C’è un passaggio fondamentale all’interno delle slide presentate oggi da Tim al Capital Market Day. Ed è questo: “La combinazione della rete di Tim con quella di Open Fiber rimane l’opzione prioritaria/preferita per sbloccare considerevoli sinergie e consentire la piena valorizzazione della rete infrastrutturale. Ma solo se eseguito a condizioni vantaggiose sia per i detentori di azioni che per i detentori di debito”. Tradotto: al primo posto c’è la rete unica.
Tuttavia, il piano B esiste: “In caso di mancato perfezionamento dell’operazione, le opzioni alternative potrebbero comprendere, tra le altre, una cessione a investitori del mercato privato, vista la comprovata propensione attualmente manifestata per l’attività, oppure una separazione strutturale”.
“Separare per creare valore”
Dunque, la rete unica resta l’opzione preferita del piano, chiamato “Beyond vertical integration” (tradotto: oltre l’integrazione verticale tra servizi e infrastruttura). E per arrivarci, la proposta dell’amministratore delegato di Telecom Italia Pietro Labriola è separare la rete fissa dalla rete dei servizi, dopo aver ricevuto dal Cda il mandato per il conseguimento dell’obiettivo strategico del superamento dell’integrazione verticale e della riduzione del livello di indebitamento della società anche attraverso la valorizzazione di alcuni asset.
La soluzione studiata dal dirigente, come previsto, è dividere per creare valore. Osando percorrere una strada fin qui mai intrapresa da nessuno: staccare cioè la rete dai servizi dell’ex monopolista delle telecomunicazioni.
Come sarà la nuova NetCo, società di rete fissa
Si diceva dello scorporo: in pancia a NetCo, la società della rete fissa Tim, dovranno confluire i cavi sottomarini di Sparkle, una parte del backbone (la dorsale di linee che consentono interconnessioni a lunga distanza a reti locali), la rete primaria e secondaria di Fibercop. Obiettivo: 5,3 miliardi di ricavi nel 2030 (gli stessi registrati nel 2021) e un margine lordo di 2,7 miliardi (+0,7 mld rispetto all’anno scorso). Il tutto senza aumentare le tariffe, ma aumentando i clienti finali, con investimenti fino al 2025, quando la fibra -che sostituirà il rame– dovrebbe raggiungere quasi tutta l’Italia (piena copertura dal 2028).
Piano Tim, questione debiti e tagli
Questione debiti: in NetCo verranno trasferiti fino a 11 miliardi di debiti e quasi 22mila dipendenti. Dovranno scendere a 15mila, tra scivoli volontari e 140 milioni di costi straordinari all’anno. “Il nostro paese è sottopenetrata sia sulla banda larga che ultralarga, ecco perché il potenziale di crescita non sfruttato è enorme” ha detto Labriola. Mentre in una nota, Telecom Italia spiega che: “Netco può rappresentare il primo caso in Europa di realizzazione di un polo di infrastrutture e tecnologie di rete in fibra a disposizione di tutto il mercato e con una presenza capillare su tutto il territorio nazionale”. Il mercato di riferimento sarà quello all’ingrosso (wholesale), con l’obiettivo di accelerare la distribuzione della rete in fibra.
La società dei servizi si fa in tre
La società di Tim che invece si occuperà dei servizi, ServiceCo, si dividerà in tre. Le grandi aziende saranno il settore di EnterpriesCo. I servizi previsti sono il cloud, la cybersecurity e l’Internet of Things (ovvero la capacità degli oggetti di raccogliere ed elaborare dati in rete) attraverso le digital companies Noovle, Olivetti e Telsy. Proprio da questi ambiti l’attesa di crescita è maggiore. Dai 3 miliardi di ricavi del 2021 si vuole salire a 5 miliardi nel 2030.
Importante in questo senso sarà aggiudicarsi la gara del Polo Strategico Nazionale che vuole migrare al digitale i servizi della Pa, da cui l’attesa è di 2,7 miliardi di ricavi in dieci anni. Anche sul margine lordo della divisione l’obiettivo è di quelli importanti: dai 900 milioni di euro di fine 2021 a 1,7 miliardi. In aumento anche i dipendenti: dai 5.300 contati alla fine dell’anno scorso a quota 6.000 entro il 2025.
ConsumerCo, la grande sfida con la concorrenza
ConsumerCo sarà invece la società dei servizi alla clientela. Non ci si aspetta la crescita maggiore ma forse rimane la sfida più grande. Perché la concorrenza è agguerrita. L’azienda raggrupperà le attività della telefonia fissa e mobile (e quindi Tim e Kena) più Timvision. I ricavi scenderanno fino al 2024 (dai 6,8 miliardi del 2021 ai 6,4 miliardi a fine 2025). Margini e redditività torneranno una volta stabilizzato il mercato. Lo scorporo, spiega Telecom, comporterà costi maggiori legati all’accesso ma più flessibilità sulle tariffe. Per quanto riguarda i debiti, la quota stimata è inferiore ai 5 miliardi. Uscite? Anche in questo caso solo volontarie, sostiene Tim, con 250 milioni di costi straordinari all’anno per incentivi: in tutto gli esuberi saranno 9mila.
Prosegue Telecom Italia: “Facendo leva su una posizione di leadership presso la pubblica amministrazione e i grandi clienti, punta a conquistare quote in un mercato in crescita grazie alla spinta verso i servizi digitali. L’approccio è da Tech-company, sempre più integrato per un’offerta che valorizzerà le competenze e gli asset del gruppo, spinti dai trend di cloud, IoT e cybersecurity”.
Tim Brasil, nuovi scenari
Tim Brasil infine è già la società più profittevole dell’America Latina e continuerà il suo percorso di crescita, a partire dall’integrazione al 100% del Gruppo Oi, ex Telemar, il più grande operatore di telefonia fissa e quarto nel mobile in Brasile, la cui acquisizione è avvenuta ad aprile e da cui si attendono tra gli 8,7 e gli 11,7 miliardi di reais (valuta brasiliana) di valore. “Player di riferimento nel mercato sudamericano delle comunicazioni, continuerà nel suo percorso verso una Next Generation Telco, che ha già consentito di raddoppiare la remunerazione agli azionisti. Con l’acquisizione di Oi prevediamo un’accelerazione della crescita dei ricavi, dell’Ebitda e della generazione di cassa, con trend solidi”.
In conclusione
“Il piano consentirà di migliorare le performance operative con un focus economico finanziario specifico per ciascuna entità e di attrarre nuovi partner industriali e finanziari, permettendo di accelerare i processi innovativi e lo sviluppo di un’offerta sui nuovi business orientati alla transizione digitale”. “Raggiungere una struttura del capitale sostenibile, grazie ad un importante percorso di miglioramento della posizione finanziaria che prevede il deconsolidamento della rete fissa e l’eventuale ingresso di nuovi soci di minoranza in EnterpriseCo, società per la quale sono già arrivate diverse offerte (Cvc e Kkr).
Fusione con Open Fiber, tempistiche
Lo scorporo della rete dovrebbe completarsi nel 2023. L’eventuale fusione con Open Fiber (la società della fibra controllata al 60% da Cdp e al 40% dal fondo infrastrutturale Macquarie) arriverà entro 18 mesi dalla firma con Cdp, con cui c’è già una lettera d’intenti non vincolante. L’ostacolo è convincere tutti gli attori in causa: occorre infatti che ognuno dia il proprio benestare al progetto. L’accordo firmato a maggio dava tempo alle società firmatarie di sottoscrivere accordi vincolanti entro il 31 ottobre e la prima da convincere è Vivendi, maggiore azionista con il 23,75% del capitale (qui la composizione di tutti gli azionisti).
L’azienda francese ha fatto sapere che darà il suo benestare alla vendita della rete a una valutazione di 31 miliardi di euro. Secondo alcune perizie esterne, considerato il piano, la rete di Tim ha un valore d’impresa di almeno 25 miliardi. Anche Macquarie e Kkr dovranno dire la loro. “Ogni attività separata può crescere a essere autonoma, ottenendo risultati migliori e creando più valore per gli azionisti” ha concluso Labriola, definendo il piano “coraggioso”.