Luci e ombre nel settore della gestione e del recupero crediti. Una prima cosa è certa ed emerge con chiarezza dal XIV Rapporto annuale di Unirec, l’Unione nazionale imprese a tutela del credito, curato con Nomisma, presentato a Roma e realizzato con lo scopo di fornire un’analisi precisa della complessità del mercato.

Il 2023 è stato un anno da primato per la quantità di crediti affidati per il recupero alle imprese nel network Unirec con uno stock del valore di 204,3 miliardi di euro. Una cifra ancora in crescita rispetto al 2022 (201 miliardi di euro).

L’aumento, fanno sapere dall’Associazione, è dovuto a grandi movimenti di portafoglio all’interno del mercato, visto che il tasso di deterioramento dei crediti nel 2023 non ha subito forti variazioni. Anzi, il valore si è attestato ai livelli minimi del decennio. Vediamo nel dettaglio gli andamenti dell’anno alle spalle, considerando che i ricavi complessivi del settore della tutela del credito si attestano a 2.284 milioni, in linea con lo scorso anno (2.299 milioni di euro).

Recupero crediti: cresce il valore degli importi gestiti in conto terzi, ma il 2022 è un miraggio

C’è stata una crescita degli importi in conto terzi ma non possiamo parlare di vero e proprio boom rispetto al 2022. In particolare, gli importi gestiti in conto terzi, ossia in seguito ad un mandato dato da un terzo committente esterno proprietario del credito, sono passati dai quasi 160 miliardi di euro del 2022 ai circa 174 miliardi del 2023, attestandosi al valore massimo registrato nel quinquennio di osservazione 2019-2023.

Un dato in crescita (+8,7%) ma con una variazione molto contenuta rispetto al quasi + 50% segnato nel 2022. Da considerare però che l’andamento nel 2023 è stato influenzato da operazioni straordinarie all’interno delle associate Unirec con il passaggio di portafogli rilevanti per quasi 11 miliardi di euro dall’area conto proprio (quando l’attività è finalizzata al recupero del proprio portafoglio) all’area del conto terzi.

Recupero crediti: impennata degli importi recuperati

In parallelo il rialzo maggiore riguarda gli importi recuperati in conto terzi; questi ultimi raggiungono il valore massimo di 17 miliardi di euro (+11% rispetto al 2022), con le performance di recupero al 10%, nel quadro di una dinamica sostanzialmente stabile rispetto al 2019.

I crediti gestiti in conto terzi hanno rappresentato circa l’88% del totale. Di questi il 54% degli importi è relativo al settore B2b (business to business), che sorpassa nuovamente il B2c (Business to consumer) dopo l’anno anomalo del 2022 (in cui per la prima volta i pesi erano invertiti con una predominanza di crediti relativi a persone singole / consumatori).

Npe: come va il mercato

Se guardiamo al mercato degli Non performing exposure, sia lato Npe bancari sia lato crediti ceduti e detenuti da investitori specializzati, nel primo caso si registra una diminuzione del 9,9% dell’ammontare degli stock Npe bancari nel 2023 rispetto all’anno precedente (ora sui 50,2 miliardi di euro), stando all’Osservatorio Npe realizzato da Cribis Credit Management in partnership con Credit Village.

A fine 2023 è stata rilevata una diminuzione del volume totale di transazioni di circa 3 miliardi di euro, registrando quindi operazioni per circa 31 miliardi di euro. Il volume è riconducibile a operazioni collegate a portafogli Npl per il 77%, e solo per il 23% a Utp, cioè quei crediti ancora non in stato di insolvenza, ma che difficilmente saranno recuperati.

Parallelamente, il valore delle transazioni Utp risulta comunque in crescita, segnando un +17% rispetto al 2022; questo a conferma che gli investitori stanno spostando il loro interesse verso questa categoria di crediti.

In relazione ai crediti classificati Utp (cioè quei crediti bancari che hanno un’alta probabilità di generare delle inadempienze), la percentuale più rilevante dell’esposizione è collegabile alle società di capitali e di persone, che ha subito una diminuzione rispetto al 2022, attestandosi al 53% del totale dei finanziamenti (-5% sul 2022).

Riguardo i crediti classificati in stage 2 (cioè quei crediti che hanno registrato un aumento significativo del rischio dal momento della rilevazione iniziale) la percentuale più rilevante dell’esposizione è collegabile alle società di capitali, che rimane stabile rispetto al 2022, attestandosi al 71% del totale dei finanziamenti.

Settori produttivi più rischiosi

I settori produttivi più rischiosi risultano essere costruzioni e infrastrutture, in leggero peggioramento rispetto al 2022 (23,4% delle esposizioni), insieme ai servizi (20% delle esposizioni totali), logistica e food & beverage che risultano essere i comparti più sottopressione, analisi confermata anche dalle più recenti rilevazioni sui ritardi nei pagamenti commerciali.

Rispetto al 2022, l’agricoltura compare tra i settori a maggior rischio registrando un 9,5% di esposizione in stage 2.

Al contrario, i settori con una quota ridotta di esposizione rimangono quelli di estrazione oil&gas, chimica e farmaceutica.

 

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