Dalla dichiarazione dei redditi a bilanci e contenziosi, per fare il punto su tutta la situazione fiscale. Ma soprattutto per ricoprire il ruolo dell’advisor fiscale, “per concludere il deal, bisogna sempre cercare di ottimizzare le richieste di entrambe le parti”, sottolinea a Deaflower Giovanni De Summa (nella foto), equity partner di NexumStp.

Ciò vale quando si guardano le spalle a grandi aziende come Polygon, società attiva nei servizi integrati di ingegneria clinica per ospedali in Italia e Spagna, che a inizio marzo è stata acquisita dal fondo d’investimento internazionale H.I.G. Capital, player con 55 miliardi di dollari di capitale in gestione; ma anche con realtà più piccole per cui l’advisor fiscale, sottolinea De Summa, deve quindi prestare più attenzione per preparare la realtà a una condizione ottimale per l’acquirente.

Il player

NexumStp è una società per azioni che nasce nel 2018 dalla fusione di Stern & Zanin e Ciciani & Petricca, studi di consulenza fiscale e del lavoro italiani, consulenti del lavoro e commercialisti da oltre vent’anni. In seguito all’ingresso nel gruppo di nuovi soci, oggi la società vanta 59 sedi in Italia. La principale si trova a Roma.

Il gruppo Nexum, del quale NexumStp è capofila, conta più di 500 dipendenti e collaboratori e assiste circa 22mila imprese, principalmente pmi, offrendo un servizio di consulenza nei settori fiscale, societario, del lavoro, legale, direzionale oltre che gestire in outsourcing tutti gli adempimenti amministrativi dell’ufficio del personale (payroll). Nuovi driver competitivi del gruppo sono poi i servizi di ricerca, selezione del personale, formazione finanziata e soluzioni tecnologiche per la gestione delle imprese.

Cresciuto rapidamente, il gruppo è passato ad avere un fatturato di 4 milioni di euro nei primi anni a un fatturato aggregato di 42 milioni nel 2021.

Come si è svolto il deal di Polygon?

H.I.G. Capital è un fondo molto importante a livello internazionale, ma anche Polygon dopo essere nata come ditta individuale è diventata una big del settore attiva nell’installazione, gestione, manutenzione e riparazione di apparecchiature biomediche e di diagnostica per immagini, con oltre 500mila dispositivi gestiti e 970mila interventi all’anno.

L’operazione ha necessitato di circa un anno di interlocuzione. Noi siamo intervenuti da un punto di vista fiscale, ma siamo stati affiancati anche da un team multidisciplinare, con parti legali, contabili, business e finanziarie.

Nello specifico, ci siamo occupati della verifica di tutti i documenti contabili e fiscali degli ultimi cinque anni della società e dei documenti contrattuali del deal. In un’operazione così grande, dopotutto, gli aspetti fiscali sono rilevanti, perché strutturare la transazione adeguatamente ha dei benefici per entrambe le parti. Ma in questo deal in particolare, considerato che la società è sul mercato da tanti anni, la situazione fiscale era già adeguata, non c’erano problematiche specifiche.

Lato fiscale, che differenza trovate tra le operazioni che coinvolgono le grandi aziende e quelle invece che riguardano le pmi?

Con lr aziende più strutturate come Polygon è chiaro che è più semplice. Con le strutture più piccole, che sono la maggior parte delle imprese italiane (spesso a conduzione familiare), dipende quanto sono preparate. Ogni azienda, dopotutto, potrebbero avere i propri scheletri. Da rilevare, però, che le realtà del nostro paese sono sempre pronte a innovarsi ed evolversi e questa è una capacità non da poco.

La struttura italiana burocratica e farraginosa è un disincentivo per il mercato straniero? Come procedono le m&a?

Le nostre aziende, grandi, piccole o medie imprese, negli ultimi anni sono diventate target ideali dei fondi esteri, perché l’Italia è considerata un’eccellenza, sia dal punto di vista tecnico che qualitativo. Il periodo pandemico ha rallentato i deal, ma continuando a innovare i modelli organizzativi ho visto io stesso aziende che si sono riscoperte sia a livello di organizzazione dei processi che di efficientamento e questo è apprezzato all’estero.

I gruppi stranieri che operano già nel nostro paese poi conoscono bene il sistema italiano. È vero, il sistema italiano è abbastanza disincentivante, soprattutto per la complicazione delle norme fiscali e le varie interpretazioni che ci sono. La pandemia non ha migliorato la situazione da questo punto di vista. Le aziende estere, però, prima di effettuare un investimento sono molto attente, vogliono avere la garanzia che l’azienda acquisita non abbia problemi fiscali e qui interveniamo noi che ci operiamo affinché sia così.

E sulla riforma fiscale in discussione in questi giorni?

Si tratta di una riforma importante che occorre in Italia e non c’è mai stata una di questa portata negli ultimi decenni. Tocca vari punti. Gli auspici ci sono, i temi messi in campo pure, quindi anche da parte nostra c’è la speranza che si possano raggiungere gli obiettivi con il giusto confronto con le parti civili e sociali.

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