Lo spazio non sembra più una frontiera. Lo scorso luglio Jeff Bezos ha varcato in prima persona i confini del cielo per inaugurare la nuova era del turismo spaziale targata Blue Origin. Space X di Ellon Musk, che vale oggi 90 miliardi, porterà iPhone e Apple Watch nello spazio per monitorare le condizioni dell’equipaggio. Secondo Statista la space economy nel 2019 era già valutata 423,8 miliardi di dollari. Cifra confermata da Gianluca Dettori, fondatore e partner di Primo Ventures che nel 2020 ha lanciato Primo Space, il primo fondo italiano che investe nell’economia spaziale.

Nel 2030 – spiega a Dealflower – siamo pronti a toccare il triliardo. Questa crescita significativa è collegata all’ingresso dei privati sul mercato e nel business spaziale. La tecnologia che le aziende private stanno sviluppando in campo spaziale sta diventando tecnologia leader. Questa situazione sta aprendo il mercato commerciale spaziale, sempre più accessibile a imprese e startup“.

(Gianluca Dettori)

 

La space economy, quindi, non è solo affar statunitense. Anzi. Nel Pnrr per le tecnologie satellitari e l’economia spaziale sono previsti 1,29 miliardi di euro: gli investimenti saranno dirottati sulle infrastrutture satellitari per il monitoraggio digitale a tutela del territorio e in generale nell’economia dello spazio e nelle tecnologie emergenti. “Allo spazio – si legge nel piano nazionale di ripresa e resilienza – è ormai ampiamente riconosciuto il ruolo di attività strategica per lo sviluppo economico, sia per il potenziale impulso che può dare al progresso tecnologico e ai grandi temi di ‘transizione’ dei sistemi economici“.

Non a caso esiste un piano strategico “Space Economy” nato proprio dai lavori della Cabina di Regia Spazio, l’iniziativa promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per la definizione della politica nazionale nel settore spaziale. Il piano si propone anche come primo esempio di piano attuativo della Strategia Nazionale di Specializzazione Intelligente, rispondendo alla richiesta della Commissione Europea di programmare i fondi strutturali sulla base di una strategia unica integrata, dalla ricerca alla produzione.

Investimenti alle stelle 

La situazione della space economy assomiglia un po’ a internet vent’anni fa. Internet era un’infrastruttura pubblica che è stata resa accessibile ai privati. Lo spazio era un settore di ricerca e alta tecnologia essenzialmente pubblico, oggi è largamente privato“, spiega Dettori. “Gli ultimi 5 anni sono cominciati a crescere gli investimenti di venture capital, negli Usa come in Europa. Nel 2019 ci sono stati 4 miliardi di investimenti in startup spaziali che è il doppio dell’anno precedente. C’è anche attività di m&a: società come Google, Apple, Uber comprano società e startup spaziali”.

L’Italia in tutto questo scenario è assolutamente ben posizionata: “siamo nella sesta posizione al mondo. Abbiamo una legacy e una leadership. A livello europeo superiamo la Francia e la Germania in questo ambito. Questo è dovuto al fatto che attraverso il tessuto industriale – si pensi all’automotive – si arriva ad una filiera spaziale completa: si producono cioè motori, benzine, sistemi di bordo, elettronica, stazioni di terra, impianti di comunicazione e ricezione“, fa notare Dettori. Basti pensare anche, ad esempio, a grandi aziende come Leonardo o Avio.

(Fonte: Haver Analytics, Morgan Stanley Research forecasts)

Il fondo Primo Space sia del settore upstream che downstream, ovvero in tutta la catena del valore che, partendo dalla ricerca, sviluppo e realizzazione delle infrastrutture spaziali abilitanti,arriva fino allo generazione di prodotti e servizi innovativi. “È un mercato che sta esplodendo – continua Dettori – questo non significa che entrarci è semplice. Si può investire in aziende pubbliche quotate, ma accade raramente. Attraverso il venture capital si investe in aziende private nella fase iniziale di sviluppo“.

Ma la space economy sbarca a Piazza Affari e lo fa con un Eft, un fondo d’investimento a gestione passiva che replica l’andamento di un paniere di titoli, di nome Procure Space UCITS, presente sulla piattaforma HANetf in collaborazione con Procure Innovation. È sbarcato a Milano il 21 giugno e fa capo alla società YODA, ticket con un nome preso in prestito dal celebre personaggio di Guerre Stellari. Si tratta primo disponibile in Europa e risulta simile nell’impostazione all’americano UFO. L’ETF è stato sviluppato attraverso un apposito indice, di nome SPACE Index, che raggruppa 30 società il cui core business ruota attorno al mondo dei satelliti e dello spazio.

L’unione fa la forza 

Tutta questa spinta privata riduce i costi di lancio e amplia l’accessibilità. Il governo e i ministeri fanno bene a puntare su questo settore. L’Italia, infatti, può giocarsela a livello internazionale, partendo da una situazione di partenza molto vantaggiosa“, sottolinea Dettori. “Bisogna continuare a spingere, a investire, a innovare per creare un sistema di aziende. Più si riesce a spingere e investire, più si può diventare protagonisti. Questo settore richiede di sviluppare sinergie fra pubblico e privato. E creare sistema“.

Esempi in tal senso già non mancano. Si pensi a Thales Alenia Space (Tas), joint venture tra la francese Thales e Leonardo che ha firmato il contratto da 110 milioni di euro per la costruzione dei due moduli abitativi che verranno lanciati nel 2024 e 2025. O  Telespazio, altra joint venture tra Thales e Leonardo che fiorisce nel Centro spaziale del Fucino. Fra le altre cose, attraverso la sua società veicolo, E-Geos, Telespazio commercializza i big data spaziali prodotti da Cosmo Skymed. 

Thales Alenia Space Italia ed Officina Stellari (che progetta e produce telescopi ground based  e space based  di altissima precisione) hanno anche firmato un ampio accordo di cooperazione industriale per condividere conoscenze, asset industriali e competenze specifiche, mirando allo sviluppo di soluzioni, applicazioni e prodotti nelle aree di comune interesse, nel pieno rispetto dei rispettivi domini industriali e delle operazioni commerciali proprietarie in essere.

Stanno cominciando a diventare operativi grandissimi sciami di nano satelliti, che essenzialmente sono strutture di telecomunicazione. Sopra la nostra testa stanno andando in orbita migliaia e migliaia di fotocamere e radar, sensori di tutti i tipi che estraggono i dati poi usati in svariati business, dall’agricoltura alle assicurazione“, sottolinea ancora Dettori. E le frontiere sembrano davvero infinite: si pensi a Aiko che applica l’intelligenza artificiale alle missioni spaziali o alla startup LyteLoop, che tramite la fotonica consente di occupare meno spazio (almeno sulla Terra) e di consumare meno energia ed elettricità (non è necessario l’impianto di raffreddamento), con costi più bassi. Proprio quest’anno, l’azienda ha raccolto la fiducia degli investitori: con 40 milioni di dollari si prepara a mettere in orbita nei prossimi 3 anni tre prototipi di satelliti equipaggiati con la tecnologia di storage dei dati.

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