A tenere banco sulle cronache dei giornali italiani negli ultimi giorni, dopo la drammatica e incerta situazione in Afghanistan, c’è stato il rave party di Viterbo, un festival iniziato lo scorso 13 agosto e terminato il 19 organizzato al confine tra Lazio e Toscana nell’area del lago di Mezzano, vicino al paese di Valentano.

Le principali critiche all’iniziativa, che ha visto la presenza di 10-15mila persone di diverse nazionalità, sono legate innanzitutto alla situazione pandemica da Covid-19: organizzare un evento simile quando il virus ha ricominciato a stringere la sua morsa e a pesare sugli ospedali è stato giudicato da incoscienti, anche se chi ha partecipato ha parlato di un area talmente ampia, 30 ettari, da non provocare assembramenti peggiori di quelli visti in queste settimane di vacanza. L’altra polemica è legata al ritrovamento, il 16 agosto, nelle acque del lago del corpo di un ragazzo di 24 anni, Gianluca Santiago, allontanatosi dal raduno la sera del 15 agosto e poi scomparso.

Come spesso accade in Italia, il dibattito è andato al di là del fatto di cronaca e dalla politica ai giornali, passando per i social network, sono tornati a galla i pregiudizi riguardanti eventi di questo tipo, con rumors più o meno accertati dai risvolti tra il ridicolo e il grottesco (si è parlato anche di sgozzamenti di animali, oltre che di stupri, altre morti e perfino di un parto), legati alla scarsa cultura e alla poca conoscenza di eventi di questo genere.

In realtà, come forse qualche aficionados di Ibiza, in Spagna, saprà, l’industria della musica elettronica è una delle nicchie più significative del panorama economico-musicale e gran parte dei ricavi arrivano proprio dai festival. Parliamo di eventi organizzati, come il Primavera Sound a Barcellona, in Spagna, o lo storico Tomorrowland a Boom, in Belgio, che ogni anno ospita 200mila persone e in cui un dj di una certa fama può arrivare a guadagnare ben oltre i 150mila dollari in una serata. E non a caso anche qualche private equity ha odorato l’affare.

Calo dei ricavi

Per questo mercato però il 2020 è stato un anno ancora più difficile ed è il comparto che, come facilmente intuibile, ha più risentito degli effetti del lockdown.

Secondo uno studio della International Music Summit, i partnership con Pioneer DJ e Billboard, dopo quasi dieci anni di crescita, nel 2020 il giro d’affari globale della musica elettronica – compresi quindi apparecchiature e attrezzature, festival e concerti, i guadagni dei dj e la vendita dei dischi e streaming – è crollato a 3,4 miliardi di dollari dai 7,3 miliardi nel 2019.

La chiusura di festival e discoteche, è evidente, ha avuto l’impatto maggiore su questo declino: con oltre 200 festival musicali in tutto il mondo cancellati o rimandati, il segmento dei festival e dei club ha perso il 78% del valore dal 2019, passando da 4,4 miliardi a un miliardo.

Aree di crescita

Questi numeri non devono demoralizzare gli addetti ai lavori. Goldman Sachs stima che il comparto live music tornerà a crescere del 160% nel 2021 e del 45% nel 2022 anno su anno, con un CAGR 2023-2030 del 3%. Quando a festival e clubs, il report evidenzia come la ripartenza e l’allentamento delle restrizioni in diverse nazioni, Italia compresa per i concerti, abbiano spinto in alto la vendita dei biglietti: tra marzo e maggio di quest’anno è crescita del 123% rispetto allo stesso periodo del 2020, con il valore dei biglietti venduti a marzo uguale a quello del 2020 intero.

Secondo il report di IMS, poi, per il futuro dell’industria della musica elettronica, oltre ai live streaming e “concerti” di questo tipo, ci saranno una sempre maggiore collaborazione con il mondo del fashion – sempre più interessato a sonorità elettroniche – e il mercato dei non fungibile tokens (NFT), cioè una sorta di gettoni crittografati che rappresentano un bene digitale. Di tutti i 50,2 milioni di dollari di Nft musicali venduti nell’ultimo anno, il 76% era stato coniato da dj e artisti di musica elettronica.

Dove stanno i fondi

Negli ultimi anni anche qualche private equity, non tantissimi a dir la verità, ha voluto investire nel settore. Tra i locali, il caso più emblematico è stata l’acquisizione dello storico e rinomato club Pacha, a Ibiza, acquisito nel 2017 dal fondo Trilantic per 350 milioni di euro. L’anno dopo, ad esempio, danese CataCap ha investito in Rekom, gruppo scandinavo-inglese che conta 130 bars e clubs in Danimarca, Finlandia e Norvegia. Sul fronte hardware e attrezzature, la Pioneer Dj, che realizza console, lettori, cuffie, software, strumenti per la produzione e altro, era di proprietà di Kkr dal 2015, che poi l’ha ceduta al gruppo giapponese Noritsu per 606 milioni di dollari

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