Quattro miliardi di euro. Il governo sperava di incassare tanto con la tassa sugli extra profitti delle banche. Il primo decreto risale allo scorso mese di agosto. E adesso siamo ormai alla fine del 2023. Quanti soldi sono entrati in questi tre mesi? Zero. Su undici banche, zero euro.

Pare che qualcuno abbia concesso agli istituti di aggirare questa tassa. E quel qualcuno è il governo stesso. In buona sostanza, l’esecutivo prima ha detto alle banche: “Pagate”. Poi si è corretto: “Pagate, se volete”.

Spiegazione. Le banche hanno beneficiato parecchio dell’aumento dei tassi d’interesse della Bce per contenere l’inflazione, e questo ormai è assodato. Senza contare che in Italia, gli istituti di credito rappresentano i soggetti più forti tra le quotate a Piazza Affari. Un po’ come le società del lusso in Francia, e quelle industriali in Germania. E così il governo ha pensato: se una quota di questi extraprofitti finisse allo Stato, si potrebbe utilizzarla in maniera virtuosa. Ad esempio potrebbe diventare un aiuto per chi intende aprirsi un mutuo per l’acquisto delle prime case, o anche solo per tagliare le tasse.

 

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Chi ha cambiato il testo della legge della tassa sugli extraprofitti?

Certamente una buona idea. Peraltro presa sul serio anche dal mercato: il giorno dell’annuncio tutti i titoli bancari sono letteralmente crollati in Borsa: Unicredit -9%, Intesa Sanpaolo -8%, Bper -7%. 

Poi cos’è successo?

Di sicuro le perplessità espresse dalla Bce hanno influito: “Il provvedimento della tassa sugli extraprofitti potrebbe generare una sorta di frammentazione del sistema finanziario europeo” ha fatto sapere. Pressioni vere e proprie, tuttavia, non ce ne sono state. Intanto però al Senato il testo viene cambiato, su emendamenti presentati dalla maggioranza di governo stessa. Risultato: le banche possono scegliere di non pagare la tassa, a patto di destinare un importo maggiore alla tassa stessa, pari a due volte e mezzo il suo valore, per rafforzare il proprio patrimonio.

Ecco l’elenco delle banche che non pagheranno la tassa

Quindi, in buonissima sostanza, le banche scelgono se pagare 1, o in alternativa destinare 2,5 a… se stesse. Una sorta di garanzia per la solidità del sistema bancario italiano, garanzia di cui però non c’è alcun bisogno, perché il sistema è già molto solido (vedi il mancato contagio della crisi bancaria Usa dello scorso mese di marzo).

Questo l’elenco delle banche che hanno deciso di non versare la tassa: Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mediobanca, Banco Bpm, Banca Popolare di Sondrio, Credem, Mediocredito Centrale, Mps, Bper Banca, Credit Agricole Italia, Bnl e le Bcc.

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