Viene applicata solitamente nei confronti di uno Stato membro che ha violato una norma europea. Procedura d’infrazione: ci siamo. L’Italia c’è dentro fino al collo anche se quella della Commissione Ue si tratta di una procedura d’infrazione “temporanea”. Disavanzo eccessivo del deficit, il motivo è questo anche per altri cinque Paesi: Belgio, Francia, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia. D’altronde è quasi una “non notizia”. Nel senso che la presenza dell’Italia in questa lista era fortemente attesa. Per la prima volta dalla sospensione del Patto di stabilità nel 2020 con il Covid sarà applicata in pieno la governance economica.

E come ha detto Paolo Gentiloni, non può certo essere un ritorno alla normalità visto che dopo la pandemia si sono susseguite inflazione, crisi supply chain, guerre (ancora in corso), rialzo dei tassi e, ultima, la crisi politica in Europa con le dimissioni di Emmauel Macron come presidente della Francia, asse portante dell’Unione Europea. Anche per questi motivi, se non è un rientro alla normalità non è neanche un ritorno all’austerità. Di sicuro l’Europa, le sue politiche economiche e fiscali entrano in nuovo ciclo, dopo quasi quattro anni di clausola di salvaguardia.

Procedura d’infrazione: qualche numero

Serve dunque cautela, anche se i numeri parlano chiaro: il debito richiesto è sotto il 60% del Pil. E un deficit prossimo al 3% del Pil. Questi numeri sono letteralmente doppiati dall’Italia. Debito del 130% e un deficit del 7,6%, quest’ultimo per lo più un bagaglio ereditato dal lockdown e dalla crisi dei prezzi energetici in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022. E la Francia? Il deficit è del 5,5%, mentre il debito pubblico è del 110,6%, cifre applicate al Pil del 2023.

Oltre ai numeri però ci sono anche le scadenze. Che spiegano il motivo per cui la procedura d’infrazione è temporanea. Un primo passo verso l’apertura formale che potrebbe essere avviata a luglio 2024, mese in cui la Commissione Ue prenderà la decisione finale dopo aver esaminato il parere del comitato economico e finanziario.

Cosa dovrà fare l’Italia e cosa rischia: servono 10 miliardi l’anno per 7 anni

Passo forzato al rientro dei conti. Questo aspetta l’Italia in buona sostanza per venirne fuori. Il percorso si è aperto formalmente mercoledì 19. Il nuovo Patto, entrato in vigore il 30 aprile con una rivoluzione anche delle regole sul disavanzo eccessivo, indica undici Paesi con il deficit oltre la soglia massima del 3%. In altri tre Stati uno sforamento contenuto (Repubblica Ceca, Estonia e Spagna), e per due (Repubblica Ceca e Spagna) rientrerà già quest’anno. In caso di inadempienza possono scattare sanzioni.

La nuova governance economica fissa tutta una serie di criteri per ritrovare la sostenibilità di debito e deficit. Nella nuova procedura per disavanzo eccessivo viene imposta una correzione per almeno lo 0,5% del bilancio strutturale per quanti sfondano la soglia del 3% del Pil (primario per i primi tre anni).

Venerdì 21 giugno, giorno in cui si riunirà l’Ecofin, a sei mesi dalla bocciatura del Parlamento italiano della proposta di ratifica del Mes, verranno assegnate a ciascuno Stato le cosiddette traiettorie di riferimento per sistemare i conti. Il 20 settembre i Paesi presenteranno a Bruxelles i piani di spesa mentre a novembre sono attese le raccomandazioni sul deficit, nel pacchetto di autunno del semestre europeo, in modo da far convergere la correzione dei conti per deficit eccessivo e quella in base alla traiettoria di riferimento per rendere il debito sostenibile nel medio periodo. L’aggiustamento dello 0,5% del Pil su 7 anni corrisponde a 10 miliardi l’anno.

Cosa dice il rapporto della Commissione Ue

Ciò che è stato rilevato dalla Commissione è l’esistenza di squilibri macroeconomici per 12 Stati membri sotto sorveglianza. In particolare Grecia e Italia presentano ancora squilibri, poiché le vulnerabilità, pur essendo diminuite, continuano a destare preoccupazione e lo stesso vale per la Slovacchia. “Nel nostro Paese permangono vulnerabilità legate all’elevato debito pubblico e alla debole crescita della produttività in un contesto di fragilità del mercato del lavoro e alcune debolezze residue nel settore finanziario, che hanno rilevanza transfrontaliera” è quanto afferma la Commissione europea nel rapporto.

Necessità di riforme e investimenti per superare le carenze strutturali e promuovere condizioni favorevoli alla crescita della produttività, questi sono i suggerimenti riportati sul documento, anche in virtù delle condizioni del mercato del lavoro  migliorate negli ultimi anni e che non si sono tradotte in pressioni salariali. I tassi di partecipazione al lavoro sono saliti a livelli record, sebbene siano ancora relativamente bassi.

Nel rapporto Bruxelles indica che il rapporto debito/pil è notevolmente diminuito rispetto al suo picco durante la crisi pandemica, principalmente a causa della forte crescita del pil nominale, ma è ancora elevato, pari a oltre il 137% del pil nel 2023, e si prevede che la tendenza al ribasso si invertirà quest’anno e il prossimo”. La conclusione è che “sono chiaramente necessarie ulteriori azioni per ridurre l’elevato rapporto debito pubblico”.

Il ruolo delle banche

Per quanto riguarda il settore finanziario si è ulteriormente rafforzato con miglioramenti nella qualità degli attivi bancari e nella redditività, mentre le banche italiane “sono ancora considerevolmente esposte nei loro bilanci verso il debito sovrano e verso i prestiti garantiti dallo Stato”. L’azione pubblica è stata favorevole ad affrontare le vulnerabilità, anche attraverso l’attuazione del Pnrr, che tra l’altro promuove la produttività e la crescita potenziale del pil per contribuire a ridurre il rapporto debito pubblico nel lungo periodo. Per la Commissione “mantenere il ritmo di attuazione del Pnrr cresta essenziale e ulteriori sforzi politici sarebbero utili”.

In conclusione Bruxelles dice che “il patto di stabilità e crescita riformato, compresa l’applicazione della procedura per i disavanzi eccessivi, offre un meccanismo di sorveglianza adeguato e forte per affrontare i rischi per la sostenibilità di bilancio”.

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