Chiamiamole contraddizioni dell’era dei maxi-tassi. Dopo diversi anni col denaro a costo zero, ora indebitarsi è diventato molto più costoso. Dunque, per comprare casa, finanziare gli investimenti, chiedere un prestito al consumo bisogna fare i conti e farli bene.
Così l’aumento dei tassi d’interesse, determinato da questo alto (e ormai) strutturale livello dei prezzi, si ripercuote anche sulle strategie societarie di merger and acquisition (m&a). Sembra essere precipitati di nuovo nell’era dell’incertezza, dove anche le fusioni e le acquisizioni tra aziende vengono valutate con più attenzione. E i top manager preferiscono procrastinare le operazioni di aggregazione convinti che il momento non sia il migliore. È difficile valutare i concambi se si tratta di società quotate, è difficile calcolare quanto possa pesare sul lungo termine il costo del debito dell’impresa che si compra, magari a sconto rispetto ai suoi fondamentali, perché precipitata in una crisi di modello di business.
Il calo sul mercato Emea
I dati di Mergermarket e Datasite relativi al terzo trimestre 2023 descrivono bene questo fenomeno, guardando l’area allargata Emea, Europa, Medio Oriente e Africa. C’è un crollo dei volumi delle fusioni. Un calo del 32,9% su base annua, con sole 2.790 operazioni, ai minimi dal terzo trimestre 2020 quando eravamo in piena pandemia e gli investitori stavano cercando di orientarsi col deflagrare del Covid 19. Così scopriamo che molte transazioni, seppur annunciate, svaniscono in un battito di ciglia o restano appese ad infinite procedure di valutazioni sulla concorrenza come insegna ora il caso Ita-Lufthansa. Operazioni procrastinate per un ventaglio di sfide irrisolte.
Come l’economia nella morsa dell’inflazione e delle incognite sulla crescita, gli stress finanziari deflagrati negli Stati Uniti a partire dai fondi di venture capital e gli investimenti in startup scoppiati nel crac della Silicon Valley Bank. Come le tensioni geopolitiche: il mondo precipitato in una nuova Cortina di ferro, la Russia estromessa dal circuito di transazioni Swift, il pesante impatto incrociato delle sanzioni tra i due blocchi Est e Ovest. E ancora: il giro di vite nelle regolamentazioni e nell’Antitrust con visioni del mondo quasi contrapposte. Quella europea, alla voce DgComp guidata da Margrethe Vestager, più restrittiva e più attenta alle ripercussioni delle fusioni societarie per gli impatti a valle della filiera, cioè sui consumatori finali. E l’Authority più lasca, quella americana, che ha finito per consentire il monopolio in alcuni segmenti delle grandi Big Tech.
Frena anche il private equity
Anche il volume delle acquisizioni guidate da private equity è crollato del 59% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 196,66 miliardi di dollari, secondo l’ultimo studio Dealogic. E il valore complessivo delle grandi operazioni è diminuito di oltre la metà rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Però non tutto va in questa direzione.
Nei prossimi mesi ci saranno molti riacquisti di azioni e molti soci di controllo proporranno buyout delle loro filiali quotate in Borsa: sono indicatori della convinzione che i mercati saranno più forti entro il prossimo anno. La società di consulenza strategica Bain ha anche osservato un numero crescente di acquisizioni con impronta Esg, cioè ispirati ai criteri di sostenibilità.
Il traino Esg
In particolare, la società di consulenza stima che un’operazione su dieci incorpori oggi una componente Esg.
Due sono le principali tipologie di operazioni industriali: alcune realtà stanno acquisendo business potenzialmente sinergici per accedere più rapidamente a segmenti di mercato più green, altre sono alla ricerca di opportunità che possano migliorarne le capacità produttive in ottica di perseguimento degli obiettivi di sostenibilità ambientale. Resistono, dimostrando ancora una certa vitalità alcuni settori, tra cui il farmaceutico e i servizi finanziari.
Sul fronte farmaci e life science continua l’attività di investitori strategici nazionali e internazionali spinti dall’opportunità di ampliare il portafoglio prodotti e arricchire o completare la pipeline per conseguire i loro piani di crescita. Il segmento delle telecomunicazioni viene trainato dai leader della tecnologia, mondi che stanno andando verso una profonda convergenza. Quel che è certo è che le società dotate di liquidità e con bilanci ben gestiti hanno già colto selettivamente l’opportunità di espandersi.
I compratori Usa stanno ancora una volta dimostrando il loro dominio, sostenuti da un dollaro forte e da un’economia stimolata da un mercato del lavoro estremamente resiliente. Anche gli investitori rigonfi di petrolio non devono essere trascurati, come l’Arabia Saudita che contribuisce al valore delle transazioni, poiché i ricavi delle materie prime la proteggono da questo torpore.
Una retrospettiva sull’Italia
Guardando all’Italia la diapositiva più puntuale la elabora storicamente la società di consulenza Kpmg.
Il mercato italiano delle fusioni e acquisizioni (M&A), nonostante le incertezze, ha dimostrato un notevole grado di resilienza l’anno passato: nel 2022 sono state concluse 1.184 operazioni (-2,5% rispetto alle 1.214 operazioni dello stesso periodo dello scorso anno), per un controvalore pari a circa 80 miliardi di euro, rispetto ai 100 miliardi del 2021, su cui incideva però la conclusione dell’operazione Stellantis per quasi 20 miliardi.