Meeting transitorio, quello di gennaio della Bce. Invariati tutti i tassi d’interesse al livello record del 4,5%. Nulla da segnalare neanche su profilo/operatività del quantitative tightening derivante dalle operazioni di reinvestimento dei titoli in bilancio. Insomma, zero sorprese.
La Banca centrale europea sembra confortata dall’inflazione che si muove nella giusta direzione, ma evidentemente servono ulteriori progressi prima di discutere di tagli. Dipendenza totale dai dati insomma, e dalla stabilità ancora da raggiungere dell’inflazione salariale.
Di sicuro, il board riconosce che i tassi di riferimento hanno raggiunto un livello che, se mantenuto sufficientemente a lungo, contribuirà a riportare l’inflazione al target del 2%, senza la necessità di ulteriori rialzi. Tuttavia, non ha ancora iniziato a discutere dell’inizio del ciclo dei tagli e rimane legato a un approccio meeting by meeting.
“Difficile un taglio prima dell’estate ma il mercato ci scommette”
Anche per questo motivo individuare il momento esatto in cui la Bce inizierà il taglio dei tassi è piuttosto difficile. Secondo Antonella Manganelli, Ceo di Payden & Rygel Italia, un intervento prima dell’estate è probabilmente prematuro.
Tuttavia, le scommesse degli operatori di mercato dicono tutt’altro, dal momento che sono aumento per quanto riguarda un intervento già nella riunione di aprile, portandole a oltre l’80% dal 50% circa del giorno precedente alla riunione Bce (vedi grafico sotto).
Ma cosa dicono gli analisti? Quanto si sbilanciano nell’individuare il momento in cui la Banca centrale europea inizierà con i tagli dei tassi? Per Richard Flax, chief investment officer di Moneyfarm, la prossima mossa della Bce non sarà una decisione semplice. Forse per certi versi è la più difficile dall’inizio del rialzo dei tassi. E infatti non si sbilancia: “Il messaggio della Bce è cauto rispetto alle aspettative più esuberanti del mercato a fine 2023. Ci aspettiamo di vedere i tassi di riferimento scendere verso la metà del 2024, ma dipenderà dal contesto economico nei prossimi mesi”.
“Secondo trimestre, probabilmente giugno”
Ombretta Signori, head of macroeconomic research and strategy di Ofi Invest Am, sottolinea come la decisione più importante presa dall’istituto di Francoforte sia ancora quella di dicembre, la fine del Pepp, evento che non è ancora chiaro come impatterà sulla politica. “Non vi è alcuna urgenza economica per un taglio. La data più probabile è giugno e prevediamo che quest’anno l’allentamento monetario nell’area dell’euro sarà di circa 75 punti base. Christine Lagarde ha inoltre ribadito che l’intera serie di dati sui salari non sarà disponibile prima della fine di aprile, il che è in linea con i commenti di Davos secondo cui i tassi di interesse potrebbero non scendere fino all’estate”.
Finché i tassi saranno mantenuti a livelli così restrittivi, spiega Peter Goves, Head of Developed Market Debt Sovereign Research di Mfs Im, la domanda interna resterà debole e l’inflazione (di base) continuerà a scendere. “I tagli sono in arrivo -commenta- probabilmente nel secondo trimestre. Gli spread rimangono resistenti, con i Btp-Bund a 10 anni a livelli relativamente stretti. Non ci sono catalizzatori negativi che provochino un allargamento significativo degli spread nel breve termine”.
“Forse anche prima di giugno”
D’altronde il mese di giugno lo aveva già anticipato Christine Lagarde, in una recente intervista, tema ripreso durante tutta la conferenza stampa, dove però il governatore dell’Eurotower ha suggerito che fosse prematuro discutere di un allentamento. Spiega David Chappell, senior fixed income portfolio manager di Columbia Threadneedle Investments: “L’evoluzione del trend dell’inflazione di fondo e alcuni rilevatori salariali indipendenti hanno consentito ai membri del comitato di acquisire maggiore fiducia nel fatto che l’attuale politica monetaria stia avendo l’effetto desiderato, aprendo la porta a un cambiamento di passo forse prima del previsto”.
L’analista chiude il suo report spiegando come a livello di investimenti i titoli di stato europei siano preferibili ai Gilt britannici. Una conferenza stampa incoraggiante, quella della Bce anche per i mercati azionari del vecchio continente.
“Tagliare i tassi prima del raggiungimento del target dell’inflazione?”
Come sottolinea Robert Schramm-Fuchs, european equities portfolio manager di Janus Henderson Investors “Lagarde ha lasciato la porta aperta a un inizio del ciclo di tagli dei tassi in aprile, sottolineando l’importanza delle proiezioni aggiornate dello staff che saranno disponibili in marzo. Oggi la presidente ha parlato molto delle pressioni salariali, ma la realtà è che l’inflazione headline e core a sei mesi nell’Eurozona è già scesa al 2,5% annualizzato. Gli indicatori monetari indicano un’ulteriore riduzione, che dovrebbe far pensare a un ritorno del tasso d’inflazione annuale all’obiettivo del 2% nel corso della seconda metà del 2024”.
L’analista guarda poi alla stagnazione dell’economia europea, vicina all’orlo della recessione già negli ultimi 18 mesi, a fronte di un atterraggio morbido apparentemente perfetto negli Stati Uniti, indicando positivamente “i settori che storicamente hanno sovraperformato nei cicli di riduzione dei tassi, come la tecnologia e in particolare i semiconduttori, i servizi finanziari e i beni di consumo discrezionali”.
“Tutto dipenderà dalla principale fonte di ripresa economica futura”
Proprio dalla stagnazione inizia l’analisi Martina Daga, macro economist di AcomeA Sgr. E quindi ontesto di debole crescita economica in area euro, che probabilmente registrerà una stagnazione nell’ultimo trimestre del 2023. Con direzione di una ripresa economica da parte delle ultime stime di mercato e questo dipenderà dal potere d’acquisto dei consumatori, secondo l’analista la principale fonte di ripresa economica nei prossimi trimestri.
L’analista non si sbilancia sulle tempistiche, ma dà un’ampia fotografia di quello che sarà lo scenario futuro: “Il mercato del lavoro resta forte, con il tasso di disoccupazione ai minimi e pressioni salariali al rialzo che, accompagnate da bassa produttività, spingono il costo unitario del lavoro al rialzo. Tuttavia, guardando ad alcuni dati più recenti è evidente che la domanda di lavoratori inizi a mostrare segni di riequilibrio e le pressioni salariali tendano a una stabilizzazione”.
Conclude Martina Daga, concorde con un approccio ormai dovish da parte della Bce: “Guardando alla crescita dei prezzi al consumo, i più recenti dati di inflazione hanno confermato il trend di decrescita, l’effetto dei precedenti rialzi dei tassi di riferimento sta contribuendo all’inasprimento delle condizioni finanziarie e al contenimento della domanda. In questo contesto, le tensioni geopolitiche rappresentano il principale fattore di incertezza a livello globale, con effetti sulla fiducia dei consumatori e alterazione delle dinamiche di commercio internazionale”.
“Giugno, ma forse anche luglio. Ecco perché”
Il tema resta dunque uno: inversione anticipata della politica monetaria rispetto a quanto trapelato finora? La forchetta è quella che oscilla tra aprile e giugno. Per Konstantin Veit, portfolio manager di Pimco “il rischio rimane orientato a un allentamento un po’ più tardivo e meno aggressivo rispetto a quanto incorporato nelle aspettative del mercato per quest’anno”. Tradotto: avanti con il mese di giugno. E aggiunge: “Le aree chiave da osservare? Condizioni finanziarie, l’orientamento fiscale, i margini di profitto e l’evoluzione dei costi unitari del lavoro”.
Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte, mette infine l’accento su un altra variabile da tenere in considerazione. E infatti è l’analista che vede il taglio dei tassi più lontano di tutti: “Lo scenario base rimane il primo taglio Bce a luglio, con eventuale anticipazione a giugno in termini di decisione concreta o preannuncio verbale della decisione a luglio. L’ipotesi di trend calante dei tassi nell’anno rimane confermata, salvo però temporanee fasi di rialzo, ad esempio entro febbraio, guidate dai tassi Usa, dove il contesto macro presenta al momento un quadro più roseo, vedi il dato sul Pil del quarto trimestre”.