Il venture capital prende il volo nel primo semestre del 2022. Da gennaio a giugno di quest’anno, infatti, sono stati investiti in realtà italiane (con sede in Italia o all’estero con founder italiani) 1,1 miliardi di euro in 172 round (erano 808 milioni nel primo semestre 2021 in 153 round).

Lo riporta la ricerca Venture Capital Monitor (Vemtm) sulle operazioni di venture capital in Italia, realizzato dall’Osservatorio Venture Capital Monitor (Vemtm) attivo presso Liuc Business School e realizzato grazie al contributo di Intesa Sanpaolo Innovation Center e lo studio legale E. Morace & Co. e al supporto istituzionale di Cdp Venture Capital e Iban.

“I numeri sorprendenti, per un primo semestre dell’anno così complicato per via degli scenari economici e politici che si stanno sviluppando, mostrano che l’innovazione è fondamentale per permettere all’economia di avanzare anche e soprattutto nei momenti di crisi – afferma Innocenzo Cipolletta, presidente Aifi -. I dati dimostrano anche che le startup domestiche hanno tutte le caratteristiche per diventare le grandi società del futuro visto che in soli sei mesi è stato investito quasi un miliardo su quelle italiane”.

Le realtà made in Italy attirano più interesse

A trainare la crescita nel primo semestre del 2022 sono stati gli investimenti realizzati nelle realtà made in Italy: 957 milioni di euro distribuiti su 161 round, più del doppio rispetto ai 429 milioni per 141 operazioni dello stesso periodo del 2021. Gli investitori domestici sono stati quelli ad aver mosso più capitale, 671 milioni in 147 round (in netto aumento rispetto ai 223 milioni di euro in 129 round dell’anno scorso). Ma anche gli investitori internazionali hanno dato il loro contributo, solo più contenuto: si parla infatti di 286 milioni di euro investiti in 14 round, rispetto ai 206 milioni in 12 round del primo semestre di 2021.

Al contrario, lo studio registra un rallentamento sull’ammontare investito in realtà estere fondate da imprenditori italiani che passa da 379 milioni a 176 milioni di euro, con un numero di operazioni in linea con l’anno precedente (11 round rispetto ai 12). In questo caso i maggiori finanziamenti derivano dagli investitori internazionali (172 milioni in 8 round contro 4 milioni in 3 round degli investitori domestici).

Quanto ha agito la filiera dell’early stage

Il totale degli investimenti in technology transfer dal 2018 al primo semestre del 2022 è stato pari a quasi 400 milioni di euro su 175 operazioni. Questi risultati sono arrivati grazie anche all’impatto dei fondi della piattaforma Itatech che ad oggi hanno raccolto complessivamente quasi 300 milioni di euro realizzando, dal 2018, 108 investimenti per un ammontare totale pari a 137 milioni di euro (compresi i co-investitori).

Nel primo semestre dell’anno si conferma poi la presenza di imprese nei round di venture capital. In particolare, è stata registrata la partecipazione delle corporate negli investimenti a supporto delle realtà imprenditoriali nascenti o nella fase di primo sviluppo in circa il 22% dei round complessivi.

Relativamente alle sole startup con sede in Italia, venture capital e corporate venture capital hanno investito 193 milioni di euro su 99 round. Le attività di sindacato tra venture capital, corporate venture capital e business angel, invece, hanno fatto registrare investimenti pari a 765 milioni di euro su 62 operazioni e i soli business angel hanno investito 27 milioni in 18 round. Il totale di queste attività porta la filiera dell’early stage in Italia ad aver investito 985 milioni di euro su 179 round (erano 466 milioni su 167 round nel I semestre 2021).

Settori e regioni più ricercate

Come per gli anni passati, a livello di investimenti initial, la Lombardia è la regione in cui si concentra il maggior numero di società target, 59, coprendo il 38% del mercato (37% nel I semestre 2021, ma con un numero inferiore di deal, 49). Seguono Lazio (14%) e Piemonte (9%).

Dal punto di vista settoriale, l’Ict monopolizza l’interesse degli investitori di venture capital, rappresentando una quota del 40%. L’Ict è costituito per un 41% da operazioni su startup nel comparto dei digital consumer services, e per il 59% su società con focus su enterprise technologies. A seguire, il 10% degli investimenti initial è stato diretto verso i servizi finanziari (fintech) e l’8% verso l’healthcare.

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