L’industria italiana della gestione dei crediti deteriorati si sta dimostrando efficiente ed efficace al punto che, stando ai consueti dati sul settore di Banca Ifis, se a livello europeo a giugno 20204 lo stock di non performing exposures è cresciuto di 16 miliardi di euro, a quota 373 miliardi complessivi, in Italia questo flusso si è ridotto di 5,1 miliardi di euro tra il primo trimestre 2023 e il giugno 2024.

A incrementare la quota di deteriorato nel periodo sono state soprattutto le banche tedesche (+9,4 miliardi di euro) e francesi (+8,8 miliardi di euro), mentre è più ridotto l’incremento delle colleghe spagnole, +0,8 miliardi (+1%) a 76 miliardi.

Le ragioni del deterioramento dei crediti sono note: la congiuntura economica, le crisi di settori industriali come quello dell’automotive e le tensioni inflattive. Tutti aspetti che, evidenzia il rapporto titolato “market Watch Npl” e presentato venerdì 27 settembre a Cernobbio in occasione della tredicesima edizione del Npl Meeting, hanno portato anche a un moderato aumento del costo del rischio per le banche significative della Ue: questo ha raggiunto la soglia dello 0,51% al 30 giugno 2024, dopo aver raggiunto il livello di 0,57% nel primo trimestre ovvero il livello più alto da fine 2020. Contestualmente, ed è uno dei dati da tenere d’occhio, è aumentato di 11 punti anche l’Npe ratio, ovvero il rapporto tra il credito deteriorato e lo stock dei finanziamenti, che è passato dall’1,75% dell’inizio 2023 all’1,86% del giugno 2024.

Costo del rischio

Banche italiane virtuose

L’Italia, il primo grande mercato dei crediti deteriorati a nascere in Europa, “si dimostra in controtendenza rispetto alla media Ue, grazie soprattutto al percorso di de-risking intrapreso dalle banche italiane e alle politiche pubbliche di sostegno alle imprese”, spiega il rapporto dell’Ufficio Studi di Banca Ifis, stando al quale lo stock complessivo di npe in Italia dovrebbe attestarsi a 290 miliardi a fine 2024.

Qualora confermata tale stima, si legge, “il dato rivelerebbe la riduzione di circa 71 miliardi di euro di Npe tra il 2015 e il 2024, resa possibile grazie al lavoro dell’industria italiana degli Npl”.

Il report va oltre e stima anche che tale calo è destinato a proseguire almeno fino al 2026 quando lo stock totale degli Npe italiani dovrebbe attestarsi a 277 miliardi di euro, per un calo complessivo totale del 23% (pari a -84 miliardi di euro dal 2015). “Si tratta di una ulteriore conferma dell’eccellente lavoro svolto dalle banche italiane e dagli operatori dell’industria del credito deteriorato”, ha commentato Frederik Geertman, amministratore delegato di Banca Ifis. “Dal 2015 in poi, questi ultimi hanno saputo accompagnare con efficacia il sistema bancario liberando sofferenze e permettendo la generazione di nuovo credito”, ha aggiunto.

Nuovi flussi e transazioni

Per tutto il 2024 la banca si aspetta 15 miliardi di flussi di nuovo deteriorato, con un moderato aumento previsto per il 2025 che stando allo studio inizierà già a ridursi nel forecast 2026, e 51 miliardi di crediti deteriorati nei bilanci delle banche a fine anno. “Davanti a un contesto macroeconomico incerto, l’industria deve adattarsi rapidamente ai cambiamenti di contesto normativo e di mercato”, ha poi spiegato Geertman.

“I minori nuovi flussi attesi di credito deteriorato portano a una necessaria valorizzazione di quanto già presente sul mercato, che richiede anche l’ottimizzazione dei portafogli in essere”. A tal proposito è interessante la crescita del mercato secondario, che sta “permettendo all’industria del credito deteriorato di continuare il proprio lavoro, aiutando le banche a mantenere l’Npe ratio intorno la soglia del 3% raggiunta lo scorso anno”, ha sottolineato Geertman. Da gennaio a settembre 2024 sono state completate transazioni Npl per 7,5 miliardi a fronte di una stima dei volumi Npl ancora da finalizzare nel 2024 pari a 11,4 miliardi. Per Ifis il mercato rimarrà attivo e per il biennio 2025-2026 si stimano volumi annui di transato Npl di circa 18 miliardi e di 5 miliardi di Utp, che consentiranno di mantenere l’Npe ratio delle banche intorno al 3%.

Flussi annuali

Il recupero

L’analisi del “Market Watch Npl 2024” di Banca Ifis si è concentrata anche sull’analisi delle performance di recupero rispetto ai business plan originari, considerando un campione di 35 portafogli cartolarizzati con rating Dbrs.

Nel complesso, nel primo trimestre del 2024 la performance cumulata rispetto ai target del business plan originale è sostanzialmente in linea con il target, con un valore medio del 98,7%, in calo rispetto al 103,7% dello stesso periodo dell’anno precedente. In particolare, nessuna delle transazioni Gacs 1.0, cioè la prima tornata, ha soddisfatto le aspettative iniziali dei servicer, con un valore inferiore al target del 74,4%.

In questo cluster il ritardo rispetto ai business plan originari è, anche, dovuto a pianificazioni originarie che non hanno beneficiato di un track-record più ampio di esperienza e, inoltre, all’impatto del periodo Covid – soprattutto su funzionamento dei tribunali – su obiettivi fissati precedentemente per tutte le 15 cartolarizzazioni in esame (dal 2016 ai primi mesi del 2019).

Invece, le transazioni Gacs di seconda concessione, modificata a marzo 2019, hanno performance di recupero ben superiore alle attese anche nel primo trimestre ’24 (131,3%) anche se mostrano comunque un rallentamento rispetto all’anno passato (nel ’23, pari al 140,3%).

Infine, le cartolarizzazioni senza Gacs non assistite dalla garanzia pubblica, ai primi tre mesi dell’anno sono al di sotto delle aspettative, attestandosi al 92,5%, mentre dodici mesi prima avevano registrato una performance del 99,4%.

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