Mediterraneo e riacquisendo quella centralità che il posizionamento geografico e storico le hanno sempre assegnato. Il presente, tuttavia, racconta qualcosa di diverso. E cioè che l’Italia è pronta a diventare il più grande importatore del continente di greggio russo, scalzando dal podio Olanda e, come detto, Germania.