Il consiglio di amministrazione di Mediobanca ha deciso di sfidare direttamente la Delfin di Leonardo Del Vecchio. L’assemblea del prossimo 28 ottobre sarà chiamata a votare su due proposte alternative riguardanti le modifiche allo statuto sul voto di lista.

Il cda della banca d’affari guidata da Alberto Nagel (nella foto di copertina), si legge in un comunicato, “ha valutato il rispetto dei requisiti previsti dalla legge in merito alla richiesta di integrazione del socio Delfin”. La richiesta di integrazione dell’ordine del giorno è legittima, ma “Delfin non ha promosso un engagement preventivo con la società, ricorrendo direttamente ai soci, in difformità alla prassi ormai consolidata nella interazione tra azionisti e società quotate”.

Rifilata questa stoccata sul metodo, il cda di Mediobanca “condivide la prima richiesta di eliminare le previsioni statutarie relative alla presenza dei dirigenti in consiglio”. Il board, dunque, “condivide l’opportunità di eliminare il vincolo statutario, pur nella convinzione che la presenza dei manager nel consiglio (che data sin dal 1982) abbia rappresentato e possa anche in futuro rappresentare un punto di forza della governance della banca, per il contributo tecnico al dibattito del consiglio, favorendo l’assunzione di delibere prudenti, indipendenti e informate”.

Insomma, il management guidato da Nagel accetta a malincuore di escludere i dirigenti dal board, in ossequio alle best practice del settore.

Una proposta alternativa per allearsi con Assogestioni

Delfin chiede anche di modificare lo statuto sul voto di lista, uno strappo che il cda boccia perché ritiene che, “calata nella specificità dell’azionariato di Mediobanca, possa non garantire la rappresentanza degli investitori istituzionali e appare in contraddizione rispetto all’evoluzione degli assetti proprietari…  alla capacità del mercato di monitorare l’andamento della banca, asserita anche dal socio Delfin al dichiarato obbiettivo di Delfin di diversificare ulteriormente la composizione del board aumentando la quota di pertinenza delle minoranze e il numero delle liste rappresentate”.

Il cda di Mediobanca sottolinea che fissare a quattro gli esponenti delle minoranze penalizzerebbe gli investitori istituzionali, ovvero i fondi rappresentati da Assogestioni, che rischierebbero di essere esclusi.

Pertanto, il cda porterà in assemblea una proposta alternativa, che “assegna alle minoranze un numero variabile di amministratori in funzione della dimensione del consiglio nella misura pari al 20% dei componenti, ossia tre amministratori nel caso il cda abbia almeno tredici membri.

Se il 28 ottobre i soci non dovessero approvare la proposta di Delfin, pertanto, verrà messa in votazione la proposta alternativa de cda.

Si andrà alla conta dei voti, dunque. Con Nagel che probabilmente potrà contare sull’appoggio dei fondi, allettati esplicitamente dalla proposta di una rappresentaza nel consiglio. Sul piano diplomatico, l’attuale management di Piazzetta Cuccia potrebbe incassare una vittoria dal peso specifico notevole, blindando il cda grazie a un asse con gli istituzionali. Una sintonia con i fondi che potrebbe rivelarsi importante quando, nell’aprile 2022, si andrà alla conta dei voti anche nell’assemblea di Generali. A Trieste presumibilmente sul tavolo ci sarà la conferma di Philippe Donnet alla guida della compagnia. E portando Assogestioni dalla sua parte, Mediobanca potrebbe respingere l’assalto di Francesco Gaetano Caltagirone e Del Vecchio.

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