Come Twitter nessuno mai. I 44 miliardi spesi da Elon Musk per rilevare il 100% della compagnia fondata nel 2006 da Jack Dorsey rappresentano il massimo mai sborsato per un social media. Il massimo di sempre. E forse, pure troppo. Nel senso che lo ha detto proprio il numero uno di Tesla durante la conferenza stampa con gli analisti finanziari alla presentazione dei conti del terzo trimestre: “Pagherò un po’ troppo per Twitter, ma credo nel potenziale a lungo termine, una risorsa che langue da tempo ma dal potenziale incredibile”.
Langue, Twitter. E se lo dice il suo nuovo proprietario che per sua stessa ammissione l’ha strapagato, c’è da credergli. Anche perché i numeri parlano chiaro: tra i colossi tech è senz’altro il meno “colosso” di tutti. Lo confermano i 5 miliardi di fatturato dello scorso anno, briciole (si fa per dire) paragonate agli 85 miliardi circa di Meta, i 257 miliardi di Google e i 168 miliardi di dollari di Microsoft, giusto per citare alcune delle le compagnie coinvolte direttamente nel mercato dei social media. Ed è anche per questo che “stonano”, e mica poco, quei 44 miliardi di dollari. Perché nemmeno la somma totale del valore di tutte le operazioni di fusioni e acquisizioni delle principali piattaforme social si avvicina alla cifra messa sul tavolo da Musk (qui raccontiamo il coinvolgimento nell’operazione anche di una banca italiana).
Non solo Twitter. Tutto è iniziato con Youtube, una… startup
Ad aprire le danze è stata Youtube, prima piattaforma rilevata da una big tech. Poco più di un anno e mezzo dopo la sua nascita, era il 12 febbraio 2005 su iniziativa di tre ragazzi passati da Paypal (Chad Hurley, Jawed Karim, protagonista del primo video caricato, qui sopra, e Steve Chen), Google annunciò l’acquisizione per 1,65 miliardi di dollari, pagati con azioni proprie. E dalla condizione di semplice startup, per quanto ambiziosa, in breve tempo YouTube riesce a entrare nella Top 3 dei siti più visitati al mondo. Secondo Bank of America e Merryl Lynch, la piattaforma oggi vale più di 70 miliardi di dollari.
Instagram, Zuck la acquisisce quando ha solo 13 dipendenti
L’operazione di Google venne ufficializzata a ottobre, nel 2006, mese prolifico per i social media. Perché esattamente quattro anni dopo Kevin Systrom e Mike Krieger lanciarono una loro applicazione web chiamandola: Instagram, fondendo la parola “Instant Camera” con “Telegramma”, grazie anche ai finanziamenti provenienti da Baseline Ventures e Andreessen Horowitz. Inizialmente predisposta solo al sistema operativo iOs (tradotto: solo per iPhone), poteva pubblicare esclusivamente fotografie 1:1 e soprattutto: niente stories! (qui sotto il primo post assoluto pubblicato sul social).
Sei anni dopo, aprile 2012, Mark Zuckerberg stesso ne annuncia l’acquisizione inizialmente valutata un miliardo di dollari, poi “ridimensionata” a 741 milioni. In quel momento, Instagram contava 13 dipendenti e 5 miliardi di foto caricate. Con oltre un miliardo di utenti attivi, oggi, secondo Bloomberg, vale più di 100 miliardi di dollari.
Visualizza questo post su Instagram
Whatsapp, l’operazione più grande firmata Zuckerberg
Proseguendo in ordine cronologico, a febbraio 2014 tocca a Whatsapp passare di mano e anche in questo caso c’è lo zampino (zampone?) di Zuck. L’applicazione di messaggistica istantanea nasce nel 2009 da un’idea congiunta di due programmatori: Jan Koum, ucraino, e Brian Acton, americano, due anni dopo aver lavorato per Yahoo!. La curiosità è che successivamente si offrirono di lavorare per Facebook, ma furono entrambi scartati. Cinque anni dopo, al termine di un finanziamento di capitale di rischio attorno a 1,5 miliardi di valutazione, Facebook annunciato l’acquisto per 19,3 miliardi di dollari ed è ancora oggi l’operazione più costosa per l’impresa di Zuckerberg, a fronte di un’applicazione che all’epoca dell’acquisizione doveva ancora raggiungere il primo miliardo di guadagno.
Nel mese di agosto dello stesso anno, WhatsApp diventa l’app di messaggistica più diffusa a livello globale. Nel 2018 Koum e Acton lasciano il gruppo. Nel 2021 conta quasi 2 miliardi di utenti attivi in 180 paesi del mondo. Non è chiaro il valore attuale dell’applicazione. Per molti analisti si è trattata di un’operazione mirata soprattutto a togliere di mezzo potenziali rivali nel mercato.
Prima di Twitter c’erano i 26 miliardi di Microsoft per Linkedin
Più di Zuckerberg spende Microsoft, e lo fa due anni dopo. Giugno 2016: è Linkedin a passare di mano, per una cifra che supera i 26 miliardi di dollari, la più grande operazione tra high tech e internet nella storia delle fusioni aziendali, ovviamente prima dell’operazione Twitter-Musk. Il social media, attivo nello sviluppo dei contatti professionali, nasce nel 2002, due anni prima di Facebook, dalla mente di Reid Hoffman, un ex dipendente di Apple, poi imprenditore, infine tra i soci fondatori di PayPal assieme a Peter Thiel ed Elon Musk (vien quasi da dire: gira e rigira, alla fine sono sempre gli stessi).
Fu proprio grazie alla vendita di PayPal a eBay che Hoffman mise da parte il “gruzzolo” necessario per avviare Linkedin, ottenendo come startup 4,7 milioni dal fondo di investimento Sequoia Capital, lo stesso che ha sostenuto, tra gli altri, Apple, Google, Cisco, PayPal e Youtube. Linkedin conta oggi 830 milioni di membri e oltre 58 milioni di aziende registrate.
Tiktok, adolescenti al comando
Finito? Macché. C’è Tiktok, l’ultima grande piattaforma che, di fatto, ha cambiato il modo di fare contenuti social. Perché ha puntato, almeno inizialmente, al target degli adolescenti, su iniziativa dei cinesi Alex Zhu e Luyu Yang: filmati rigorosamente brevi e altrettanto rigorosamente verticali. Con buona pace di Instagram, che ha dovuto adattarsi al cambiamento, e soprattutto della televisione, sempre più “giurassica” perché predisposta maggiormente per i video orizzontali (vale lo stesso per i laptop).
Nel novembre 2017 la compagnia cinese ByteDance rileva Musical.ly per una cifra mai ufficializzata, ma dichiarata tra 0,8 miliardi e il miliardo di dollari. La piattaforma viene rinominata Tiktok dopo il compimento dell’operazione, ufficialmente per allargare la platea degli utenti, diventati un miliardo dopo neanche quattro anni: si tratta la crescita più forte in assoluta tra tutti i social media, per una valutazione attuale di 59 miliardi di dollari (+215% rispetto all’anno scorso secondo Brand Finance Global 500).
Twitch, la scelta di Amazon
Microsoft, Google, Meta, Twitter. Qualcuno si domanderà: e Amazon? Presto detto. Perché anche la piattaforma di Jeff Bezos ha il “suo” social media. Trattasi di Twitch, nato nel 2011 come servizio di live game streaming per eSports, ma diventato popolarissimo nel corso degli anni, con un picco importante nel periodo della pandemia. Oggi accoglie qualunque ambito e soprattutto ha costretto giganti come YouTube e Dailymotion ad adattare i propri contenuti alla crescita esponenziale dei videogiochi. Acquistato per 970 milioni di dollari, Amazon ha così battuto la concorrenza, a partire da Google.
Oggi Twitch vale circa due miliardi di dollari, secondo quanto riportato da Business of Apps, con oltre 2,5 milioni in diretta a qualsiasi ora e più di 7 milioni di streamer che creano contenuti ogni mese. Inoltre, da quando fu fondata la piattaforma, più di 10 anni fa, le ore complessive passate sul servizio sono 67 miliardi, pari a 8 ore per ogni persona sul pianeta. A partire da febbraio 2014, Twitch è diventata la quarta più grande fonte di traffico Internet durante i periodi di punta negli Stati Uniti, dietro Netflix, Google e Apple.
Lo strano caso di Tumblr
Non tutti i social media tuttavia sono riusciti a incrementare il proprio valore una volta sviluppati, e soprattutto una volta acquistati dalle big tech. E’ il caso di Tumblr, piattaforma di microblogging e social networking nata nel 2007. Dopo la prima campagna pubblicitaria importante realizzata con Adidas, cinque anni dopo, nel 2013 Yahoo! ne annuncia l’acquisto per 1,1 miliardi di dollari. Con il passare degli anni Tumblr non riesce a stare al passo con la forte concorrenza nel settore.
Nel 2017 Yahoo! viene acquisita da Verizon Communications, che un anno dopo decide di eliminare i contenuti ritenuti per adulti. Provvedimento molto criticato dagli utenti che ha causato un pesante abbandono della piattaforma. Non a caso, ad agosto 2019 Verizon ha ceduto Tumblr ad Automattic, società che controlla WordPress, al costo leggermente inferiore di 3 milioni di dollari.
just setting up my twttr
— jack (@jack) March 21, 2006