Un bagno di sangue, per il quotidiano Il Foglio. “Fuggi fuggi generale” scrive Il Messaggero, che il Corriere della Sera traduce in “vortice di compravendite”. Infine  La Stampa parla addirittura di “catastrofe”. Eccessivo? I numeri dicono quanto segue. Tim si è vista ridurre il suo valore di mercato del -13% in un colpo solo. In una sola seduta di scambi. Più di due miliardi di azioni vendute. E 1,8 miliardi di euro bruciati di capitalizzazione.

In condizioni normali, di quel -23,8% registrato nella seduta di giovedì 7 marzo se ne parlerebbe ancora a lungo. Ma il futuro dell’ex monopolista è ancora talmente avvolto dalla nebbia, che peraltro si è pure ingrossata dopo la presentazione del piano strategico, che forse il black thursday potrebbe essere dimenticato in fretta. Perché  la pressione su Tim, forse, è appena all’inizio.

Primi sviluppi? A parte il Cda straordinario di domenica, in cui il ruolo di Ceo di Pietro Labriola potrebbe iniziare a traballare, uno in particolare c’è già. Anche se non si tratta certo di un colpo di scena. Tra gli azionisti della società che rileverà Netco, il cui nuovo nome, come abbiamo già scritto in passato, sarà Optics Bidco, ci sarà anche il Canada Pension Plan Investment Board, la sigla è Cpp Investments. Il fondo pensione farà il suo ingresso accanto a Kkr, in maggioranza, che diventerà proprietaria dell’infrastruttura. Il gruppo canadese si è preso il 17,5% della rete Tim, sono circa 2 miliardi di euro ma nessuna sorpresa, si tratta del controvalore già previsto nell’ambito dell’operazione di vendita che attribuisce all’azienda l’enterprise value di circa 18,8 miliardi.

 

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Tim, cosa succederà dopo il 23,7% a Piazza Affari?

Che altro? Beh intanto c’è la netta sensazione che la conflittualità tra Tim e Vivendi vada avanti. Perché sul mercato pesa l’assenza dalla lista del Cda varata qualche sera fa di figure vicine e gradite al primo azionista francese, da sempre contrario alla cessione della rete. Qualcuno ha scritto che potrebbe esserci proprio Vivendi dietro il crollo in Borsa (ad esempio lo ha fatto il Il Giornale, qui). Ma come spiega lo stesso quotidiano fresco della nuova proprietà Angelucci, nuova sede in zona Lancetti, a Milano, mercoledì il piano senza la rete era stato approvato dal Cda di Tim all’unanimità, e quindi compresi i tre consiglieri vicini al gruppo francese che a novembre invece avevano votato contro lo scorporo.

Certo, la stessa Vivendi ha dichiarato di aver alleggerito la propria posizione in Tim nel giovedì nero di 1,7 miliardi di euro. In questo senso viene dato quasi per certo il sostegno a una lista alternativa a quella del Consiglio di amministrazione, pronta a ingaggiare il prossimo 23 aprile l’ultima battaglia su quel che rimane di Telecom Italia, contro la lista che invece mira a dare il via libera alla conferma di Pietro Labriola come amministratore delegato, che ovviamente vuole portare a termine il suo piano.

Labriola si appella alla chiarezza ma il mercato la chiede a lui per primo

Già, Labriola. “Dovremo fare chiarezza” diceva, mentre il titolo si trovava in pieno “falling knife”, coltello che cade, espressione tecnica usata nel trading che spiega quel momento in cui gli squali sentono l’odore del sangue. Il riferimento è quel crollo verticale che si è registrato nel pomeriggio, proprio durante il discorso dell’amministratore delegato davanti agli analisti: dal -13% del giro di boa, diciamo ora di pranzo, verosimilmente il minimo di giornata, si è capitombolati fino a quell’irreale -24%.

“Dovremo fare chiarezza”. E infatti la Consob ha avviato un’indagine per verificare questi numeri così anomali. Bisogna però considerare il fatto che il mercato è ben diverso da com’era una volta. Oggi ai fondi algoritmici basta seguire una traiettoria, così facendo l’accelerazione al ribasso è un’inevitabile conseguenza.

Però la chiarezza, gli analisti, non l’hanno vista già nella definizione del perimetro della nuova Telecom. “Il cash flow sarà positivo nel 2026”. Bene, ma qualche dettaglio in più? E poi, sarà con o senza Sparkle? Noi ne avevamo parlato qui, quando a inizio febbraio Tim aveva respinto l’offerta del Mef per rilevare la rete dei cavi sottomarini internazionali che collega anche il Medio Oriente con gli Usa, perché non soddisfacente (750 milioni di euro). Chiaro che la compagnia di Tlc voglia vendere per alleggerirsi il più possibile dal debito, ma da quanto risulta dal piano industriale non sarebbe così evidente.

Il debito: i conti non tornano

Ed eccolo qui, il debito. L’altro fronte che proprio non ha convinto il mercato. Si sa, quei 20 miliardi di euro rappresentano da sempre il grande problema di Tim, assieme alla scarsa capacità di generare ricavi nel business dei servizi telefonici rendendolo sostenibile. Non che sia semplice: mica per niente per la tecnologia del 5G sono in corso trattative e operazioni m&a anche tra competitor, un po’ come sta avvenendo nell’automotive con l’elettrico.

Ora, se dal rosso di fine 2023 si tolgono i 14 miliardi che Tim ha già dichiarato di voler utilizzare per sgonfiare il debito, avanzerebbe, condizionale d’obbligo, una cifra attorno ai 6 miliardi. Condizionale perché la cifra rilevata e diffusa è ben più alta delle attese: 7,5 miliardi, che diventano 7 nel 2026. Una leva finanziaria eccessiva, evidentemente. “Ma fino a giugno ci sarà ancora la rete, e quindi continueremo a pagare interessi molto alti” è la spiegazione di Labriola.

In buona sostanza ballano un miliardo e mezzo di euro e i conti, almeno secondo gli analisti, non tornano. Nel momento in cui l’infrastruttura di rete viene ceduta al fondo americano in un’operazione che coinvolge lo stato italiano (il closing è previsto tra giugno e agosto) e un altro fondo importante come F2i, l’aspettativa è vedere il debito residuale fortemente abbattuto oggi e ridimensionarsi ancora fino al 2026 quando si concluderà il piano strategico. E invece…

La quiete dopo la tempesta

La quiete dopo la tempesta si è concretizzata nel rimbalzo a Piazza Affari di venerdì 8 marzo. Il titolo ha chiuso guadagnando il +4,8%, movimento fisiologico e decisamente atteso. Si attende la risposta della Consob sui movimenti anomali della seduta di giovedì ma potrebbero volerci giorni. E soprattutto potrebbe risolversi in un niente di fatto per la questione degli hedge fund che agiscono tramite algoritmi. Entro il 28 marzo potrebbe essere ufficializzata la lista alternativa al Cda sostenuta da Vivendi.

L’assemblea è attesa per il 23 aprile mentre la prima udienza sulla causa presentata da Vivendi nei confronti della cessione della rete fissa è… fissata per il 21 maggio. Il nodo è che l’azionista francese cercava un prezzo più alto rispetto a quello concordato. Intanto le trattative con il Mef per la cessione di Sparkle proseguono. Chissà se il black thursday non metta pressione alla trattativa. Aspettando che il piano strategico che copre fino il 2026, chiamato dal board di Tim stessa: Free To Run, libera di correre, mantenga le promesse come ha garantito Labriola. Per ora, viste come sono andate le cose, vien più da dire: “Free to Fall”, libera di cadere.

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