C’è una nuova crisi del debito in agguato. Nonostante lo spread sia sotto controllo. E nonostante il nuovo governo di Giorgia Meloni non abbia dato agli investitori motivi di preoccupazione. Per ora. Già perché la situazione, stando a diversi analisti intervistati dal Financial Times, peggiorerà. Lo farà in tutta l’Eurozona. Ma il Paese più a rischio di tutti sarebbe proprio l’Italia.
Ci sono analisti che ritengono la Banca centrale europea stia sopravvalutando i rischi sull’inflazione. E che stia sottovalutando la prospettiva di una recessione. Prospettiva che poi è tale fino a un certo punto. In realtà è qualcosa di molto vicino. La stessa Kristalina Georgieva, direttore generale del Fmi, ha spiegato che metà Ue sarà colpita dalla recessione già quest’anno.
Non c’è soltanto la crisi energetica. La motivazione è che tutte le banche centrali hanno iniziato ad alzare i tassi a velocità mai vista prima. Bce compresa: sebbene sia stata l’ultima a cominciare, è l’istituto che ha avviato la propria stretta monetaria con una rapidità senza precedenti da quando esiste l’Eurotower, basti pensare al tasso sui depositi, da -0,5% a +2% in sei mesi (grafico sotto): “La Bce è stata troppo lenta nel riconoscere che l’inflazione non era temporanea -ha confermato al Financial Times Jesper Rangvid, professore di finanza alla Copenhagen Business School– ma ora sta accelerando”.
“L’Italia potrebbe tornare a preoccupare i mercati”
E quand’è così, gli effetti sull’economia non si vedono certo nell’immediato, ma si manifestano nel medio lungo periodo. Questo spiega, parzialmente, il motivo per cui l’Italia non è stata percepita come motivo di preoccupazione, secondo quanto riportato da Veronika Roharova, responsabile economia dell’area euro di Credit Suisse, sempre intervistata dal Financial Times: “Le preoccupazioni potrebbero riemergere quando la crescita rallenterà, i tassi di interesse aumenteranno ulteriormente e l’emissione di debito tornerà a salire”.
Questo è un aspetto importante. Si diceva dello spread, in passato campanello d’allarme per la crisi del debito. L’area tra i 200 e i 210 punti è considerata “solo” un livello di attenzione. Ma ciò che lo tiene apparentemente sotto controllo è l’elevato rendimento del Bund tedesco, che a fine 2022 ha toccato il 2,7% che non si vedeva dal 2011, proprio il periodo crisi del debito. E il Btp? Rende il 4,5% dopo aver sfiorato il 4,8% a fine anno (grafico sotto), a ridosso del livello d’allarme del 5% accarezzato tra settembre e ottobre, momento caldo tra elezioni anticipate e inizio dell’aumento dei tassi della Bce.
“L’Italia ha maggiori esigenze di rifinanziamento del debito”
Il problema è che questi valori, che valgono già molto di più di un semplice campanello d’allarme, sono stati raggiunti in un periodo in cui le acque sono ancora relativamente calme. Cosa succederà quando si verificheranno gli scenari segnalati dall’analista di Credit Suisse?
Ecco perché nove economisti su dieci indicano l’Italia il Paese dell’Eurozona più a rischio per un sell off sui titoli governativi. Il punto di partenza resta sempre lui: il debito pubblico. Uno dei più alti in Europa, occupando il 145% del Pil. Marco Valli, capo economista di UniCredit, sempre interpellato dal Ft ha parlato in questo senso di “maggiori esigenze di rifinanziamento del debito”, e di una situazione politica “potenzialmente delicata”.
Questi i due fattori principali che rendono l’Italia vulnerabile a un alleggerimento sui mercati obbligazionari. Che poi è qualcosa che è già iniziata ad agosto 2021, quando gli Hedge fund alleggerirono le proprie posizioni sui bond italiani per 100 miliardi di euro.
Rendimento in aumento per tutti i titoli di stato dell’Eurozona
Sia chiaro: come già anticipato, la crisi del debito, se dovesse verificarsi, travolgerà l’Europa intera. Il rendimento dei Bonos spagnoli è in area 3,6% ed è ai massimi da inizio 2014, prima che Draghi pronunciasse la formula magica “Whatever it Takes”. Gli Oat francesi hanno superato il 3% come non succedeva dal 2012. Anche i titoli di stato britannici, complici i pasticci fiscali di Liz Truss, hanno registrato un’impennata che li ha portati fino al 4,6%, rendimento record degli ultimi 14 anni (grafico sotto). Mica per niente, secondo un altro sondaggio del Ft, che ha interpellato oltre 100 economisti inglesi, nel 2023 la Gran Bretagna subirà una delle peggiori recessioni e una delle più deboli riprese di tutto il G7.
Tutto questo sta accadendo prima che la Bce annunci le nuove strette sul costo del denaro e che cominci a ridurre il suo portafoglio obbligazionario di 15 miliardi di euro al mese a partire da marzo 2023, sostituendo solo parzialmente i titoli in scadenza, certamente un’ulteriore pressione al rialzo sui costi di prestito italiani. Ma Ludovic Subran, capo economista di Allianz, ha affermato al Financial Times che: “Il rischio di ripetere il crollo del mercato obbligazionario del 2012 riguarda l’Eurozona intera, poiché le capacità fiscali dei vari Paesi sono diverse senza il pesante intervento della Bce”.
L’Italia “costringerà” la Bce ad allentare la presa?
Tuttavia l’opinione sull’Italia degli economisti sentiti dal quotidiano economico britannico non è del tutto pessimistica. Se da una parte Klaas Knot, governatore della banca centrale olandese e uno dei falchi del board della Bce, ha dichiarato che la banca centrale ha appena iniziato la seconda metà del suo ciclo di rialzo dei tassi (tradotto: non ci fermeremo), c’è la forte sensazione che proprio l’Italia costringerà, seppur indirettamente, l’istituto a non eccedere con la stretta monetaria. Il motivo? Non sarebbero solo gli italiani a subire conseguenze di un’eventuale crisi del debito italiano, ma l’Europa intera.
Jesper Rangvid ha aggiunto: “Temo che la Bce non stringerà abbastanza a causa dei problemi che causerebbe all’Italia”. Dello stesso avviso Mujtaba Rahman, direttore generale per l’Europa di Eurasia Group. Intervistato dal Financial Times ha detto che “una recessione più profonda del previsto nel 2023 potrebbe mettere ancora più sotto pressione i Paesi ad alto deficit e ad alto debito, e questo probabilmente renderà più morbido il percorso della politica monetaria della Bce”. Inoltre, più di due terzi degli economisti intervistati, hanno dichiarato che la Bce non utilizzerà mai lo scudo anti spread, studiato proprio per far fronte a un aumento ingiustificato dei costi di prestito di un Paese (molti pensarono proprio all’Italia in questo senso).
“La Bce rischia di vanificare i nostri sforzi”
Tuttavia, molto dipenderà anche, come già anticipato, dall’impatto delle recenti misure prese dal governo contenute nella legge di bilancio. Ricorda al Ft Silvia Ardagna, capo economista europeo di Barclays: “L’elevato stock di debito italiano, l’elevato deficit fiscale e la necessità di ulteriori misure di sostegno all’energia rendono i mercati molto preoccupati”. E preoccupato è anche l’esecutivo di Giorgia Meloni. Come ha confermato la stessa premier nell’ultima conferenza stampa del 2022: “Sarebbe utile che la Bce gestisca meglio la comunicazione -ha detto- altrimenti si rischia di generare non panico ma fluttuazioni sul mercato che vanificano gli sforzi che i governi stanno facendo”.
Sforzi che dovrebbero condurre il deficit fiscale italiano dal 5,6% del Pil del 2022 al 4,5% nel 2023 e al 3% l’anno successivo. “Le politiche della Bce non hanno senso” aveva detto due settimane fa il ministro degli Esteri Antonio Tajani. “L’aumento dei tassi brucerà miliardi di risparmi italiani” ha detto invece il vice primo ministro Matteo Salvini.