Un po’ sospetta, la versione ufficiale della Parker Brothers sulla nascita del Monopoly, in effetti, lo era. Charles Darrow, ingegnere disoccupato del New Jersey, stava cercando in tutti i modi di uscire dalla miseria. E così si chiuse nello scantinato di casa sua, giorno e notte, finché non s’inventò questo gioco. Andò a registrarlo all’ufficio brevetti nel 1933. Due anni dopo lo propose a Parker Bros. Ne acquisì i diritti, lo lanciò sul mercato e tutti vissero felici e contenti.

Seppur sospetta, questa versione fu considerata veritiera fino al 1973. L’economista tedesco Ralph Anspach, sfruttando il successo del Monopoly nel corso degli anni, aveva creato un altro gioco da tavolo. Lo chiamò: “Anti-Monopoly”, ovviamente si trattava di una sorta di parodia. Che alla Parker Brothers non piacque proprio per niente. E così si andò in tribunale.

Il professor Anspach però volle andare fino in fondo (potete leggere tutta la storia del processo qui). Durante le sue ricerche si imbattè in alcuni documenti che nel 1903 Elizabeth Magie Phillips aveva consegnato all’ufficio brevetti americano, in Virginia, per registrare il suo gioco: “The Landlord’s Game”. Un gioco troppo simile al Monopoly da non sembrare sospetto. E infatti Lizzie, come si faceva chiamare lei, ci aveva provato in tutti i modi a rivendicare la proprietà intellettuale di quel gioco da tavolo subito dopo la sua uscita ufficiale, nel 1935.

Rilasciò interviste sui giornali -lei stessa era giornalista-. Scattò fotografie vicina alle schede di quello che per lei era il primo vero gioco originale. Nessuno volle crederle. Eppure quel The Landlord’s Game passò anche per le mani della Parker Brothers, sempre negli anni 30. All’epoca era una sorta di Microsoft dei giochi da tavolo e pagò 500 dollari per i diritti di quel gioco. Elizabeth accettò. E quando le proposero di effettuare alcune modifiche, in cambio di molto più denaro, lei non ne volle sapere: “Non ci penso nemmeno” fu la risposta. Il motivo? Non aveva inventato quel gioco per il divertimento. Aveva solo scopi didattici, come denuncia sociale contro il capitalismo e l’avidità dei monopolisti.

Charles Darrow

Da Landlord’s Game a Monopoly: questa è la vera storia

Elizabeth nasce nell’Illinois nel 1866. Il padre, editore e giornalista anche lui, è una figura molto vicina ad Abramo Lincoln, prima che diventi presidente. Lizzie lavora come stenografa, poi come giornalista. Va controcorrente. Non accetta che il matrimonio sia l’unica opzione possibile per una donna, e infatti si sposerà a 44 anni, decisamente “in ritardo” per le abitudini di quell’epoca. Scrive, fa teatro, ma non solo. S’inventa anche un marchingegno che permette alla carta di passare con più facilità per i rulli della macchina da scrivere. Non sopporta il capitalismo, un’intolleranza che le trasmette il padre. Per lei John Rockefeller è il nemico numero uno della società. La sua intolleranza è tale da creare da zero proprio The Landlord’s Game, un gioco da tavolo perfetto per quell’epoca, siamo agli inizi del 1900 e l’illuminazione elettrica inizia a diffondersi in tutte le case americane.

Il gioco si ispira alle teorie dell’economista Henry George, secondo cui tutto ciò che si trova in natura appartiene a tutti. E le imposte dovrebbero ricadere solo sui grandi proprietari. Su questi due concetti si basa essenzialmente The Landlord’s Game. Il 5 gennaio 1904 Elizabeth riceve il brevetto, dopo averlo chiesto nel mese di marzo del 1903. Un evento più unico che raro: all’epoca, neanche l’1% delle donne ne richiedeva uno. Sarà forse anche per questo che Lizzie non verrà creduta da nessuno quando cerca di rivendicare la proprietà intellettuale del Monopoly…

Così Elizabeth parla del suo gioco

“Potrebbe benissimo essere chiamato il gioco della vita -racconta Elizabeth Magie Phillips durante alcune interviste per promuovere The Landlord’s Game-. Contiene tutti gli elementi di successo e fallimento nel mondo reale, e l’oggetto è lo stesso che sembra avere la razza umana in generale, vale a dire l’accumulo di ricchezza. C’è tutto: soldi, azioni, ipoteche, cambiali e altri titoli di proprietà che vengono utilizzati per il gioco d’azzardo. Si comprano e si vendono oggetti, si riscuote l’affitto, si prende in prestito denaro (dalla banca o da privati) e si pagano interessi e tasse. La ferrovia è rappresentata, chi la usa è obbligato a pagare il biglietto. E poi ci sono due franchigie: acqua ed elettricità”.

Continua Elizabeth, in quelli che sono anche alcuni passaggi del brevetto: “Ci sono due appezzamenti di terreno sul tabellone inutilizzati, né in affitto né in vendita. Su ognuno di essi c’è il cartello di divieto: ‘Divieto di violazione di domicilio. Andate in prigione’. Uno di questi tratti di terreno (il più grande) è di proprietà di Lord Blueblood, di Londra, Inghilterra. Rappresenta la proprietà straniera del suolo americano. Scontare la pena significa aspettare fino a quando non ne avrai una doppia (il famoso tentativo con i dadi di ottenere un numero doppio NdR)”.

Elizabeth Magie Phillips

Cambia il nome (ma non è ancora Monopoly), inizia il successo

Sta di fatto che il gioco inizia a essere conosciuto, con il nuovo nome di “The Owner’s Game”. Viene pensato inizialmente per le famiglie ma ci giocano soprattutto studenti universitari di economia. In particolare diventa un modo originale per insegnare agli studenti le tesi di Henry George. Viene diffuso all’università della Pennsylvania, a Princeton e Haverford College. Chi non può acquistarlo lo riproduce su stoffe e pennarelli. All’inizio degli anni 30 una versione studiata da uno studente finisce nelle mani di un’altra donna, tal Ruth Hoskins, che vive ad Atlantic City.

Con alcuni amici, crea un’ulteriore versione aggiornata con i nomi delle strade della sua città. E così, in una dinamica irreversibile degna del telefono senza fili, questa versione finisce in qualche modo nelle mani dell’ingegner Charles Darrow. C’è un solo dettaglio: nessuno conosce le regole originali. L’uomo, un ingegnere disoccupato, si offre di studiarle e integrarle. Nel 1934 lancia il gioco per la prima volta in un grande magazzino di Filadelfia. L’anno dopo, quasi trentatré anni dopo la richiesta del brevetto di Elizabeth, viene brevettato con un nuovo nome: Monopoly. Nessuno, negli uffici della Virginia, si accorge del “doppione”.

Un accordo che frutterà milioni di dollari

Intanto nel 1932 Parker Borthers acquisisce i diritti di “The Owner’s Game” di Elizabeth. Come detto, paga 500 dollari (l’equivalente di 9.500 dollari dei giorni nostri, secondo Esquire). Robert Barton, presidente della Parker Bros, offre ancora più soldi in cambio di alcune modifiche. La risposta è negativa: “Mi stanno bene 500 dollari, finché l’idea di Henry George di una tassa unica sui proprietari terrieri si diffuse in tutto il paese” risponde Lizzie. Tre anni dopo, Darrow cede i diritti di Monopoly a Parker Bros. Un accordo che frutterà milioni di dollari a entrambe le parti.

Come anticipato, bisognerà aspettare quasi 40 anni prima di scoprire che la vera ideatrice del gioco in realtà è Elizabeth Magie Philips grazie a al professor Ralph Anspach, nel 1973. Anspach vincerà la causa contro i Parker Brothers. Il contenzioso non fermerà il grande successo di Monopoly.

Ralph Anspach

L’arrivo in Italia e le varianti

Che arriva in Italia nel 1936, edito dalla Editrice Giochi (lo stesso gruppo, ceduto nel 2016 all’azienda canadese Spin Master, che distribuisce Risiko, Scarabeo e Cluedo), con il sostegno di Arnoldo Mondadori. Il nome viene italianizzato in Monopoli, con l’accento sulla seconda “o”, per evitare ogni tipo di problema con il regime fascista, che all’epoca vietava nomi inglesi. Solo nel 2009, quando la distribuzione italiana diventa di proprietà della Hasbro, compagnia quotata a Wall Street, sul Nasdaq, l’indice dei titoli tecnologici, viene introdotto nuovamente il nome originale con la y.

Concesso in licenza in più di cento Paesi e tradotto in più di 40 lingue, secondo un report della stessa Hasbro realizzato per la settantesima edizione, era il 2005, Monopoly è stato giocato da circa 750 milioni di persone. Esistono quasi 2.000 varianti, la maggior parte a tema, che conservano le stesse regole dell’originale, compresa quella senza banconote, con le carte di credito: il Monopoly Super Electronic Banking.

Monopoly, numeri e curiosità

Fino alla caduta del comunismo, Monopoly era vietato in Russia. In Francia, per festeggiare gli 80 anni, fu pensata un’iniziativa particolare: in ottanta scatole deluxe furono nascosti soldi veri. In una di queste l’intero capitale con cui si gioca a Monopoly: 20.580 euro.

La versione più costosa sarebbe quella coniata da un gioielliere di San Francisco, chiamato Sidney Mobell: il tabellone è in oro a 23 carati. Le case e gli alberghi sono pieni di rubini, i dadi sono decorti da 42 diamanti grezzi. Valore: più di 2 milioni di euro. Da segnalare anche una versione leggermente più “povera”, da 800mila euro realizzata da a un produttore di giochi da tavola di lusso. Strada e carte sono ricoperti in argento. Fatto a mano e solo su ordinazione, il tabellone è rilegato con pelle di alligatore e intarsiato in oro, come i gettoni.

Dal 1973 esistono i mondiali di Monopoly. Dal 2015 al 2021 il campione mondiale è italiano: Nicolò Falcone. Non è stato tuttavia il primo ad aver vinto. Nel 1980 ad aggiudicarsi il primo posto è stato Cesare Bernabei. 

Mr Monopoly, le origini dell’omino con i baffi

La prima apparizione di Mr Monopoly è databile 1936, proprio l’anno in cui il gioco sbarca in Italia, oltre a essere l’anno successivo della vendita die diritti alla Parker Brothers di Charles Darrow. A realizzarlo è Dan Fox, disegnatore dell’epoca a cui viene affidato il progetto grafico. In alcune carte decide di inserire questo personaggio ispirandosi al magnate della finanza John Pierpont Morgan (Jp Morgan).

Dieci anni dopo prende il nominativo di: “Rich Uncle Pennybags”, zio ricco con la sacca piena di monete. Un appellativo che resiste fino al 1999, quando subentrerà definitivamente il nome di “Mr Monopoly”.

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