L’inizio è stato difficile ma dopo dieci anni si può dire che il settore del private debt si sta strutturando e questo momento di tassi in rialzo potrebbe rappresentare il punto di svolta per l’industria. Intanto guardiamo a come siamo arrivati qui e in questo decennio, dopo che nel 2013 fu approvata la legge che strutturava questi fondi fortemente voluti dall’allora ministro del Tesoro Fabrizio Saccomanni, “da 20 operazioni all’anno siamo passati a ben oltre 200”,  ha spiegato Andrea Azzolini di Deloitte durante la presentazione dei dati di settore per il 2022 realizzata dalla società insieme ad Aifi.

Il private debt nel 2022

Nel dettaglio, nel corso dello scorso anno sono stati investiti complessivamente nel mercato italiano del private debt 3,2 miliardi di euro, in crescita del 43% rispetto all’anno precedente (2,261 miliardi).  Il valore, ha evidenziato il direttore generale di Aifi Anna Gervasoni presentando i risultati, è fortemente influenzato da alcune operazioni, volte a supportare buy out di dimensioni significative.

Non a caso, dunque, il numero di sottoscrizioni è stato pari a 262 (-7% rispetto alle 281 del 2021), distribuite su 133 società (141 nel 2021, -6%). I soggetti domestici hanno realizzato il 52% del numero di operazioni, mentre l’82% dell’ammontare è stato investito da operatori internazionali.

Per quanto riguarda la dimensione degli investimenti, si segnala una tendenza sempre più marcata verso operazioni di dimensione rilevante; nel 2022, infatti, le società che hanno ricevuto almeno 100 milioni di euro ciascuna sono state otto, per un ammontare complessivo di 1,727 miliardi (da cinque dell’anno precedente).

Quanto allo strumento, i finanziamenti hanno rappresentato il 59% dei casi, le sottoscrizioni di obbligazioni il 35% e gli strumenti ibridi il restante 6%. Per quanto riguarda le caratteristiche delle operazioni, la durata media è di 5 anni e 8 mesi, mentre il tasso d’interesse medio è pari al 5,07%. Con riferimento agli obiettivi delle operazioni, nel 2022 il 58% degli interventi ha avuto come scopo la realizzazione di programmi indirizzati allo sviluppo delle società target, mentre a livello di ammontare il 72% del totale ha riguardato debito a supporto di operazioni di buy out.

Raccolta in crescita

Se sul fronte degli investimenti il mercato si mantiene stabile, è la raccolta il dato che sorprende: nel mercato italiano è cresciuta del 15% rispetto all’anno precedente, attestandosi a 1,131 miliardi raccolti da 11 operatori, contro i 987 milioni del 2021. Si tratta del il valore più alto mai registrato e che rappresenta un segnale positivo, seppur sia ancora complicato attirare la fiducia degli investitori e in particolare i fondi pensione e le casse di previdenza, che in questo caso hanno rappresentato un quarto della raccolta (21%), seguiti dai fondi di fondi istituzionali (15%) e dalle assicurazioni (15%).

Dieci anni

Complessivamente, a partire dall’avvio del mercato nel 2013, sono stati 25 gli operatori che, suddivisi tra domestici e internazionali con un veicolo dedicato all’Italia, hanno raccolto capitali per un totale di 5,4 miliardi di euro. In questo decennio il numero di soggetti è particolarmente aumentato arrivando a 36 – di cui 20 internazionali – dai dieci iniziali.

Quanto alla raccolta, questa è cresciuta in particolare negli ultimi due anni, dopo avvii e stop significativi (nel 2019 sono stati raccolti poco più di 380 milioni), complice l’aumento del numero di player e la maturazione del mercato.

Dal 2014 sono stati investiti in questo mercato 10,7 miliardi di euro, grazie soprattutto all’attività dei soggetti internazionali per il 75% del valore totale, su 1.366 operazioni complessive, oltre metà delle quali (58%) realizzate da soggetti domestici che quindi si confermano a presidio del mercato delle mid cap.

Circa la metà dell’ammontare complessivo ha riguardato il supporto a operazioni di buy out (a cui sono stati destinati 5 miliardi, di cui 4,4 investiti da operatori internazionali), mentre 4,3 miliardi hanno riguardato operazioni per lo sviluppo delle imprese. Dal 2015 ad oggi, le società nel portafoglio dei soci Aifi che hanno effettuato rimborsi sono state 340, per un ammontare totale di 1,8 miliardi di euro.

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