A livello globale il mercato vale 130 miliardi di dollari in termini di volumi, circa il 3,25% del Nav dei private equity, e negli ultimi 15 anni, stando ai dati di Jefferies e Hamilton Lane, è cresciuto del 15-20%. Parliamo del secondario, ossia quel mercato che consente agli investitori istituzionali che hanno investito in quote di fondi di liquidarle prima della naturale scadenza, cedendole ad altri fondi specializzati.

Preqin ha invece calcolato che nel 2021 le masse amministrate da fondi di secondario sono lievitate a 400 miliardi di dollari, il 6% del mercato totale del private equity, dai 300 del 2020, e la strada della crescita pare ormai tracciata. Questo anche perché negli anni sempre più soggetti come fondi pensione, casse di previdenza, family office hanno iniziato a investire nei fondi chiusi, i quali però hanno particolari esigenze di liquidità.

E in Italia? Non ci sono dati al momento relativi al nostro paese ma anche qui qualcosa pare muoversi. È notizia di qualche mese fa, ad esempio, del lancio del primo fondo di secondario italiano da parte di Metrika sgr che avrebbe già raccolto almeno 40 milioni su un obiettivo di 80. Un solo fondo non fa un mercato, ma è sintomatico del fatto che anche qui si senta il vento soffiare.

Di cosa parliamo quando parliamo di secondario

Per fare chiarezza, il secondario consente di dare liquidità al general partner e quindi di rendere liquido il mercato. Queste operazioni possono essere LP deals, cioè la compravendita di quote in fondi chiusi, e GP-lead secondaries cioè quelle operazioni, che rappresentano oltre il 50% del mercato, in cui il fondo organizza la vendita di uno o più asset in un continuation fund, cioè un fondo creato ex novo, per continuare a gestire quello o quegli asset.

Giuliano Guarino

Tecnicamente è un’exit che precede poi quella tradizionale di vendita a un altro fondo, a una corporate o la quotazione. “È come riazzerare l’orologio di un asset”, spiega Giuliano Guarino, co-head dell’Italia per Dc Advisory. Quando avviene? “In situazioni in cui o questo asset va particolarmente bene, per puntare su un incremento del valore o perché questo non coincide con la valutazione di mercato quando siamo vicini alla scadenza del fondo, o al contrario per asset che performano poco o sono complicati perché ad esempio non rispettano parametri esg o legati ad altri trend del momento”, aggiunge.

I driver di crescita

Per Guarino il mercato continuerà a crescere poiché, dal momento in cui uscire da un asset sta diventando più complicato, questo tipo di operazioni consente di dare liquidità. Poi c’è il tema degli investitori, di cui si parlava prima. Se guardiamo ai trend globali, sempre più LPs, che in questi anni hanno incrementato la quota di investimenti sul mercato privato stanno guardando al secondario per la gestione del proprio portafoglio. Sempre secondo i dati di Jefferies e Hamilton Lane, il 74% dei Limited partners che nel 2021 hanno venduto quote sul mercato secondario lo avevano già fatto in passato mentre la restante parte si è approcciata per la prima volta. Parliamo soprattutto di fondi pensione (35%,) assicurazioni (11%) e soggetti come family offices e fondazioni.

Chi li gestisce?

Se in Italia siamo agli albori, all’estero il mercato è appannaggio dei soliti noti. Carlyle acquisì già nel 2011 AlpInvest Partners, compreso il segmento di investment solutions che oggi conta 66,2 miliardi di masse di cui 22 miliardi riconducibili al secondario mentre Blackstone, pochi anni dopo, acquisì da Credit Suisse la linea di business Strategic partners che all’epoca aveva 9 miliardi di masse e oggi ne conta 62,6 miliardi, 20 dei quali provenienti dai nove fondi di secondario lanciati. Più di recente, e nello specifico nel giugno 2021, Ares ha acquisito un player focalizzato proprio su questo comparto, Landmark Partners, con fondi attivi per 19,5 miliardi di masse. Nel complesso i fondi, tra cui figurano quelli di Ardian, Goldman Sachs e Coller Capital, hanno in pancia una dry powder per oltre 85 miliardi di dollari raccolti negli ultimi cinque anni.

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