Continua a crescere il settore fintech italiano, ma ancora non tocca il miliardo. Nel 2022, comprendendo nel conteggio gli “undisclosed deal”, il mercato in Italia ha superato la quota di 882 milioni di euro con una crescita del 240% degli investimenti effettuati dai venture capital rispetto all’intero volume di finanziamenti distribuito nel 2021. Il merito va dato però ai mega round (fundraising superiori ai 50 milioni di euro) che si sono chiusi nell’anno, come rileva il quinto Osservatorio Fintech Pwc in Italia.
Al netto di queste operazioni, l’ecosistema italiano avrebbe tutt’altra connotazione: l’anno scorso, infatti, senza i big deal il settore avrebbe raccolto finanziamenti da soli 76,2 milioni di euro, cifra inferiore del 11% rispetto a quanto investito dagli operatori nel 2021 e che limiterebbe al 16,9% l’incremento del Cagr (tasso di crescita composto annuo) a partire dal 2017. La crescente enfasi sui mega-deal riflette invece la consuetudine dei venture capital stranieri a selezionare startup che scalano più rapidamente e che adottano modelli di business distintivi e meno esposti alla competizione.
“Escludendo i mega-round, il mercato evidenzierebbe una stabilità rispetto ai valori dell’anno precedente, allineandosi alle tendenze globali. La crescente enfasi sui mega-deal riflette invece la consuetudine dei vc stranieri a selezionare startup che scalano più rapidamente e che adottano modelli di business distintivi e meno soggetti alla competizione. In linea generale è chiaro come la qualità delle fintech nazionali e la maturità degli imprenditori che creano nuovi modelli di business abbiano attratto sia fondi esteri sia operatori nazionali tipicamente restii a questi investimenti”, ha sottolineato Marco Folcia (nella foto), partner transformation FS Pwc Italia.
L’interesse per le realtà più avviate
Dall’analisi dei dati raccolti emerge che gli operatori di venture capital hanno focalizzato la propria attenzione su investimenti in aziende in una fase di maturità più avanzata (le cosiddette late-stage), piuttosto che destinare risorse finanziarie verso aziende in fase early-stage o addirittura seed.
Nello specifico, nel 2022 il 91% del valore complessivo investito nel settore fintech (882,2 milioni di euro) ha interessato operazioni ben oltre i 25 milioni di valore di fundraising: fra queste si segnalano i deal di Scalapay (player attivo nel segmento del “buy now pay later” – Bnpl) e Satispay (società specializzata nel mondo dei digital payments), le prime scale-up italiane del fintech a raggiungere una valutazione superiore a un miliardo di euro e di conseguenza lo status di “unicorno”.
Rispetto al 2017, il cambiamento di scenario è stato sostanziale: solo il 52% dei circa 35 milioni di euro investiti dagli operatori di venture capital nelle startup fintech in Italia erano infatti stati distribuiti attraverso operazioni con un valore compreso fra i 10 e i 25 milioni di euro.
Quali i segmenti più maturi
Il 79% delle startup fintech con headquarter in Italia ha sede nel nord, a conferma del gap esistente fra le diverse aree del paese (rilevazioni Pitchbook 2022), e Milano è al primo posto per imprese fintech, vantando sul proprio territorio il 54% delle presenze a livello nazionale, concentrando il 70% degli investimenti e confermando la propria vocazione di piazza finanziaria di riferimento per il mercato.
Nell’ecosistema fintech italiano alcuni settori sono più sviluppati (digital payments, lending e insurtech) di altri, come asset & wealth management, regtech, capital market & trading e open banking.
Nei pagamenti è in corso una trasformazione che porterà i tradizionali strumenti/servizi a convergere verso un’offerta completamente rinnovata in termini di modelli di business (vedi trend emergenti come il “buy now pay later”) e processi operativi, continuando a catturare l’attenzione degli investitori e proseguendo nel percorso di consolidamento e di crescita già avviato negli anni precedenti, a conferma della grande attrattività del comparto nell’industria finanziaria.
Il settore ha registrato la chiusura di diversi round da parte delle fintech e il suo dinamismo è confermato anche dal costante aumento del numero dei nuovi player entranti: nel solo biennio 2021- 2022, in Italia risultano autorizzati 59 operatori, di cui 30 di derivazione non bancaria.
Sebbene l’incertezza del contesto economico, le lending fintech italiane continuano a evidenziare una dinamica di sviluppo importante e in modo particolare per i finanziamenti erogati alle imprese, specialmente quelle di piccole e medie dimensioni, che hanno superato nei primi sei mesi del 2022 i 2 miliardi di euro e registrato un salto in avanti del 49% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Inoltre, il crescente numero di partnership fra fintech e banche, spesso promosse da queste ultime per accelerare il processo di trasformazione della propria infrastruttura IT, è stato anche uno dei driver della crescita del settore lending negli ultimi due anni.
Dopo la crescita accelerata degli scorsi anni per numero di startup attive (a fine 2021 erano 120 secondo la rilevazione del Politecnico di Milano), la curva di sviluppo del comparto insurtech ha iniziato a flettere nel corso del 2022 principalmente per due motivi: la diminuzione di investimenti finanziari in soluzioni insurtech da parte delle compagnie assicurative tradizionali – che stanno intensificando l’internalizzazione di progetti di trasformazione digitale, acquisendo le competenze necessarie dal mercato o attraverso partnership con startup già affermate per ridurre i rischi di implementazione di nuove soluzioni -; e il consolidamento delle startup fintech già attive sul mercato.
Nonostante la crescita sia meno significativa rispetto agli scorsi anni, la qualità di nuove iniziative in ambito insurtech sta comunque diventando via via più rilevante e si esprime in una maggiore efficacia a livello di innovazione nei processi di core business, di strumenti che abilitano funzionalità self service a disposizione del cliente o di un approccio di business focalizzato sulla specializzazione dei servizi (per esempio le polizze life home, le polizze pet, le micro-polizze) erogati attraverso piattaforme aperte in una logica quasi esclusivamente B2B/B2B2C.