Gli eserciti stanno prendendo posizione delle battaglie che si combatteranno fra ottobre e aprile 2022 e ridisegneranno il sistema finanziario italiano. Il primo terreno di scontro sarà Mediobanca, che fra meno di un mese, il 28 ottobre, riunirà l’assemblea dei soci. E, come era facile prevedere, Leonardo Del Vecchio (nella foto di copertina), dopo aver rinunciato ad attaccare frontalmente un anno fa, quando ancora non era sufficientemente forte, questa volta vuole incrociare le armi con il management guidato da Alberto Nagel.
Delfin chiede più peso per i soci di minoranza
Delfin, a cui attualmente fa capo il 18,896% del capitale sociale (ma può arrivare a ridosso della soglia del 20%), ha inviato a Mediobanca una richiesta di integrazione dell’ordine del giorno per l’aggiunta del seguente punto nella parte straordinaria: “Modifiche all’articolo 15, commi 4, 9, e 15, all’articolo 18, comma 4, e all’articolo 23, comma 3, dello statuto sociale; deliberazioni inerenti e conseguenti”.
Le proposte sono relative all’eliminazione delle previsioni statutarie relative alla presenza in consiglio degli amministratori dirigenti e all’aumento del numero dei consiglieri riservati alle liste di minoranza e correlata modifica del meccanismo di elezione del cda.
La nota che comunica la richiesta di Delfin aggiunge che il cda sarà “convocato nei prossimi giorni per l’assunzione delle delibere di competenza”.
Del Vecchio, in sostanza chiede di eliminare il requisito statutario secondo cui tre amministratori (nel caso in cui il consiglio abbia più di tredici componenti) devono essere dirigenti del gruppo Mediobanca da almeno tre anni e di incrementare il numero degli amministratori di minoranza, con la previsione che più liste possano presentarsi per fare eleggere i consiglieri di minoranza.
Delfin, con una nota separata, ha precisato, ancora una volta, di non voler rivoluzionare la governance di Mediobanca. Infatti, “non prevede né intende revocare l’attuale consiglio di amministrazione”. La proposta “non persegue lo scopo di sostituire gli attuali amministratori o manager della banca, quanto piuttosto quello di assicurare che, d’ora in avanti, questi operino all’interno di un quadro di regole di corporate governance coerente con le best practice e siano fortemente incentivati a porre al centro la creazione di valore per tutti gli azionisti, lasciando al consiglio di amministrazione e agli azionisti, come accade in qualsiasi altra società, il diritto di decidere in ultima istanza chi debba gestire la banca”.
I Benetton escondo dal patto
Contestualmente alla mossa di Delfin, Edizione, la holding della famiglia Benetton, ha annunciato l’uscita dal patto di consultazione, che vincolava il 2,1% del capitale.
Edizione precisa che la scelta “si colloca nell’ambito del percorso di ridefinizione delle linee strategiche del gruppo e ha l’obiettivo di mantenere l’assoluta neutralità della visione di Edizione in relazione alle partecipazioni finanziarie detenute, con la volontà di non schierarsi nelle attuali vicende che occupano Mediobanca, pur esprimendo pieno apprezzamento per l’attività svolta dal suo management”.
Pur dichiarandosi neutrali su Piazzetta Cuccia, la mossa dei Benetton viene letta come un antipasto di quanto potrebbe accadere sul fronte Generali. A Trieste la battaglia si combatterà ad aprile, con Francesco Gaetano Caltagirone (che su Mediobanca funge da alleato di Del Vecchio) a guidare le truppe e il patron di Luxottica a colpire al fianco l’esercito nemico.
I Benetton, secondo diversi rumours, si apprestano ad apportare la partecipazione in Generali, pari al 3,9%, al patto di consultazione Caltagirone-Del Vecchio, che già ha reclutato Fondazione CRT.
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