Un amarcord collettivo. Il crack di Silicon Valley Bank, banca specializzata in prestiti a startup, ha provocato una crisi dei mercati borsistici europei e statunitensi anche perché ha riportato alla mente e al cuore il fallimento di un’altra banca, la Lehman Brothers, nel non così tanto lontano 2008. Le conseguenze di quel grande e storico fallimento le stiamo ancora subendo.
Tuttavia la crisi sui mercati è rientrata in poco tempo perché, a differenza di 15 anni fa, il contesto è molto diverso. Ma in che misura? Il sistema bancario – e tutto ciò che vi è legato – è davvero sicuro? Ne abbiamo parlato con Francesco Di Carlo (nella foto), co-managing partner dello studio legale e tributario Fivelex.
Non è il 2008, perché? Cosa cambia in particolare a livello regolamentare?
La crisi del 2008 aveva delle radici differenti rispetto al default della Silicon Valley Bank. L’elemento che accomuna l’inizio della crisi del 2008 e il default della Silicon Valley Bank è il rialzo dei tassi di interesse, ma il contesto è diverso: allora il sistema bancario era caratterizzato da una regolamentazione differente e, in particolare, da requisiti quantitativi e qualitativi patrimoniali molto diversi da quelli attuali. La normativa bancaria è mutata in modo significativo dal 2008 ad oggi: a livello comunitario, il regolamento Crr (capital requirements regulation) emanato nel 2013 ha perseguito e raggiunto l’obiettivo di rafforzare i requisiti patrimoniali delle banche nell’Unione Europea, portando le stesse ad avere oggi una maggiore solidità e capacità di sostenere perdite e superare momenti di stress economico rispetto al passato. Tra gli altri presidi introdotti con il Crr vi è stata anche l’introduzione di nuove regole specifiche sui rischi di tasso.
Il sistema è dunque davvero al sicuro? Perché secondo Lei il mercato Ue ha reagito così male?
Certamente il contesto normativo e del sistema bancario europeo sono maggiormente rassicuranti che in passato. Penso che la reazione dei mercati finanziari sia a volte determinata anche da emotività, non trarrei conclusioni dalla reazione dei mercati finanziari Ue a ridosso della notizia.
In Italia e in Ue una cosa simile sarebbe potuta succedere? Negli Usa perché sì?
Una normativa analoga al Crr fu emanata negli Stati Uniti a seguito del fallimento di Lehman Brothers. La normativa europea è stata da sempre giudicata di maggior rigore rispetto a quella statunitense e per questo anche criticata. Va poi considerato che nel 2018 è stato effettuato negli USA un intervento di deregulation, che ha comportato l’applicazione di una vigilanza più morbida per le banche con attivi inferiori a 250 miliardi di dollari, come SVB, anche con riguardo ai requisiti patrimoniali. Fermo restando che le autorità americane stanno ancora accertando le cause e le responsabilità del default di SVB ed è prematuro tirare conclusioni, da più interventi di esponenti autorevoli dell’industria bancaria internazionale e della politica americana emerge una comprensibile focalizzazione sulla deregulation intervenuta in ambito bancario negli USA e l’esigenza di rivalutare l’adeguatezza della normativa statunitense.
La regolamentazione Ue attuale consente di prevenire situazioni simili? Che ruolo dovrebbero avere le autorità di regolamentazione in questo senso?
Come detto, la regolamentazione UE contiene strumenti volti a prevenire situazioni simili, attraverso strumenti di presidio dei diversi rischi, incluso quello di tasso, e la previsione di requisiti patrimoniali delle banche rafforzati rispetto al passato. Le autorità di vigilanza hanno un ruolo sia regolamentare, che consiste nell’emanazione di disposizioni normative, sia di controllo. La normativa regolamentare europea, così come l’approccio alla vigilanza, sono in continua evoluzione e l’evoluzione è ovviamente condizionata dal contesto di riferimento e dalle esperienze.