Il 2022 come gli anni ’60. Per il mercato dell’automotive che guarda al futuro, tra elettrico e idrogeno, per adesso c’è solo un brusco ritorno al passato. La previsione di Centro Studi Promotor dice questo. Una proiezione dei dati delle immatricolazioni fin qui registrate nei primi 4 mesi dell’anno ha prodotto il seguente risultato: meno di 1.120.000 veicoli venduti. Un livello che, se confermato, riporterebbe indietro l’industria dell’auto di almeno sessant’anni.

In Italia -33% ad aprile, -26,5% nel primo quadrimestre

Il crollo del mercato automotive prosegue inesorabile, anche ad aprile. Il dato è in calo del 33% rispetto allo stesso mese dell’anno scorso. Sono 97.339 le auto vendute in Italia, contro 145.243 rilevate ad aprile 2021. Meno profondo, ma comunque vertiginoso, il calo delle vendite nel primo quadrimestre: in tutto 435.647, per un ribasso del 26,5%. “Sono dati molto negativi ma non è la fine del mondo -spiega GianPrimo Quagliano, direttore del Centro Studi Promotor-. Di sicuro chi poteva fare qualcosa, in questo caso il governo, non lo ha fatto”.

Incentivi annunciati, poi ritardati. E la gente non compra

Gli incentivi per auto e moto si sono finalmente sbloccati. Dureranno tre anni. Gli sconti previsti arrivano fino a 5mila euro sull’acquisto di auto e moto per uno stanziamento complessivo di 2 miliardi di euro, nel triennio tra il 2022 e il 2024 per i veicoli ibridi e a bassa emissione. “Ma la tempestività è un’altra cosa -continua Quagliano-. Erano stati annunciati a fine 2021, poi sono subentrati gli immancabili ritardi. Con il risultato che la gente ha smesso di comprare, giustamente, in attesa degli aiuti. Sarebbe stato meglio prima avviarli, gli incentivi, e poi annunciarli“. Anche per questo, la contrazione dei volumi di acquisti è sempre più forte e non dà, almeno all’apparenza, spiragli di ripresa.

 

Automotive, non si salva nessuno, o quasi. Honda resiste, cresce Tesla

Tornando ai dati sulle immatricolazioni (grafico sopra), Stellantis rimane il marchio più acquistato, con 14.601 nuove auto vendute. Ma la crisi non fa sconti a nessuno. Il calo registrato ad aprile per il gruppo italofrancese è pari a -37,25%. La contrazione peggiore riguarda Suzuki, -74%, segue Seat (-63%) e Volvo (-54,2%). Ma anche le altre ammiraglie registrano pesanti rossi: da Volkswagen, -38,11%, a Ford, con una contrazione del 34,78% nonostante l’ingresso di Ford Puma tra i modelli più acquistati. Giù anche Renault (-42%).

In controtendenza, positive Honda con +61,4% e Tesla, che cresce del 22%, seppur con volumi ridottissimi e un target decisamente più alto (il prezzo del modello base è attorno ai 60.000 dollari).

Più costi, meno auto

Sarà dunque l’anno peggiore per l’automotive? “La prospettiva della sostituzione totale del carburante a favore dell’elettrico resta un business colossale -continua il direttore del centro studi Promotor- se si considera che la stima è di un miliardo e 100 milioni di vetture nel mondo”. Nel breve-medio periodo invece tutto dipenderà dalla durata della crisi: un implacabile concentrato di fattori tra inflazione, lo shock legato ai costi delle materie prime, gli strascichi dei lockdown e soprattutto la crisi dei microchip. In particolare, i freni all’industria causati dalla guerra sono sostanzialmente due. Il blocco del mercato russo, da sempre tra i più vivaci, e quello legato al cablaggio interno delle autovetture: “I cavi interni al veicolo, lunghi peraltro anche parecchi metri -continua Quagliano-. E una produzione importante di questa tecnologia arriva proprio dall’Ucraina, ora totalmente ferma per colpa del conflitto. E’ ovvio che la carenza di questi materiali stia ulteriormente rallentando la produzione, facendo salire i prezzi”.

Automotive, sofferenza “tripla”

La sofferenza dell’industria automotive, insomma, è tripla. La domanda è penalizzata dalla situazione economica. Le sanzioni hanno privato al settore una grossa fetta di potenziali clienti. Inoltre c’è carenza di materiali indispensabili per tecnologia. “La crisi dei microchip è ancora piuttosto forte. In media ne servono circa 3.000 per autovettura”. I prezzi aumentano, con loro i tempi di consegna. Nove mesi per un’auto nuova non è una tempistica irreale. “Il mercato si sta spostando sull’usato, creando anche in questo caso un aumento del costo per la crescita della domanda. “C’è grande attenzione anche al noleggio. Ma anche in questo caso c’è il problema del reperimento delle auto”.

Non solo elettrico: Stellantis guarda al Car Sharing

La rivoluzione dell’automotive (nel grafico sopra l’andamento delle immatricolazioni in Italia) è appena cominciata. Mica per niente, c’è un altro lato del settore in forte crescita, che è quello dello sharing. “Un’interessante fetta di mercato è diretta sempre di più verso l’auto condivisa” conferma Quagliano. Proprio Stellantis, con l’operazione Share Now, joint venture tra Bmw e Mercedes Benz, acquisita attraverso Free2Move, punta a diventare leader mondiale del car sharing a livello globale, aggiungendo 450.00 veicoli, 14 città europee e 7 centri di mobilità tra Usa ed Europa, per un totale di 3,4 milioni di clienti agli attuali due milioni. L’auto del futuro è senz’altro elettrica. Ma, evidentemente, anche condivisa. Almeno nel medio termine, a conferma che il mercato sta cambiando. Il paradosso del dato delle vendite che ritorna al passato invece che proiettare il settore del futuro può essere un ulteriore indizio. D’altronde fa ancora rumore la recente dichiarazione del Ceo di Volkswagen Herbert Diess: “I nostri concorrenti non sono più Toyota, Mercedes o Stellantis. Bensì Tesla, Foxconn, Apple e Uber”.

Dopo le fusioni, è il momento dello scorporo

Intanto sempre più compagnie stanno adottando la strategia dello scorporo. Ulteriore segnale che se da una parte occorrono forti investimenti, dall’altra è sempre più necessario, ove possibile, l’ottimizzazione dei costi. Mercedes Benz Group e Ford hanno aperto la strada. Il gruppo tedesco ha abbandonato il marchio Daimler, relegandolo alla divisione dedicata ai mezzi pesanti, ed è ripartita con due società distinte, entrambe quotate in borsa. Una mossa che ha consentito una  profonda ristrutturazione ufficializzata il 29 gennaio scorso e fortemente voluta dal Ceo Ola Kallenius. Ufficialmente il motivo sta nell’assenza di punti in comune tra vetture e camion: al centro dell’elettrificazione delle auto ci sono le batterie, mentre un ruolo ben più importante per i mezzi pesanti dovrebbe averlo l’idrogeno. Tuttavia, l’obiettivo più celato sarebbe anche quello della riduzione dei costi anche via licenziamenti.

Stessa direzione per Ford. Ottavo costruttore al mondo con 3,9 milioni di veicoli commercializzati nel 2021, ha separato le attività legate ai motori a combustione (Ford Blue) da quelle elettriche (Ford Model). Si parla in questo senso di una riduzione dei costi strutturali fino a 3 miliardi di dollari. Con l’obiettivo di arrivare a produrre più di 2 milioni di veicoli elettrici entro il 2026: attualmente l’unica in gamma è la Ford Mustang Mach E, assieme al commerciale Transit.

Prima Daimler e Ford, presto anche Renault?

E adesso ci sta pensando anche Renault. La strategia sarebbe abbastanza simile a quella di Ford e Mercedes Benz. Un primo comparto dedicato alle vetture elettriche da quotare in borsa. Un secondo legato invece al termico e all’ibrido, dove rimarrebbe il marchio Nissan (che ha chiuso qualche settimana fa la produzione della Datsun, low cost giapponese, in India). Il progetto è sul tavolo da tempo, stando a quanto riporta il quotidiano Le Figaro. Entro luglio potrebbe arrivare l’ufficialità con ingresso in borsa nella seconda parte del 2023.

Un’accelerazione, quella della compagnia francese, dovuta agli effetti della guerra. Renault è destinata a subire più di altri gruppi proprio il blocco in Russia (secondo mercato dopo quello interno), con tanto di uscita dal capitale di AvtoVaz, azienda leader del mercato locale con il brand Lada. Gli effetti si stanno già vedendo, a partire dal crollo della capitalizzazione in borsa da 11 a 7 miliardi. Nel 1° trimestre le vendite di auto sono crollate del 17,1%, negativo anche il fatturato, -2,7%, a causa della crescita di auto elettriche e ibride, le più care. La commercializzazione della Megane e-Tech, elettrica al 100%, è stata avviata e gli ordini non mancano. Tuttavia, l’impianto è rimasto fermo a lungo a causa della mancanza dei componenti elettrici, non a caso indicato anche dal Ceo di Stellantis, Carlos Tavares, come elemento molto più preoccupante della guerra.

Aumentano le immatricolazioni delle minicar

Sempre a proposito del passaggio all’elettrico, sono sempre più diffuse nelle città europee le piccole auto che non necessitano della patente, con limite di velocità dei 75 km/h. Le immatricolazioni delle minicar sono passate dalle 24 mila del 2020 alle oltre 42 mila del 2021. Adottano tutte le migliori tecnologie dell’industria automobilistica e sono considerate più sicure di un qualsiasi ciclomotore. Al punto che si vendono anche online. E’ il caso della Citroen Ami, lunga 2,41 metri, ricaricabile inmeno di 3 ore, è stata presentata nel 2020 ed è venduta solo on line: ha accumulato, in Europa, più di 20 mila consegne dal suo lancio, superando tutti gli obbiettivi previsti. In Italia è leader assoluta tra i quadrocicli, tanto da detenere, nei primi tre mesi del 2022, il 76% di quota di mercato.

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