Fronte investimenti nemmeno il 2022 delude il settore del private equity e il venture capital. L’anno scorso, infatti, sono stati investiti ben 23,65 miliardi di euro, il 61% in più rispetto al 2021 che aveva già fatto segnato valori mai toccati prima nel nostro paese, cioè 14,69 miliardi di euro.

Dall’analisi condotta da Aifi (Associazione italiana del private equity, venture capital e private debt), in collaborazione con Pwc Italia – Deals, sul mercato italiano del capitale di rischio, è emerso che a trainare gli investimenti sono state alcune operazioni di dimensioni significative realizzate sia nel segmento dei buy out sia in quello delle infrastrutture.

Il merito però è da attribuire in particolare agli investitori internazionali, come sottolinea Francesco Giordano, private equity leader di Pwc Italia, “che continuano a manifestare un significativo interesse verso le eccellenze del nostro paese”, che hanno agito soprattutto nel secondo semestre.

Da qui, infatti, uno dei problemi principali del settore italiano, come spiegato da Innocenzo Cipolletta (nella foto), presidente Aifi: “In Italia ancora non sono presenti fondi che possano misurarsi con i grandi player globali, è per questo che serve un’azione di sistema, da un lato per permettere ai nostri operatori di diventare competitivi a livello internazionale, dall’altra per ripopolare il segmento del mid market di soggetti dedicati, che non possono che essere domestici”.

I big deal attraggono

Oltre agli investimenti è cresciuto anche il numero di operazioni, il 30% in più attestandosi a 848 deal, rispetto ai 654 dell’anno precedente. Decisiva l’attività di venture capital, che dal 2020 sta crescendo in modo significativo, grazie all’avvio dell’operatività di un soggetto di matrice istituzionale (Cdp), focalizzato sugli investimenti in imprese nelle prime fasi di vita.

Nel dettaglio, nel corso dell’anno sono state realizzate sette operazioni con equity compreso tra 150 e 300 milioni di euro (large deal) e 17 operazioni di ammontare superiore ai 300 milioni (mega deal), che insieme hanno rappresentato il 76% dell’ammontare complessivo investito nell’anno (17,889 miliardi di euro). Nel 2021, invece, erano stati realizzati otto large deal e otto mega deal, per un ammontare pari a 9,821 miliardi di euro (67% del totale).

A maggio Autostrade per l’Italia è tornata allo Stato. Atlantia, la holding infrastrutturale che fa capo alla famiglia Benetton, ha chiuso ufficialmente la cessione della partecipazione detenuta in Autostrade (pari all’88,06% del capitale e dei diritti di voto) per 8,19 miliardi di euro a favore del consorzio formato da Cdp Equity (51%), Blackstone Infrastructure Partners (24,5%) e Macquarie Asset Management (24,5%).

Nello stesso mese, Elliott Management ha accettato di vendere l’AC Milan (valutata 1,2 miliardi) al gruppo di investimento statunitense RedBird Capital Partner, guidato da Gerry Cardinale.

Successivamente, a luglio, la società di investimento internazionale BC Partners è diventata co-proprietaria di Fedrigoni, player mondiale nella produzione di etichette autoadesive e prodotti di imballaggio a base di fibre, insieme a Bain Capital Private Equity, società di investimento privata attiva a livello mondiale.

Ma anche, il più grande fondo della Silicon Valley Tpg (120 miliardi di dollari di masse e protagonista degli investimenti in realtà quali Spotify, Uber e Airbnb), ha investito sulla data company italiana Musixmatch, fondata da Max Ciociola, che è e resta amministratore delegato.

Top buy out per ammontare, ma early stage supera il miliardo

Nel dettaglio, nel 2022 il segmento dell’early stage (seed, start up e later stage), è cresciuto sia per numero di investimenti (547, pari al 65% del numero totale, +47% rispetto all’anno precedente), sia per ammontare, superando il miliardo di euro (1,179 miliardi, +101%).

I buy out, invece, con 10,95 miliardi di euro e 185 operazioni (5,38 miliardi e 159 investimenti nel 2021), si sono classificati al primo posto in termini di ammontare, pari al 46% del totale, seguiti a breve distanza dalle operazioni in infrastrutture. Queste ultime sono comunque state caratterizzate da un incremento rispetto all’anno precedente, con 10,69 miliardi di euro (+39% rispetto ai 7,67 del 2021), distribuiti su 52 operazioni (45 l’anno precedente, +16%).

Male per le operazioni di expansion che, invece, sono diminuite sia in termini di ammontare (483 milioni, -44% rispetto ai 858 del 2021) sia in termini di numero (46, -23% rispetto alle 60 del 2021). Infine, il segmento del turnaround, dedicato alle imprese in difficoltà, ha mantenuto un ruolo di nicchia, con solamente nove operazioni e 249 milioni di euro investiti.

Dove si è investito di più

A livello settoriale, il 2022 ha visto al primo posto per numero di investimenti il comparto Ict, con il 27% delle operazioni totali, seguito dai beni e servizi industriali, 11%, e dal medicale, 10%.

A livello geografico la regione che ha totalizzato la gran parte delle operazioni è la Lombardia con il 44% del numero degli investimenti in Italia, seguita da Lazio (10%) ed Emilia Romagna (9%). Si sottolinea che il 53% del numero di investimenti ha riguardato imprese che non avevano mai ricevuto capitali dal private equity, per un ammontare pari al 63% del totale.

A quanto ammonta la raccolta

Se gli investimenti hanno toccato cifre mai raggiunte dal mercato italiano, la raccolta del settore nel 2022 è risultata statica: con 5,920 miliardi di euro (di cui 5.084 milioni raccolti sul mercato), si è registrata una crescita di solo il 3% rispetto ai 5,725 miliardi dell’anno precedente.

Gli operatori che hanno svolto attività di fundraising sono stati 49 (44 l’anno precedente). Il peso maggiore lo hanno dato i fondi domestici (55%), ma di poco. La componente estera, infatti, ha rappresentato il 45% dimostrando il sempre più interesse internazionale nei confronti del mercato italiano, ma anche la sempre meno attività degli operatori italiani.

A livello di fonti, il 18% della raccolta deriva da fondi pensione e casse di previdenza (890 milioni di euro), seguiti dalle assicurazioni (13%, 678 milioni) e dalle banche (9%, 448 milioni).

Disinvestimenti ed exit

Nel 2022 sono aumentati anche i disinvestimenti di ben il 63%: l’ammontare disinvestito al costo di acquisto delle partecipazioni è passato da 2.702 milioni del 2021 a 4.398 milioni di euro dell’anno scorso.

Il numero di exit è stato pari a 117, il 13% in più rispetto alle 104 del 2021. Il canale maggiormente utilizzato per i disinvestimenti è stato la vendita ad altri operatori di private equity, con un peso del 60% in termini di ammontare (2.651 milioni di euro) e del 40% in termini di numero (47).

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