Orecchie a Jerome Powell ma occhi anche sui futures dei tassi d’interesse americani. Perché prima hanno segnalato un ridimensionamento delle possibilità di un rialzo dei tassi a novembre e dicembre, una volta che il presidente della Fed ha iniziato a parlare a Jackson Hole (vi spieghiamo perché è importante qui) Poi però ecco che hanno registrato un aumento delle chance per un ulteriore aumento.
L’inizio del discorso del numero uno della Federal Reserve al simposio economico che raccoglie tutti i grandi banchieri centrali è sembrato prudente. D’altronde sapeva di avere addosso tutti riflettori, a partire da quelli del mercato. “I policymaker della Fed procederanno con cautela nel decidere se inasprire ulteriormente” ha usato queste parole Powell. Poi ha chiarito: “La banca centrale non ha ancora deciso se il tasso di interesse di riferimento sia sufficientemente elevato da avere la certezza che l’inflazione torni all’obiettivo del 2%”.
E da qui, l’approccio hawkish ha preso il sopravvento. Falco, falco, fortissimamente falco. Senza catene. Wall Street stessa l’ha vissuta sulla propria pelle. Inizialmente rimasta cauta, rimanendo appena sotto lo zero almeno dopo la prima ora di scambi. Poi le vendite si sono consolidate con perdite attorno allo 0,6% per quanto riguarda Nasdaq e S&P500, mentre l’Europa ha ridotto i guadagni negli ultimi 60 minuti di contrattazioni: Francoforte è scivolata negativa, Milano scendendo sotto il mezzo punto percentuale (+0,2%).
Le parole di Powell nel dettaglio
“La Fed è pronta ad alzare ulteriormente i tassi di interesse, se necessario -ha proseguito Powell-. La politica monetaria rimarrà sarà restrittiva fino a quando l’inflazione non rallenterà in modo sostanziale” sottolineando che i prezzi anche se sono calati restano alti.
“L’inflazione rimane troppo alta e la crescita superiore al trend dell’economia potrebbe rendere necessari ulteriori aumenti dei tassi. Per riportare l’inflazione al 2% sarà necessaria una fase di crescita sotto il trend dell’economia”. Inoltre “l’economia non si sta raffreddando come da attese e questo potrebbe ostacolare ulteriori progressi sul fronte dell’inflazione e rendere necessari ulteriori rialzi”.
Il numero uno della Fed è tornato poi sul 2% come obiettivo di inflazione: “Ci impegniamo a raggiungere e sostenere un orientamento di politica monetaria sufficientemente restrittivo da portare l’inflazione a questo livello nel tempo. Naturalmente è difficile sapere in tempo reale quando tale orientamento è stato raggiunto. Alcune sfide sono comuni a tutti i cicli di inasprimento. Ad esempio, i tassi di interesse reali sono ora positivi e ben al di sopra delle stime tradizionali del tasso di policy neutrale. Questa valutazione – spiega ancora – è ulteriormente complicata dall’incertezza sulla durata dei ritardi con cui la stretta monetaria influisce sull’attività economica e soprattutto sull’inflazione”.
Reazione del mercato: dollaro e t-note decennale
Detto di Wall Street e delle piazze europee, interessante il movimento di euro dollaro. Prima la moneta unica ha registrato un rialzo nei confronti del biglietto verde del +0,4%, a 1,0841. Poi un calo repentino, nel giro di un’ora, con ripresa del dollaro (Grafico sopra) attorno al -0,7% fino a 1,0765, livello di supporto ciclico importante nel breve periodo. Su il rendimento infine del titolo di stato decennale americano, al 4,28% come massimo di giornata.