Colpo di scena in Tim. A sorpresa il Cda della società di tlc, a maggioranza, ha deciso di cooptare Alessandro Pansa quale nuovo consigliere del Board, dopo le dimissioni avvenute a gennaio scorso di Arnaud de Puyfontaine, ad di Vivendi (primo socio con il 23,75% di Tim) dalla carica di consigliere.
Una nomina che lascerà il segno visto che il favorito fino all’ultimo era Luciano Carta, ex presidente di Leonardo, e uomo espressione dei francesi.
Tim sceglie un uomo interno
Il Cda, dopo aver sentito il parere del Comitato Nomine, ha fatto la sua scelta, puntando su una figura che di fatto è già all’interno del perimetro della società e che quindi ha un quadro chiaro di tutta la situazione.
Leggendo il curriculum del nuovo amministratore, emerge che dopo una lunga carriera nella Polizia dal 1976 al 2018 che lo ha portato nel 2016 ad essere nominato capo del Dis (Dipartimento delle informazioni per la sicurezza), dal 2019 è presidente di Sparkle (società di Tim) e dal 2022 anche di Tesly (il centro di competenza del Gruppo Tim per la sicurezza delle comunicazioni, la cybersecurity e la quantum security).
Netco, scontro aperto tra Tim e Vivendi sulla rete
La nomina di Pansa è indubbiamente una mossa che rafforza il ruolo e il consenso nei confronti dell’ad, Pietro Labriola, da mesi impegnato nell’impresa titanica di dare vita ad una rete nazionale attraverso la vendita della costituenda Netco (che racchiude al suo interno l’asset di rete fissa, le attività wholesale domestiche e quelle internazionali di Sparkle). Un dossier, quello della vendita della rete, che ha da subito visto sideralmente lontani Tim e Vivendi. Il nodo, come spesso accade nel mondo della finanza, ha sempre riguardato il prezzo.
Le ultime nuove offerte presentate da Kkr e dalla cordata Cdp-Macquarie, interessati al dossier, sono molto distanti dai desiderata dei francesi. Secondo Vivendi una valutazione congrua dell’asset si aggira attorno ai 31 miliardi di euro.
Nell’ultima tornata di rilanci Kkr avrebbe messo sul piatto 23 miliardi e vedrebbe favorevolmente un coinvolgimento del fondo infrastrutturale F2i ( si parla di una quota attorno al 10-15%) che entrerebbe in consorzio con la società americana. In questo modo verrebbe garantito il presidio dell’italianità. Che ci siano dei contatti, lo ha confermato proprio l’ad di F2i, Renato Ravanelli. “Stiamo dialogando con i soggetti coinvolti”, ha detto qualche giorno fa il top manager.
Dal canto suo la cordata Cdp-Macquarie, pur ferma su una valutazione di poco superiore ai 19 miliardi, avrebbe migliorato le condizioni rendendosi disponibile a scorporare gli asset di Open Fiber, con l’acquisizione delle aree nere – quelle di maggior valore – da parte degli australiani, mentre le aree bianche e grigie resterebbero in capo alla Cassa. Proposte che i francesi hanno rispedito al mittente, definendo “inconsistenti” gli ultimi rilanci, a valle dei quali ha ritenuto che si possa “chiudere in modo definitivo la stagione delle offerte”.
Da uomo interno, è facilmente ipotizzabile che Pansa si schieri a favore di Labriola e quindi a favore della scelta che il Cda farà in merito alle proposte ricevute. Uno scenario ben diverso se invece nel Board fosse entrato un uomo espressione di Vivendi, ovverosia Carta.
Occhi puntati sui prossimi Cda
Per capire quanto duro sarà lo scontro all’interno del Cda bisognerà aspettare i Cda convocati per la prossima settimana. Nel dettaglio il 19 giugno il Board si riunirà per valutare le offerte per la rete che sono arrivate sul tavolo di Labriola venerdì scorso e su cui è stata chiesta una fairness opinion a cinque banche d’affari. Il 22 giugno invece i consiglieri dovrebbero decidere quale offerta scegliere.
Sullo sfondo resta la richiesta inviata da Vivendi al Cda di Tim affinché la cessione di Netco, qualora arrivasse una offerta che il Board considererebbe congrua, venga validata attraverso una assemblea straordinaria e non ordinaria. Una richiesta motivata dal fatto che, secondo i francesi, visto il miglioramento del conto economico di Tim la cessione non sarebbe poi così necessaria.
Non sedendo più nel Board di Tim, qualora la decisione passasse attraverso una assise ordinaria potrebbe rischiare di mettere i francesi in difficoltà. Un quadro che cambierebbe radicalmente se invece la convocazione assumesse un carattere straordinario. In questo ultimo caso, infatti, la maggioranza necessaria per dare semaforo verde all’operazione sarebbe dei due terzi dei presenti. E quindi Vivendi avrebbe molte più chance di poter bloccare l’operazione.