Meta e la Società Italiana degli Autori ed Editori – Siae, non sono riuscite a trovare un nuovo accordo di licenza. Questo significa che gran parte della musica italiana verrà rimossa e non potrà più essere aggiunta ai contenuti su social come Facebook e Instagram, che assieme a Whatsapp sono parte della galassia di Meta.

Nonostante la notizia sia trapelata nella mattina di oggi (16 marzo) non è ancora chiaro quando questo “bando” ai brani italiani dai post, dalle storie, dai reel entrerà effettivamente “in vigore”.

Il botta e risposta fra Meta e la Siae

A fare il primo passo è stata Meta che tramite un comunicato si è detta dispiaciuta del mancato accordo. E ha poi aggiunto: “Abbiamo accordi di licenza in oltre 150 paesi nel mondo, continueremo a impegnarci per raggiungere un accordo con Siae che soddisfi tutte le parti”.

Successivamente è arrivata la risposta della Siae, che ha definito la scelta di Meta unilaterale e incomprensibile. La società che ha come presidente onorario Giulio Repetti, in arte Mogol, ha poi commentato: “A Siae viene richiesto di accettare una proposta unilaterale di Meta prescindendo da qualsiasi valutazione trasparente e condivisa dell’effettivo valore del repertorio. Tale posizione, unitamente al rifiuto da parte di Meta di condividere le informazioni rilevanti ai fini di un accordo equo, è evidentemente in contrasto con i principi sanciti dalla Direttiva Copyright per la quale gli autori e gli editori di tutta Europa si sono fortemente battuti”.

Il ruolo della Siae per la musica italiana

La Siae svolge il ruolo di intermediatore a tutela della protezione del diritto d’autore dalla sua fondazione avvenuta nel 1883 a opera di scrittori, musicisti, commediografi ed editori. Una cerchia che comprendeva Giosué Carducci, Giuseppe Verdi, Francesco De Sanctis ed Edmondo De Amicis.

La società ha operato in regime di monopolio fino al 2014 quando, in seguito a una direttiva europea, il settore del diritto d’autore è stato liberalizzato.

La posizione di mercato avuta dalla Siae per più di un secolo fa sì che la gran parte della tutela del copyright della musica italiana sia gestita proprio da questa società.

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