Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è un’occasione senza precedenti per l’Italia e una fonte di opportunità di investimento.
Luigi De Bellis (nella foto di copertina), co-responsabile dell’ufficio studi di Equita (vedi l’intervista video), ha curato un report molto corposo per fare il punto su un programma che vale l’11% del Pil in sei anni.
Le risorse destinate all’Italia
L’Italia, ricorda Equita, è la prima beneficiaria, in valore assoluto del Next Generation EU: il solo recovery and resilience fund (Rrf) garantisce risorse per 191,5 miliardi, da impiegare nel periodo 2021-26 (68,9 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto e 122,6 miliardi prestiti). Il Rrf, dunque, pesa per il 9,5% del Pil.
Il governo italiano ha allocato ulteriori 30 miliardi (1.5% del Pil) attraverso uno scostamento di bilancio addizionale (per il finanziamento di progetti più complessi, il cui completamento è previsto dopo il 2026). Prendendo in considerazione anche questa dotazione aggiuntiva, lo sforzo complessivo sale a circa l’11% del Pil nominale.
Il Pnrr comprende un progetto di riforme: pubblica amministrazione, giustizia, fiscale, semplificazione della legislazione e promozione della concorrenza. Nell’ipotesi in cui i fondi stanziati dall’Ue dovessero essere utilizzati in maniera corretta, il governo Draghi stima che nel 2026, l’anno di conclusione del Pnrr, il Pil sarà cresciuto del 3.6% rispetto all’andamento tendenziale (il precedente piano predisposto dall’esecutivo guidato da Giuseppe Conto stimava un impatto del 3%).
Oltre il 50% delle risorse del piano è destinato a transizione ecologica e digitalizzazione. E il 40% circa delle risorse al Sud.
Confrontando il Pnrr con i piani dei principali Paesi dell’area euro, Equita sottolinea che Italia e Spagna dovrebbero ricevere la quota maggiore di sovvenzioni. Il doppio rispetto a Francia e Germania, arrivando rispettivamente al 4% e 6% del loro Pil. L’Italia è il paese che investirà di più (in valore assoluto) in digitalizzazione (guardando solo ai fondi Rff 40 miliardi contro 24 miliardi della Spagna, 12 miliardi della Germania e 10 miliardi della Francia) e transizione energetica.
Il Pnrr costituisce per l’Italia un’opportunità unica per cambiare la struttura economica e la competitività del Paese. Il successo del piano è legato alla capacità del governo di garantire che l’ammontare di risorse in arrivo vengano efficacemente utilizzate per rilanciare l’economia del Paese.
Equita ritiene che i titoli azionari meglio posizionati per beneficiare del Pnrr siano Acea, Buzzi Unicem, Danieli, Iren, Inwit e SeSa. Altre società esposte al piano sono CY4, Digital Value, Hera, Prysmian, Reply, Snam, Tim e Webuild.
Il quadro politico
Il report firmato da De Bellis evidenzia che il governo attuale presieduto da Mario Draghi “gode di una maggioranza molto ampia ma eterogenea. E’ stato votato infatti da 535 deputati su 630 e da 262 senatori su 320. Con il supporto di quasi tutti i principali partiti politici, ad eccezione di Fratelli d’Italia (destra) e di parte del M5S”.
La difficoltà del compito del governo Draghi, aggiunge Equita, “nasce, oltre che dagli ambiziosi obiettivi, da un orizzonte temporale di azione politica piuttosto limitato, legato ad alcuni appuntamenti cruciali come l’elezione del presidente della Repubblica a fine gennaio 2022 e la scadenza del mandato parlamentare a marzo 2023”.
Equita ritiene che, per la corsa al Quirinale, lo scenario “preferibile e più probabile” è la conferma di Sergio Mattarella per un secondo mandato pro-tempore a gennaio 2022. E l’avvicendamento con Draghi dopo le elezioni politiche del 2023.
La governance del Pnrr
Lo scorso 30 aprile il documento è stato inviato a Bruxelles. La Commissione Europea l’ha promosso con rilievi marginali. Di conseguenza, i primi esborsi (circa 25 miliardi) potrebbero già arrivare entro fine luglio.
Il 28 maggio, poi, il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto-legge recante la governance del Pnrr e le prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di snellimento delle procedure.
La gestione sarà articolata su tre livelli:
- le responsabilità di indirizzo del piano fanno capo alla presidenza del Consiglio (con l’istituzione di una cabina di regia e una segreteria tecnica, che supporta le attività la cui durata temporanea è superiore a quella del governo e si protrae fino al completamento del Pnrr entro il 31 dicembre 2026;
- il monitoraggio e rendicontazione sono di competenza del servizio centrale per il Pnrr (istituito al Mef);
- la realizzazione degli interventi ai singoli soggetti attuatori, prima di tutto ministeri, regioni ed enti locali.
Il confronto e la circolazione delle informazioni saranno assicurati anche da un tavolo permanente con parti sociali, enti territoriali e associazioni. Oltre che dai rapporti semestrali al Parlamento e alla conferenza unificata e dalle relazioni annuali della Corte dei conti.
Lo sforzo di rilancio dell’Italia delineato dal Pnrr si sviluppa intorno a due assi strategici condivisi a livello europeo: transizione ecologica (31% delle risorse complessive, circa 60/70 miliardi) e digitalizzazione/innovazione (21%, circa 40/50 miliardi).
Il resto delle risorse è suddiviso fra i quattro grandi pilastri: infrastrutture per una mobilità sostenibile, istruzione e ricerca, inclusione e coesione, salute.