Un taglio netto alla pressione fiscale sui redditi medi, mentre gli altri contribuenti sono rimandati al prossimo giro. Il ministro dell’Economia Daniele Franco e i responsabili economici dei partiti della maggioranza di governo hanno raggiunto un accordo per modificare le aliquote dell’Irpef (l’Imposta sul reddito delle persone fisiche che si applica al reddito di soggetti e tipi attività), confermato oggi in Consiglio dei ministri. Degli 8 miliardi di euro destinati a ridurre le imposte a lavoratori e aziende, inclusi nel disegno della Legge di bilancio del 2022, 7 saranno utilizzati per ridurre le fasce di reddito da cinque a quattro e abbassare le aliquote. Il restante miliardo, invece, sarà destinato al taglio dell’Irap (Imposta regionale sulle attività produttive).
A guadagnarci, secondo le prime stime, sarà così il ceto medio, cioè i redditi tra i 28mila e i 50mila euro che vedranno una minore imposizione fiscale per più del 5%, mentre gli altri contribuenti avranno vantaggi più contenuti. Secondo l’avvocato Arnaldo Salvatore (foto in basso), tax partner di Macchi di Cellere Gangemi, si tratta di una “scelta di politica economica”, necessaria vista le risorse a disposizione.
Potrebbe essere però congelato per uno o due anni il taglio dell’Irpef per i redditi sopra i 75mila euro. La proposta viene dal presidente del Consiglio Mario Draghi fatta durante la cabina di regia svoltasi in mattinata a Palazzo Chigi, che ha preceduto il Consiglio dei ministri sul Fisco. Il governo, infatti, ha esaminato le richieste dei sindacati, in particolar modo quella di portare avanti un’operazione di riduzione del cuneo contributivo per le fasce più deboli e di impedire che coloro che guadagnano più di 75mila euro all’anno abbiano dei vantaggi, almeno nell’immediato, destinando le risorse del taglio previsto a un fondo di solidarietà a favore dei redditi più bassi per il caro bollette. Questo perché al momento il taglio dell’Irpef in Manovra sarebbe di 247 euro per i redditi oltre i 75 mila euro, per un costo totale tra i 250 e i 270 milioni di euro.
Cosa prevede la riforma e chi risparmierà di più
Al momento le aliquote sono cinque e si applicano tenendo conto del reddito lordo annuo (cioè, lo stipendio mensile lordo, al netto delle ritenute, moltiplicato per le mensilità percepite). Fino a 8mila euro di reddito c’è la cosiddetta No Tax Area: quindi un lavoratore che guadagna meno di questa cifra non deve pagare l’Irpef. Quest’ultima fascia resta praticamente immutata a 8.174 euro e viene innalzata di poco solo per pensionati e autonomi.
Con un reddito lordo annuo tra i 8mila e i 15mila euro al momento l’aliquota è fissa al 23%. Con la riforma la percentuale rimane invariata, come quella prevista dai 50mila ai 75mila al 43%. Si abbassa, invece, quella della fascia dai 15mila ai 28mila che dal 27% passa al 25%. Infine, la fascia dai 28 mila ai 55mila (che fino ad ora prevedeva l’aliquota al 38%) e quella dai 55mila ai 75mila (al 41%) vengono unite in un’unica fascia di reddito che va dai 28mila ai 50mila al 35%. L’ultima fascia di reddito che prima andava dai 75mila in su e prevedeva il 43%, si abbassa a sopra i 50mila mantenendo la stessa percentuale di aliquota.
In base ai primi calcoli, a risparmiare di più sarà così il ceto medio, cioè la fascia che ha un reddito lordo annuo compreso tra i 28mila e i 50mila euro che secondo le stime si ritroveranno con circa 320 euro all’anno in più per chi ha un reddito di 30mila euro fino a un massimo di 920 euro per chi ha un reddito di 50mila euro. Per le due fasce più basse i risparmi saranno minori: 100 euro per chi ha un reddito di 20mila euro, 8,3 euro al mese.
Numeri che devono essere presi a titolo indicativo dal momento che non tengono conto delle detrazioni, deduzioni e bonus fiscali di altro tipo e sui quali interventi mirati sono tuttora allo studio.
Critiche e polemiche
Non è ancora definitivo, ma il progetto di riforma ha scontentato più parti. Dal segretario della Cgil, Maurizio Landini che rivendica la necessità di tutelare anche i redditi più bassi, a Confindustria che richiama l’attenzione su imprese e aziende, soprattutto riguardo il taglio progressivo dell’Irap (imposta pagata dalle imprese, dalle società, dagli enti e dalle amministrazioni pubbliche non in proporzione all’utile di esercizio, ma al fatturato). Secondo l’accordo raggiunto nella maggioranza, la tassa verrà abolita per autonomi, imprese individuali e startup, quindi persone fisiche e imprenditori e non imprese.
“Intervenire sulla fascia di reddito medio significa premiare i lavoratori dipendenti, una categoria di contribuenti da cui proviene una buona parte del gettito nazionale. Se l’accusa è che la riforma premia il ceto medio, è vero, ma si tratta di una questione di priorità, una scelta di politica economica – sottolinea a Dealflower Salvatore – di conseguenza le lamentele di Confindustria e dei sindacati sono legittime, perché è vero che le imprese, ad esempio, sono stata lasciate a margine dell’intervento”.
Per accontentare tutti, però, le risorse ora a disposizione non bastano, da qui la scelta di occuparsi di una fascia di reddito ben precisa. “Come detto da Confindustria, ci vorrebbero almeno 13 miliardi di euro per accontentare tutte le categorie. Se l’intervento fosse ricaduto su tutte le fasce di reddito con questo budget, sarebbe stato solo l’ennesimo intervento a pioggia che finisce per dare poco a tutti e non interviene in modo incisivo per migliorare un sistema che da anni necessita di un cambiamento strutturale”, aggiunge l’avvocato.
È invece urgente, propone Salvatore, iniziare a operare su interventi strutturali, più necessari rispetto “ai 500 o 600 euro per famiglia da spalmare in un anno che alla fine non spostano così tanto il l’ago della bilancia del budget familiare”. Ad esempio iniziando a riordinare tutta la normativa in materia tributaria, “cioè codificare tutte le leggi, ridurre il numero delle norme e, riguardo le future normative, evitare azioni retroattive come sta accadendo forse per il Patent box “, ossia il regime opzionale di tassazione agevolata per i redditi derivanti dall’utilizzo di software protetto da copyright e di brevetti industriali, di disegni e modelli.
Ma anche migliorare il rapporto tra amministrazione finanziaria e contribuente, cercando di non ridurre sempre il rapporto ad un approccio “guardie e ladri” ma promuovere invece collaborazione e fiducia reciproca. E ancora urgentemente, “iniziare a rivedere la giustizia tributaria, con l’introduzione di giudici professionali nominati per concorso per avere un livello più alto delle sentenze per le questioni più complicate e processi tributari o revisionare il modello sanzionatorio, spesso sproporzionato”, conclude Salvatore. Di tutto ciò, di tali iniziative beneficerebbero indistintamente tutti i contribuenti e in particolare le imprese sia nazionali che esteri.