Ritorna Cibus, la più grande vetrina del settore agroalimentare con 500 nuovi prodotti che, dopo essere stata cancellata lo scorso anno a causa dell’emergenza sanitaria, rappresenta il simbolo per la ripartenza e per l’export Made in Italy pronto a toccare il record dei 50 miliardi di euro a fine anno. A Parma, nelle prossime ore sono in arrivo duemila aziende espositrici e tremila operatori, di cui la metà dall’estero. Una quattro giorni che si chiuderà il 3 settembre che vuol essere un crocevia tra innovazione e tradizione. Diversi i temi affrontati: dalle tecnologie più innovative, alle soluzioni per battere la contraffazione passando alla riorganizzazione ecosostenibile del sistema produttivo. Insomma, una sorta di celebrazione per un settore che ha saputo tenere durante i lockdown senza far mancare mai gli approvvigionamenti alimentati al paese. A dirlo infatti sono gli ultimi dati diffusi da Istat.

Gli ultimi dati 

L’istituto nazionale di statistica a inizio agosto ha riportato che l’export a livello mondiale dei beni di consumo non durevole, di cui l’alimentare rappresenta una gran parte, ha registrato a giugno 2021 un incremento del +15,2% su giugno 2020 (quando l’export agroalimentare aveva registrato un +1,6%), mentre sul semestre l’aumento tendenziale è dell’11,5% (l’aumento nel semestre 2020 era stato di un +2,2%). Con un aumento a due cifre senza precedenti, l’export agroalimentare italiano toccherà entro il 2021 l’obiettivo dei 50 miliardi previsto per il 2020 e bloccato dalla pandemia, di cui quasi 40 miliardi di industria alimentare e circa 11 di primario“, spiega in una nota di Federalimentare Ivano Vacondio.  

Dopo un anno e mezzo molto duro anche per l’alimentare italiano – continua Vacondio – finalmente una notizia che ci ripaga di tutti gli sforzi che il settore ha fatto e sta facendo tuttora”. “L’inizio dell’anno è stato funzionale a coprire il gap che ancora ci portavamo dietro dal 2020 ma ora si prospetta una seconda metà dell’anno che dovrebbe consolidare il tasso di espansione a due cifre dell’agroalimentare, tale da farci arrivare all’obiettivo dei 50 miliardi entro il 2021 e forse addirittura a superarli” e continua “Un risultato che dimostra a tutti quanto l’export dell’alimentare complessivo sia un asset strategico per il Paese su cui puntare e fare investimenti“. Questo rappresenta un’opportunità anche alla luce del Pnrr e alla capacità di saper declinare le filiere all’insegna della sostenibilità.

Tra i mercati in cui l’Italia ha esportato di più ci sono gli Stati Uniti, che hanno fatto registrare un +6,4% nel periodo gennaio-aprile, dopo il -1,6% dei primi tre mesi, mentre, in Europa, la Germania (+2,8%) e la Francia (+2,0%) hanno rafforzato nel quadrimestre le precedenti dinamiche trimestrali. Fra i mercati europei leader anche la Svizzera, che ha messo a segno nel quadrimestre un +11,2%, dopo il +5,7% trimestrale. Fra i grandi mercati extra-europei, invece, emergono la crescita su gennaio-aprile di alcuni mercati dell’estremo Oriente, a cominciare dalla Cina (+50,2%), affiancata dalla Corea (+52,4%), dal Vietnam (+37,3%) e dalla Malaysia (+36,6%). Da segnalare, accanto, anche la netta accelerazione della Russia, con un +18,0%, dopo il +11,6% trimestrale, a dispetto dell”embargo.

Non solo export 

Il fatto che sempre più consumatori da tutto il mondo prezzano i prodotti del food&beverage è chiaro anche dall’andamento delle operazioni. Come analizzato da un report di PwC, nonostante una contrazione nel secondo trimestre del 2020, l’m&a nel settore food & beverage sta andando molto bene, e vede sempre più protagonisti i fondi di private equity, seppur in quota ancora inferiore rispetto alle corporate. I numeri italiani riflettono i trend globali, con incremento del +36.3% del valore a 110 miliardi di dollari totale. Molta attività anche sul fronte agritech, dove crescono gli investimenti. Lo stesso Cibus, non a caso, dedica ampio spazio proprio all’innovazione. A febbraio è nato anche l’Agritech innovation, think tank focalizzato nella ricerca per un’agricoltura sostenibile e digitale dalla partenership del Centro per lo sviluppo agricolo e rurale (Cesar) dell’Università di Perugia e Abaco.

Tuttavia in questo scenario, non vanno tralasciate alcuni provvedimenti che potrebbero arrivare in un prossimo futuro e scuotere il mercato. Un esempio è il nutriscore – che si inserisce nell’ambito della strategia della Commissione europea “Farm to Fork“.  Si tratta di un’etichetta “a semaforo” che andrebbe a classificare cibi e bevande per semplificare l’identificazione dei valori nutrizionali. Un sistema già adottato in Francia, che ha incontrato varie resistenze in Italia e pareri contrastanti anche dall’Efsa. Una questione non banale visto le possibili ricadute economiche proprio sull’export italiano.

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