Prima aumento di capitale, 2,5 miliardi da chiedere agli azionisti “entro il 2022”, e poi la vendita. Il ministro dell’Economia Daniele Franco, durante un’audizione la Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario, scandisce i tempi per l’uscita dello stato da Banca Monte dei Paschi di Siena (Mps).
Presentare al mercato una banca ricapitalizzata è propedeutico all’obiettivo del ministro, cioè non svendere. “Qualsiasi trattativa – ha detto Franco – dovrà corrispondere a criteri che non dobbiamo svendere” la partecipazione, pari al 64,2%. Franco non ha però fatto preclusioni sul potenziale acquirente del Monte dei Paschi. “Siamo aperti a qualsiasi ipotesi di operatori interessati” ha risposto il ministro alle sollecitazioni dei membri della Commissione Banche che più volte hanno fatto il nome del Credit Agricole – già impegnata sul dossier Banco Bpm – come potenziale acquirente. “Valuteremo con cautela e attenzione ogni possibile offerta avendo a mente – ha sottolineato il ministro – la tutela del personale, del marchio e del rapporto con il territorio”.
Non esclusa dunque a priori nemmeno un’offerta da parte di una banca straniera. “È importante il bilanciamento sul dare e avere: stranieri in Italia ma anche italiani all’estero”, ha indicato Franco che non ha notizia di un’offerta francese, aggiungendo che “di per sé il fatto di avere una pluralità di soggetti, compresi stranieri, credo possa essere positivo, se questo aumenta l’offerta di servizi, l’importante è che il paese mantenga centri decisionali importanti e che le nostre aziende siano presenti simmetricamente all’estero”. Il suo auspicio è però che, accanto alle prime due banche italiane più grandi (Unicredit e Intesa Sanpaolo), nasca un terzo e un quarto polo di dimensioni significative, “aiuterebbe a mantenere un grado di concorrenza adeguato in tutto il Paese”.
Trattative con l’Ue
Al contempo il ministro ha ricordato che è stata avviata un’interlocuzione con la Commissione europea per concordare un nuovo termine sulla cessione. “La precedente era dicembre 2021, l’obiettivo del Mef è conseguire una congrua dilazione, per effettuare la dismissione partecipazione con tempi adeguati in modo da poter valutare attentamente tutte le opzioni e scegliere un’opzione adeguata per il futuro della banca”. Nessuna scadenza prefissata, dunque, e anzi “i tempi per la dismissione dipenderanno dai progressi ottenuti sotto questi profili” cioè dell’aumento di capitale e del contenimento dei costi. È chiaro però è che l’Ue, come da prassi, chiederà misure compensative che il governo punta a far sì che siano “realistiche, sostenibili e non tali da compromettere il piano industriale della banca”.
Nel 2021 Mps ha registrato un utile di 310 milioni di euro, dopo tanto tempo in rosso, ma rispetto a banche analoghe, ha osservato Franco, i risultati di Rocca Salimbeni sono “relativamente più deboli” così come la dinamica dei ricavi totali e questo ha avuto un riflesso nei corsi azionari della banca con il titolo in calo del 17% negli ultimi sei mesi. Considerando gli onesi straordinari di ristrutturazione, quest’anno la banca potrebbe subire una perdita per poi tornare all’utile nel 2023. Il piano industriale, che ha un orizzonte al 2026, prevede una serie di iniziative su semplificazione, riduzione dei rischi e investimenti su digitalizzazione ma molto dipenderà dal nuovo ceo Luigi Lovaglio, subentrato a febbraio al posto di Guido Bastianini.
Popolari di Bari
Il ministro ha fatto anche un passaggio sul tema Banca popolare di Bari, ora partecipata da Mcc. Per Franco è “assolutamente importante” che “prosegua la sua azione di contenimento dei costi e recupero della capacità di effettuare impieghi su scala più ampia. Superata questa fase, si potrà considerare il ritorno alla vendita della partecipazione statale che però presuppone il superamento delle difficoltà attuali”. Franco ha ribadito che l’aggregazione della popolare con Mcc “può fornire un contributo importante allo sviluppo delle regioni meridionali, dove c’è carenza di banche rilevanti e a volte difficoltà» con un tessuto imprenditoriale fatto prevalentemente di pmi e dove «la qualità del credito tende ad essere meno buona che nel resto del Paese”.
Banche solide
Quanto alle banche italiane, per Franco il sistema ha evidenziato indicatori di solvibilità e redditività “soddisfacenti” e la “qualità del credito è stabile, l’incidenza dei deteriorati si è ridotta e lo scorso anno la redditività è migliorata”. Complici anche le ampie misure di sostegno governative per l’economia che hanno isolato i bilanci delle banche dagli effetti sull’economia, ha ricordato il ministro. Misure che saranno riviste alla luce del nuovo Temporary framework definito dalla Commissione Ue il 23 marzo per la nuova situazione di tensione. “In un prossimo decreto definiremo come il temporary framework, definito a livello europeo, sia calato nella normativa italiana, con l’idea di arrivare a un intervento che giunga al 31 dicembre 2022”.
Quanto all’esposizione diretta del sistema bancario italiano verso la Russia è relativamente contenuta: 29 miliardi, pari allo 0,7% degli attivi delle banche italiane.