L’obiettivo è incassare 1,7 miliardi di euro circa vendendo un 15% massimo di quote. Giorgia Meloni ha fatto uscire allo scoperto le intenzioni del governo nei confronti di alcune controllate pubbliche: “Una cessione è possibile, ma il controllo dello Stato rimarrà ben saldo”. L’idea? Ridurre la quota pubblica in Poste Italiane, l’indiziata numero uno, pur mantenendone il controllo.
Il mercato ha reagito con volatilità nel giorno della conferenza stampa di fine anno, il titolo è arrivato a perdere fino all’1,5% dopo le parole della premier, per poi recuperare a fine seduta chiudendo con un +0,8%, nessuno scossone nella seduta successiva, quella odierna, con Poste che cede lo 0,4%, il valore di un’azione è vicino ai 10,2 euro, dopo essere arrivata a perdere fino all’1,2%.
Attualmente, il 29,696% del capitale di Poste è in mano al ministero dell’Economia e delle Finanze, mentre il 35% fa capo a Cassa Depositi e Prestiti. Un “controllo saldo”, per citare le parole espresse dal presidente del Consiglio, viene garantito da una quota di maggioranza del 51%, i conti sono stimati, come anticipato, per un 10-15% massimo di quote da collocare sul mercato. Per Intermonte, l’annuncio di una possibile offerta pubblica di vendita (Opv) potrebbe arrivare in occasione del piano strategico a marzo 2024.
Reazioni del mercato
Su base settimanale, la prima ottava del 2024 per Poste Italiane è stata all’insegna della volatilità: tecnicamente è una doji quasi perfetta, con un’oscillazione complessiva appena sotto lo 0,2%. Da ottobre 2022 il titolo è cresciuto del 14% mentre tra novembre e oggi l’andamento è stato laterale, tra un massimo di 10,5 euro e un minimo attorno a 8,9 euro.