L’industria del private debt italiana ha vissuto un semestre d’oro, con numeri da record sul fronte della raccolta e degli investimenti.

Secondo quanto comunicato da Aifi, l’associazione del private capital, in collaborazione con Deloitte, tra gennaio e giugno la raccolta è triplicata rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, attestandosi a 642 milioni di euro. Si tratta del dato più alto registrato in un singolo semestre.

I dati sono stati presentati nel corso di un evento che ha visto Antonio Solinas, amministratore delegato di Deloitte Financial Advisor, e Innocenzo Cipolletta, presidente di Aifi. Solinas ha posto l’accento sul fatto che “il nostro tessuto imprenditoriale si è tirato su le maniche e non si è mai fermato. Cipolletta ha parlato di un mercato del private debt che “è esploso, andando ben oltre il recupero di quanto perso nel 2020”.

Andrea Azzolini, responsabile debt advisory Deloitte, ha illustrato il quadro internazionale del private debt, soffermandosi sulle differenze che ancora separano il Regno Unito dal resto dell’Europa.

Raccolta e investimenti da record

 

 

I numeri del primo semestre sono stati illustrati da Anna Gervasoni (nella foto di copertina), direttore generale di Aifi. Gervasoni ha parlato di “mercato in grandissima evoluzione”, come parte di un boom più generale del debito alternativo, arrivato a un ammontare di 3,4 miliardi e oltre 5mila aziende toccate dai diversi strumenti.

La prima fonte della raccolta sono stati i privati/asset manager (32%), seguiti dai fondi di fondi istituzionali (26%). Guardando alla provenienza geografica, la componente domestica ha rappresentato l’86% del totale.

Nel corso di una tavola rotonda dedicata al tema della raccolta, Paolo Pendenza di Equita Capital Sgr ha rimarcato come i fondi di debito italiani debbano ancora crescere, in termini di track record e dimensionali per attrarre gli investuzionali esteri. Marco Meda di Green Arrow Global Sgr ha affermato che “il Pnrr contribuisce a creare un ambiente favorevole agli investimenti”. E Giovanni Scrofani di Zenit Sgr ha notato che il balzo del primo semestre non è un rimbalzo, ma “un cambio di passo strutturale”

 

 

Nella prima parte dell’anno sono stati investiti 769 milioni di euro, in rialzo del 74% rispetto a un anno prima. Il numero di sottoscrizioni è stato pari a 356 (+139%). Anche in questo caso, si tratta del semestre con i valori più alti mai registrati dall’avvio del mercato.

Escludendo le piattaforme di lending, i soggetti domestici hanno realizzato il 91% del numero di operazioni. Il 67% dell’ammontare è stato investito da operatori internazionali. Il 53% delle operazioni è rappresentato da finanziamenti, mentre il restante 47% sono sottoscrizioni di obbligazioni.

Breve dibattito anche sugli investimenti. Barbara Ellero di Anthilia Capital Partners Sgr si è soffermato sul “contributo importante all’economia reale” dato dai fondi di debito e sul fatto che “stiamo lavorando molto con le aziende in portafoglio, le affianchiamo nelle scelte strategiche”. Cesare Santacroce di Opyn ha ricordato la crescita impetuosa del digital lending come strumento per far arrivare in modo rapido credito alle pmi. Marco Cavasin di Veneto Sviluppo ha riferito di aziende in portafoglio che hanno utilizzato il private debt come porta d’accesso al mercato alternativo dei capitali. E Stefano Righetti di Hedge Invest Sgr è tornato sul concetto dei fondi di private debt come partner che stanno al fianco delle imprese nelle scelte strategiche.

Tassi in crescita

 

 

Per quanto riguarda le caratteristiche delle operazioni, sempre al netto delle piattaforme, la durata media è di sei anni (cinque anni nel primo semestre del 2020), il 92% dei casi ha riguardato operazioni con un taglio medio inferiore ai 10 milioni di euro. Il tasso d’interesse medio è stato pari al 4,6%, in netto rialzo rispetto al 3% di un anno prima.

Le società che hanno effettuato rimborsi sono state 134 (62 nello stesso periodo dell’anno precedente), per un ammontare pari a 204 milioni di euro (+66%). Il 79% del numero di rimborsi ha seguito il piano di ammortamento.

Il balzo dei tassi e l’andamento dei rimborsi sono stati oggetto di una breve tavola rotonda. Luca Novati di Finanziaria Internazionale Investments Sgr ha parlato di “rimborsi in linea con la crescita della raccolta”. Alberto Lampertico di Riello Investimenti Sgr, ha notato che non c’è stata una corsa all’exit degli investimenti al picco della crisi dovuta alla pandemia, ma, al contrario, “ci siamo seduti al fianco dell’azienda per supportarla, magari dando ulteriore finanza o lavorando sui waiver e rimodulazione dei piani. Martino Mauroner di Tikehau Capital ha pronosticato “nei prossimi mesi tanta attività”.

La peculiarità del distressed debt

Per la prima volta è stata analizzata anche l’attività di dodici soggetti attivi nel mercato italiano del distressed debt. A partire dal 2018, questi operatori hanno investito 2,3 miliardi di euro in quindici pacchetti relativi a oltre 5mila società e 4,2 miliardi in circa 80 singole società. Nel solo primo semestre sono stati investiti circa 770 milioni di euro, di cui oltre 400
in operazioni single name.

Mario Fera di Clessidra Capital Credit Sgr ha ricordato come intervenire sui crediti classificati come unlikely to pay comporti “complessità e rapidità”. Giulio Manetti di Fineurop Investment Oppurtunities, infine, ha sottolinea che le garanzie pubbliche e le moratorie sono state “misure urgenti necessarie”, ma fatalmente sono state selettive. Pertanto, quando, a breve, si uscirà da questa bolla, “vedremo come reagiranno le aziende già in difficoltà, che dovranno affrontare una ristrutturazione”.

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