Si chiude un’estate frenetica sul fronte m&a che candida ufficialmente il 2021 a superare i numeri del 2007, prima della crisi economica. Secondo i dati di Refinitiv, il boom estivo ha contribuito a spingere le fusioni e le acquisizioni globali a un record di 3,9 trilioni di dollari da inizio anno, più del doppio rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso e in aumento rispetto ai 2,6 trilioni di dollari del 2019. Solo nel mese di agosto, infatti, si sono registrate operazioni per 500 miliardi. Insomma, una tendenza globale che si declina nelle varie geografie e settori. Ma vediamo nel dettaglio.

 

 

A gonfie vele 

L’attività di m&a è a livelli record. Le fusioni e acquisizioni europee sono state altrettanto forti, con un aumento del 90% a 1,3 trilioni di dollari. In Europa, Industria , Technology, Healthcare ed Energy hanno visto l’aumento più significativo delle attività di m&a guidato da una combinazione di prospettive macroeconomiche costruttive, continuazione della disruption tecnologica – e tendenze specifiche del settore, come la transizione energetica e le infrastrutture“, spiega a Dealflower Michele Pangrazzi, Head of M&A Industrials EMEA di Credit Suisse.
Michele Pangrazzi, Head of M&A Industrials EMEA di Credit Suisse

 

Di tutte le operazioni il 46% è stata realizzata da fondi di private equity. Molti dei quasi 40mila accordi annunciati da gennaio sono stati grandi – ammontano a decine di miliardi di dollari – e includono un numero record di accordi transfrontalieri. Si pensi, ad esempio, all’ingresso della singaporiana Grab in una Spac di Wall Street per 40 miliardi. Ma, “se nel 2020 si è visto il movimento dei fondi americani, seguiti dalla Germania, nel 2021 il dinamismo arriva anche alle nostre latitudini soprattutto con l’arrivo di Draghi al governo”, racconta a Dealflower Andrea Botti, partner Legance – Avvocati Associati che si occupa di fusioni e acquisizioni, joint venture.  “Le attività di acquisizione sono sempre più presenti nel business plan dei management.  Da un punto di vista legale registriamo sempre più competitività e ricorso a polizze assicurative che è un indice di salute – ovvero di interesse – del mercato”, continua.

 

 

Lo scenario italiano 

“Negli ultimi mesi anche i fondi italiani iniziano a beneficiare di questo scenario con varie operazioni, anche minori che sono state abbandonate dai fondi più strutturati“, prosegue l’avvocato. Infatti, fa eco Pangrazi, “i volumi di m&a in Italia sono aumentati di oltre l’80% da inizio anno, con solidi livelli di attività sia nel mercato privato sia nel mercato pubblico“. Si pensi, ad esempio alla vendita di Aspi al consorzio costituito da CDP Equity, The Blackstone Group International Partners e Macquarie European Infrastructure Fund 6. Oppure, guardando le cronache settembrine, l’offerta pubblica d’acquisto lanciata da Ion Investments, attraverso il veicolo Castor Bidco, su Cerved Group.

“In Italia l’m&a sta vivendo un momento incredibile. Non solo: non vedo segnali di cessione né di bolla. Mi sembra una crescita di fiducia e di interesse verso l’Italia che è strutturale”, sostiene Botti. “Tutte le aziende italiane che sono state acquistate da fondi di private equity hanno capacità attrattive. Noi stiamo assistendo aziende e manager che arrivano dall’estero – da Londra, fino alla Silicon Valley passando per Singapore – che vengono in Italia e trasmettono positività al mercato”, continua.

Andrea Botti, partner Legance – Avvocati Associati

Infine, anche in Italia, “quello che si nota è che c’è grandissimo interesse su alcuni forti settori: la transizione energetica e l’elettrificazione (che comporta un cambiamento totale dei business plan), le tecnologie dei sistemi di pagamento con forte interesse verso le startup italiane e il consumer dalla moda alla grande distribuzione“.

Anche secondo Pangrazzi il futuro è roseo: “rimaniamo ottimisti per le prospettive del mercato m&a poiché i livelli di fiducia della C-suite, un ingrediente chiave per il successo dell’m&a, rimangono elevati. Con i progressi compiuti nella lotta alla pandemia, i mercati dei capitali forti attualmente continuano a favorire la conclusione di accordi. Questi fattori combinati fanno ben sperare per m&a per il resto dell’anno”.

Questione di strategia 

In effetti, 9 Ceo su 10 stanno pianificando acquisizioni nei prossimi 3 anni per accelerare la crescita delle loro aziende. Oltre alle acquisizioni, si punta anche su alleanze e joint venture. Infatti, il 69% dei Ceo anche le alleanze e le Joint Venture sono strumenti da adottare con convinzione. A dirlo è l’ultimo “KPMG Global CEO Outlook”, che rileva l’opinione di oltre 1.300 Ceo di aziende globali con fatturato superiore ai 500 milioni di dollari che sottolinea come sul mercato c’è molta liquidità e che le aziende hanno bisogno di imprimere un’accelerazione al loro percorso di crescita, adottando strategie di crescita inorganica per espandersi in nuovi mercati o per acquisire asset complementari rispetto al loro core business, soprattutto sui temi del digitale.

In questo scenario, è interessante notare che il 30% degli amministratori delegati investirà più del 10% dei ricavi globali della propria organizzazione in programmi di sostenibilità. Un settore che detta, dunque, una chiara linea e che, tra i Ceo italiani, sale al 42%. Inoltre, si legge nel report, fusioni e acquisizioni saranno probabilmente particolarmente importanti per guidare l’innovazione digitale e acquisire capacità tecnologiche. Con la pandemia, c’è stato un reset nella velocità del business, in aree come la relazioni coi clienti e le esigenze dei Ceo per garantire che le loro aziende siano collegate a questa nuova dinamica e siano all’avanguardia. E in questo l’m&a diventa protagonista.

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