L’ultima ricerca in ambito finanziario di Toluna, digital market research agency, punta la lente d’ingrandimento sul portafoglio di investimenti degli italiani, ma non solo: nell’indagine vengono messi a confronto investitori e non, con uno speciale focus sui giovani che ancora non investono, sui gap di genere e cultura finanziaria e sul potenziale impatto delle ultime grandi novità di settore, come Btp People e Esg.
La survey, condotta in due fasi, ha coinvolto a maggio 1000 investitori con più di 25 anni e 600 non-investitori, equamente divisi tra millennials e Gen Z, e a novembre 1000 over 25 con investimenti attivi. Ecco ciò che è emerso.
La grande barriera della cultura finanziaria
Il 43% degli italiani inizia a investire senza aver acquisito delle competenze in materia, affidandosi a broker o consulenti o confidando di apprendere con l’esperienza. Quasi un quarto degli investitori si reputa poco o per niente competente sul tema e il 57% “abbastanza”, mentre appena il 19% si ritiene molto preparato.
Questa mancanza di cultura finanziaria è anche il principale freno agli investimenti per i non-investitori delle generazioni Z e Y: il 43% non crede di avere una conoscenza adeguata sull’argomento. Da qui l’eventuale preferenza verso i prodotti più conosciuti, come azioni (26%) e criptovalute (24%), anche se più rischiosi. Interesse maggiore da parte dei Millennials, invece, per soluzioni di medio-lungo periodo, come conti deposito (22%), polizze assicurative (21%) e fondi pensione integrativi (18%).
A questa barriera si aggiungono, poi, la paura di perdere i propri risparmi (38%), l’ansia per l’incertezza dell’investimento (31%) e la ridotta disponibilità di denaro (34%). Cosa potrebbe, dunque, spingerli ad investire? Il principale driver sembrerebbe essere la prospettiva di un’entrata extra di denaro (34%), seguita dal desiderio di far fruttare i propri risparmi (33%) e di guadagnare nel medio-lungo periodo (31%).
Attualità: investire tra crescita dei tassi, Btp People ed Esg
L’aumento dei tassi di interesse da parte della Bce è stato visto dagli investitori italiani come un rischio (44%) – solo chi si reputa “molto competente” lo ha valutato come un’opportunità (32%). Quattro investitori su dieci hanno, quindi, variato la composizione dei propri investimenti e il 43% ne ha intenzione. Più spazio a titoli di stato (75%), criptovalute (63%), conti deposito (56%) e obbligazioni (55%). Discorso diverso se si tratta di investire nelle azioni: mentre il 44% ha aumentato o avviato investimenti azionari, il 21% li ha ridotti.
Un’altra rilevante novità arriva dalla norma (non ancora definitiva) della Legge di bilancio 2024 che mira all’esclusione dei titoli di Stato Btp People dal calcolo Isee dei piccoli risparmiatori. Quasi 2 investitori su 3 ne hanno sentito parlare e, se dovesse essere confermata, il 74% sicuramente o probabilmente investirà su questo prodotto. 4 su 10, infatti, sarebbero pronti a modificare il portafoglio attuale, diminuendo azioni (58%), fondi comuni (55%) e conti deposito (50%).
Riflettori accesi anche sui fondi Esg che, anche se noti solo al 26% degli investitori e quindi poco utilizzati (9%), possiedono un alto potenziale futuro per chi ne ha familiarità: il 46% dichiara che sicuramente o probabilmente vi investirà prossimamente. A guidare la scelta, però, non solo la sostenibilità: ugualmente rilevante anche la prospettiva di redditività.
Attenzione al gender gap
Attualmente il gender gap riguarda conoscenze, competenze e avversione al rischio. Appena il 14% delle donne investitrici, ad esempio, si ritiene molto preparato in materia (contro il 23% degli uomini) e il 50% ha avviato investimenti senza conoscenze pregresse (vs 38% uomini). Tra le più giovani, invece, il 18% non ha mai investito e non intende farlo in futuro – un dato di 10 punti percentuali superiore al corrispettivo maschile. Eppure gli insight lasciano intravedere opportunità in termini di consulenza: il 28% delle donne che attualmente investono, infatti, si sono rivolte a un broker o un consulente, contro appena il 17% degli uomini.
Come e a chi spetta, dunque, il compito di guidare gli italiani verso gli investimenti? “Entrambi i gruppi interessati dall’indagine sono concordi nell’affermare che queste iniziative devono in primis essere compito del governo (72% investitori over 25 e 67% non-investitori Gen Z e Millennials), con agevolazioni fiscali e regolamentazioni per una maggiore trasparenza e protezione degli investitori. – afferma Pietro Dinoia, research manager di Toluna -. Considerate potenzialmente molto utili anche campagne informative caratterizzate da un linguaggio più comprensibile (50% e 41%) e attività di formazione in scuole e università (49% e 46%). Più aperti a iniziative ad opera dei media (38%) e ai canali digitali (35%) Gen Z e Millennials”.