Di una quotazione a Piazza Affari se n’era parlato già un anno fa. Poi i primi rinvii. “Autunno, o gli ultimi mesi del 2023”. Un dual listing, quello di Prada (leggi qui la nostra corporate story dedicata al marchio fondato nel 1913 a Milano) già presente nella Borsa di Hong Kong dov’è stato collocato il 20% del capitale, prorogato nuovamente a inizio 2024. E adesso, nella seconda metà dell’anno.
Ma proprio nei giorni della fashion week si apre uno scenario nuovo. Quello riportato da “II Giornale” che cita indiscrezioni che rimbalzano da Londra a Parigi, secondo cui il gruppo potrebbe essere ceduto a una cordata anglo francese, ovverosia un fondo di private equity inglese che si ricollega a Chanel, di proprietà della famiglia Wertheimer.
Prada in vendita? I dettagli dell’operazione
La cifra di cui si parla è di 6 miliardi di euro. Gli addetti ai lavori della moda non vedrebbero l’affare di buon occhio: “Prada senza Miuccia è difficile da concepire vista la storia del marchio” riporta il quotidiano degli Angelucci. Al mercato però l’idea evidentemente piace, visto che sull’indice Hang Seng il titolo guadagna il 5,2% con un pattern tecnico “engulfing bullish” di chiara matrice rialzista a 43,45 dollari ad azione dopo aver toccato il minimo a quota 40 che non si vedeva da novembre 2022.
La decisione spetta in ogni modo alla famiglia, che detiene più dell’80% delle azioni di Prada Holding. Coinvolti, nelle riunioni a ridosso dei giorni di Natale che avrebbero messo le basi per una trattativa di vendita con Chanel, oltre a Miuccia Prada, anche il figlio Lorenzo Bertelli ma non l’amministratore delegato Andrea Guerra, né in fondatore Patrizio Bertelli.
Nei primi nove mesi 2023, i ricavi del gruppo hanno registrato un +17% a 3,34 miliardi di euro mentre Miu Miu segna quasi il triplo: +49%, per un brand che a ogni modo rimarrebbe saldamente nelle mani di Miuccia.
Prada, ma non solo: ecco la fotografia del settore
Chanel è uno dei marchi al centro del report dedicato al settore del lusso diffuso in questi giorni da Gam, società di gestione patrimoniale globale. Considerato tra i più dinamici e resistenti al mondo, il comparto luxury ha avuto la capacità meglio di altri di trasformarsi e adattarsi a seguito del cambiamento innescato dalla pandemia.
La Cina, spiega Flavio Cereda, co-investment manager luxury brands di Gam, ha raddoppiato la sua quota del settore tra il 2019 e il 2023, passando dal 14% al 28%. Più in generale l’Asia ha aumentato la sua quota dal 28% al 47%, cifre che vanno a ridurre la presenza dell’Europa, scesa dal 49% al 30%, sia a causa del Covid, sia per i controlli più severi alle frontiere da parte delle autorità cinesi.
Il trend potrebbe cambiare: secondo il manager infatti la Cina sta acquistando più beni di lusso a livello locale, anche per il fatto che viaggiare all’estero sta diventando più costoso e difficile. L’Asia continuerà ad avere un ruolo centrale: in crescita è infatti la spesa nel settore, in particolare made in Ue, da parte di Giappone, Corea del Sud e Hawaii. In generale i consumatori asiatici rappresentano il 55% del settore per il 2023, mentre la fetta di quelli europei è del 15%. La Cina rimarrebbe il principale motore del lusso, con una crescita stimata da Bain che dovrebbe raggiungere il 40% degli acquisti globali entro il 2030.
La piramide del lusso: c’è anche Chanel
Gam ha classificato il settore in una sorta di piramide del lusso: i marchi al vertice, secondo la società, saranno quelli in grado di performare meglio nell’era post Covid grazie a qualità, reputazione e resistenza con cui hanno saputo adattarsi al cambiamento delle preferenze e dei comportamenti dei consumatori asiatici, in particolare i più giovani, diversificando prodotti e servizi, tra sponsorizzazione di concerti, collaborazioni con atleti e artisti.
In questo senso la generazione Z, conclude Cereda, sarà presto la più grande acquirente di lusso perché potenzialmente in grado di ampliare il raggio di azione. E tra i marchi più forti, come si evince anche dalla piramide, oltre a Louis Vuitton, Dior ed Hermès, c’è anche Chanel. L’acquisizione di Prada andrebbe proprio in tale direzione.