Con un’email ai dipendenti (“Riportate le chiavi”) e un messaggio via social (“Siamo giunti alla fine di questo meraviglioso viaggio”) è scesa la serranda sulla storia di Panini Durini, la catena di 17 locali in Lombardia, Genova e Torino che per prima nel 2011 aveva puntato tutto sul prodotto simbolo dello street food. Nata dall’intuizione di un giovane avvocato, aveva attirato l’attenzione di un club deal di investitori privati organizzato da Astraco e poi di Riello Investimenti sgr. Locali in zone centrali, aperti dalla colazione all’aperitivo, ma che hanno sempre stentato con i numeri. Dai 9,5 milioni di euro fatturato 2017, Panini Durini era scivolata causa Covid ai 4,6 milioni del 2022 e anche il 2023 era partito male.
Poche soddisfazioni ai soci le ha riservate anche la catena Temakinho. A rilevare i ristoranti che un decennio fa hanno lanciato in Italia il fenomeno del cibo nippo-brasiliano è stato il fondo tedesco di private equity Mutares, specializzato in ristrutturazioni, che proverà a rilanciare la catena fondata da Federico Marconi, Linda Maroli e Santo Bellistri, che avevano subito lasciato la loro creatura dopo aver venduto a Cigierre, la società friulana conosciuta per la catena di ristoranti a marchio Old Wild West, anch’essa di proprietà di un investitore finanziario, il fondo inglese Bc Partners.
Sotto la gestione di Cigierre, Temakinho ha provato a espandersi, ma una parte dei locali è stata chiusa sia in Italia sia all’estero. Così nel 2022 le perdite ante imposte sono esplose fino a 15,8 milioni (12 milioni le perdite nette) su 22 milioni di giro d’affari. Anche nel 2021 la società aveva chiuso in rosso e l’accumularsi delle perdite ha reso difficile il rilancio della società.
Costi vivi in aumento per il food, cresce l’importanza del private equity
Due debacle che non scalfiscono l’immagine vincente del matrimonio d’interesse tra catene del food e fondi di private equity, ma che fanno capire come anche qui il vento sia cambiato. Costi d’affitto e delle materie prime alle stelle, consumatori più attenti al portafoglio e spesso in smart working hanno portato a una selezione naturale anche nel ricco comparto dei consumi fuori casa, che restano comunque una gallina dalle uova d’oro. Nel 2023 il giro d’affari globale dovrebbe aver superato i 2.603 miliardi toccati nel 2019, in crescita del 5,5% annuo. E anche in futuro a fare la parte del leone saranno le catene di ristorazione, che nel nostro Paese valevano 6,1 miliardi nel 2022, con 10mila locali di 700 diversi brand.
Lo dimostra il deal da oltre 500 milioni de La Piadineria che, a gennaio, è passata dal fondo Permira a Cvc Capital Partners (leggete la notizia qui). Con 400 punti vendita e 70mila clienti al giorno, La Piadineria in pochi anni è diventata la seconda catena di ristorazione italiana facendo conoscere quello che Giovanni Pascoli amava definire “il pane, anzi il cibo nazionale dei Romagnoli“. E che ora, c’è da scommetterci, è pronto per il debutto internazionale.