“Al di fuori dei settori difensivi, non sono tanti i porti sicuri per gli investimenti. E non sorprende che questi rifugi siano diventati costosi”. Questo è uno dei passaggi del barometro di giugno di Pictet Asset Management, documento a firma degli analisti del gruppo svizzero che offre una panoramica mensile sull’asset allocation. L’elevata volatilità sui mercati, unita al rallentamento dell’economia, l’inflazione, lo spettro della recessione e la forte riduzione del credito deciso dalle banche centrali stanno mettendo a dura prova i portafogli degli investitori, in fuga sempre più progressiva dagli asset più rischiosi, vedi il bitcoin, scivolato fin sotto i 21.000 dollari durante nella seduta asiatica di mercoledì.
Per i grandi gestori, protezione è la parola d’ordine. L’obiettivo è individuare gli asset in grado di salvare quanto possibile il valore del capitale investito in un periodo in cui, come anticipato, i luoghi sicuri sono sempre meno. In questo senso diventa chiaro che prima di ricominciare a investire nel reddito fisso, come spiegano anche gli analisti di Pictet, è opportuno attendere la conferma che i prezzi e i rendimenti obbligazionari abbiano raggiunto il picco.
Azionario, fuga per il value
Uno dei settori più esposti è l’azionario. “Immaginiamo uno scenario in cui un investitore nel quarto trimestre del 2021 abbia investito molto nell’azionario. Lo scenario peggiore si sta delineando proprio in questi giorni. Vendere ora significherebbe incassare una perdita significativa” avverte Peter De Coensel, Ceo di Dpam. Il Nasdaq ha lasciato per strada il 30% da inizio anno, lo S&P500 oltre il 20%, perdite superiori anche su Piazza Affari e Francoforte, per quella che di fatto è la peggior partenza dell’equity dell’ultimo secolo.
Secondo Pictet Am (nel grafico sopra le stime del margine di profitto netto dei vari settori per il 2022) è il settore finanziario a essere tra i più vulnerabili rispetto a un indebolimento della crescita economica: “I titoli del settore faranno fatica in questa fase del ciclo: improbabile che i rendimenti obbligazionari salgano ancora di molto, ma i margini delle banche hanno raggiunto il picco”. I settori difensivi? Il potenziale più alto si intravede nei materiali e nella sanità, entrambi “value” che nel breve periodo dovrebbero reggere meglio dei “growth”.
AcomeA Sgr: “Dal rialzo dei tassi, dal 1990 value meglio del growth”
E a proposito di value, Giovanni Brambilla, Responsabile Investimenti di AcomeA Sgr, spiega che “in media, sia prima sia dopo il 1990, tra i sei e i dodici mesi dal momento in cui si verifica un rialzo dei tassi, si nota una significativa sovra-performance del value sul growth”. E’ d’accordo Tina Fong, strategist di Schroders: “La storia dimostra che gli investitori cercano riparo nell’azionario più difensivo (grafico sotto). A differenza del passato, inoltre, vista la congiuntura quasi inedita, i value potrebbero continuare a sovraperformare i growth, anche se i rendimenti obbligazionari dovessero continuare a salire”.
Axa Im: “Occhio agli energetici e alle utility”
Tuttavia, c’è value e value. Gilles Guibout, gestore del fondo Axa Wf Framlington Italy di Axa Im, introduce la questione del settore petrolifero, che ha beneficiato del rialzo dei prezzi (Wti a 122 dollari al barile, Brent a 124 $): “Il problema è che sono legati a un fenomeno su cui non abbiamo visibilità, cioè le oscillazioni del prezzo del petrolio. Basterebbe che si sistemasse un po’ la situazione geopolitica, che l’Arabia Saudita aprisse un po’ i rubinetti, e il prezzo del petrolio tornerebbe sotto i 100 dollari. Per un gestore è difficile in quanto tutto questo è fuori dal suo controllo”.
E le utility? Secondo Pictet Am spesso è un settore considerato un sostituto degli obbligazionari. Di conseguenza, la loro buona performance, in un contesto di aumento dei rendimenti obbligazionari, è ritenuta insolita e difficilmente sostenibile. “Se a ciò -si legge nel documento- si aggiunge l’introduzione di tasse straordinarie in alcuni Paesi come il Regno Unito per contrastare l’impennata dei prezzi dell’energia, un giudizio negativo è giustificato.
Moneyfarm: “Puntare su oro e obbligazioni indicizzati all’inflazione”
Un porto sicuro si può intravedere nell’ambito delle obbligazioni. “Accanto alle obbligazioni indicizzate all’inflazione e i treasury Usa a breve scadenza, notiamo che i titoli di stato cinesi a breve termine in valuta locale offrono una buona protezione” prosegue il Chief Executive Officer di Dpam. Stessa valutazione da parte di Moneyfarm (nel grafico sotto, le previsioni di recessione in Usa e Ue). Diversificare e decorrelare può essere una buona strategia secondo il portfolio manager Roberto Rossignoli: “E’ consigliabile allargare il proprio orizzonte di investimento per includere asset class come le obbligazioni indicizzate all’inflazione, ma anche le materie prime e l’oro, che seguono dinamiche diverse e parzialmente decorrelate rispetto all’azionario e all’obbligazionario”.
Sull’oro, ultimamente poco costante a causa della forza del dollaro e delle politiche delle banche centrali, è d’accordo De Coensel: “Essendo l’asset class a lunga duration per eccellenza, anche l’oro è utile per gestire un portafogli alle prese con una fragilità crescente sugli investimenti”.
Pictet e Dpam: “Cambi valutari? Il dollaro si deprezzerà”
Si diceva del dollaro. Sono tanti i gestori a ritenere che il biglietto verde stia per subire un deprezzamento “secolare” per usare un’espressione degli analisti di Pictet Am. La valuta non è mai stata così forte dal 2002, per una sopravvalutazione, da parte di alcuni gestori, di circa il 30%. “La situazione andrà ad attenuarsi nei prossimi anni -continuano gli analisti di Dpam-. In questo senso, lo yen giapponese e il renminbi cinese sono nel radar. Nonostante la debolezza del renminbi negli ultimi due mesi, le autorità di Pechino cercheranno di garantire la stabilità della valuta cinese in vista della conquista dello status di valuta di riserva. E anche lo yen potrebbe riscuotere un nuovo interesse in condizioni che vedano la Bank of Japan costretta a cambiare rotta e ad allentare la propria politica di controllo della curva dei rendimenti.
Discorso simile anche di Dpam: “Nei prossimi mesi il dollaro registrerà probabilmente le maggiori difficoltà nei confronti dello yen giapponese, che sovrappesiamo. Abbiamo portato l’euro da sottopesato a neutrale e il franco svizzero da neutrale a sovrappesato”.
Ripresa cinese: BlueBay mette in guardia
La Cina può avere un ruolo importante, anche per l’ottimismo nei confronti di una forte ripresa nel secondo semestre, quando le regioni chiave, dal punto di vista economico, inizieranno a essere riaperte. Tuttavia sembra proprio che investitori, aziende e policymaker di tutto il mondo stiano diventando sempre più impazienti di fronte alla lentezza della riapertura. Dopo l’annuncio di un avvio al ritorno alla normalità per Shanghai e altre aree strategiche, il colosso asiatico ha chiuso nuovamente strade e produzione a causa di nuovi casi di coronavirus. Se da una parte, come accennato, presumibilmente occorrerà aspettare la seconda parte dell’anno prima che il Dragone torni a mostrare gli artigli, dall’altra è crescente la perplessità degli investitori sulle potenziali soluzioni.
Polina Kurdyavko, head of Emerging Markets Senior Portfolio Manager di BlueBay, ricorda un proverbio cinese: “Chi aspetta che un’anatra arrosto gli voli in bocca deve aspettare molto, molto a lungo. A questo punto, ci sembra di guardare la Cina con la bocca aperta, ma la pazienza degli investitori si esaurirà presto”. E aggiunge: “La mancanza di un’azione tempestiva da parte del governo può avere conseguenze a lungo termine. Tuttavia, il danno potenzialmente maggiore non riguarda i livelli di recupero per gli obbligazionisti e il futuro interesse degli investitori per la Cina, ma le aree che sono le principali priorità del governo, come la stabilità sociale, l’occupazione e la prosperità”.
Il ruolo della transizione energetica
Per Gilles Guibout di Axa Im, rimane centrale anche il tema della transizione energetica. Non solo perché legato ai criteri Esg, ma anche per una questione di indipendenza degli Stati: “Prima gli investimenti nella transizione energetica si facevano per lottare contro il cambiamento climatico, ma ora con la guerra in Ucraina ci siamo accorti che si tratta anche di una questione di sovranità. Se vogliamo essere davvero indipendenti, dobbiamo avere l’indipendenza energetica. Quindi investimenti come quelli previsti nel piano NextGenerationEU oggi sono ancora più importanti. Questo ci rende fiduciosi che la transizione energetica rimanga un tema d’investimento molto forte e molto visibile”.