Da tempo si parla del direct lending, cioè la concessione di credito da parte di soggetti diversi dalle banche e altri soggetti vigilati, come trend in crescita. Lo conferma il particolare momento del ciclo economico, con la volatilità dei prezzi, il susseguirsi di fattori di incertezza e il colossale impegno del sistema bancario nei programmi di ripresa e nella finanza agevolata post COVID. È un mercato che presenta grandi opportunità di investimento da cogliere in tempi brevi, con operazioni e strutture contrattuali agili e flessibili, ma con un costo del credito molto superiore a quello degli ultimi dieci anni.

La disciplina del direct lending non è nuova, le principali norme sono state promulgate in risposta alle precedenti tensioni, con la global financial crisis dal 2008 e la successiva crisi nel debito. Dal 2014 la Banca d’Italia ha ammesso l’investimento in crediti da parte di fondi di investimento italiani, e dal 2016 anche per quelli UE. Un importante contributo è pervenuto dalle norme di incentivazione dei ‘mini bond’, emanate a partire dal 2012. Segnaliamo anche un intervento più recente nella disciplina regolamentare per i FIA fondi di investimento che investono in crediti, del febbraio 2021: è stato eliminato il limite di concentrazione, cioè il divieto di concedere credito a uno stesso cliente in misura superiore al dieci per cento del patrimonio di ciascun fondo. È un ritocco mirato, perché il limite era stato segnalato dai principali operatori tra quelli di maggiore ostacolo all’interesse dei fondi stranieri per l’ammissione all’investimento in crediti in Italia.
In USA e UK, ma anche in Nord Europa si rileva da tempo un’erosione della quota degli istituti bancari nel mercato del credito, con partnership e collaborazione tra banche e fondi di investimento, e competizione per gli stessi clienti e opportunità di investimento. Con la crescita del costo del denaro il mutato indirizzo nella politica monetaria delle grandi banche centrali, il rendimento degli investimenti in crediti ha raggiunto livelli interessanti anche in Italia e negli altri paesi UE.
L’investimento in crediti è ammissibile anche da parte di soggetti italiani e stranieri non soggetti a vigilanza della Banca d’Italia, mediante la sottoscrizione di obbligazioni e titoli di debito emessi da società. L’emissione di titoli, proprio in risposta all’esigenza di rendere disponibili alle imprese italiane forme di finanziamento alternative al credito bancario, può a determinate condizioni beneficiare delle stesse garanzie e incentivi fiscali disponibili alle banche.
Rimane la maggiore flessibilità e velocità di esecuzione di un’operazione documentata come concessione di credito (loan), rispetto all’emissione di strumenti di debito (bond). Non sorprende quindi il forte interesse degli investitori per questo settore, con molteplici richieste di informazione e assistenza legale anche da parte di fondi di investimento finora specializzati in operazioni immobiliari o sul capitale azionario.
Sull’autore
Carlo Massini è avvocato e partner dello studio legale internazionale Hogan Lovells

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