Milano, Corso Vittorio Emanuele. È un martedì di inizio agosto, la città ha già iniziato a svuotarsi per le vacanze estive, ma alle 8,20 del mattino c’è un gruppetto di persone già particolarmente attivo davanti a un negozio della Swatch.
Per chi è appassionato di orologi, chi come me ha il partner, o parenti o amici con il feticcio delle lancette, o chi ha dimestichezza con i brand famosi, saprà cosa ci stanno a fare, lì, quelle persone. Sono in coda per acquistare uno degli Speedmaster MoonSwatch, orologio realizzato in collaborazione con Omega – che è sempre del gruppo Swatch – e riedizione del famoso Speedmaster Moon del brand di lusso, cioè l’orologio indossato dagli astronauti che per primi andarono sulla Luna nel 1969, nella missione spaziale Apollo 11.
Si tratta di una versione che costa 250 euro e quindi più economica rispetto ai classici Omega, il cui prezzo varia dai 6 ai 50 mila euro. Questo, unito al fatto che gli orologi sono acquistabili solo in negozio – la messa in vendita della collezione è stata pensata come una specie di evento che si è svolto in contemporanea in molte città del mondo – e a un’eccellente attività di marketing, hanno fatto scattare la corsa all’acquisto fin dall’inizio della commercializzazione del prezioso oggetto nel marzo scorso.
Il reselling
A guardarla meglio, però, la coda di persone, mi accorgo che c’è qualcosa di strano. Tra distinti signori, trentenni lavoratori nel business, coppie di turisti, la maggior parte del centinaio di persone in fila sono giovani, qualcuno non ancora ventenne, ragazzi maschi perlopiù, spesso di origini nordafricane o cinesi, che occupano i primissimi posti. “Sono qui dalle 3,30 e davanti a me c’erano già 30-35 persone“, mi dice un ragazzo, 17 anni, mentre osserva l’uomo con il foglietto in mano, intento a segnare i nomi di chi arriva e assegnare un posto in coda. Alle 8,20 sono il numero 109. I primi 80 sono occupati da giovani che hanno meno di 25 anni. Il foglio è tutto scritto fronte-retro e altra gente continua ad arrivare. Il negozio non aprirà prima delle 9,20, prospettando un attesa di almeno un’ora e mezza o due ore. Ma perché tutta questa attesa per acquistare un orologio? Per quei giovani in coda da quando è ancora buio c’è una sola risposta: rivenderlo.
Il fenomeno del reselling esiste già da diverso tempo. Consiste nella rivendita di un prodotto molto ricercato e mediamente costoso, solitamente in edizione limitata, a prezzo maggiorato, talvolta anche di ben oltre il 2-300% a coloro che lo vorrebbero. Il reselling interessa in particolare il mondo delle sneakers, da Adidas o Nike, ma anche altri capi di abbigliamento di vari brand come Supreme, e ha il puro e semplice scopo di creare un guadagno sulla differenza di prezzo tra l’acquisto e la rivendita.
A novembre 2020 il fenomeno reselling è diventato di massa per il caso Lidl. L’operatore della grande distribuzione ha messo in vendita scarpe da ginnastica della collezione streetwear low cost a soli 13 euro nei quasi 700 punti vendita italiani. L’articolo è andato esaurito in pochi giorni nei negozi fisici per poi riapparire online a prezzi che andavano dalle 50 alle 300 euro.
Guadagno netto
Lo stesso meccanismo è entrato in funzione per il MoonSwatch, che seppur non in edizione limitata, limita gli interessati all’acquisto al negozio fisico. “Quanti ne hai comprati da marzo?” chiedo al giovane di prima. “Almeno una trentina”, risponde, “soprattutto in questo periodo in cui non c’è scuola”. Swatch ha imposto l’acquisto di un pezzo massimo per persona, significa quindi almeno un mese di coda e notti insonni. E si rivendono facilmente? “Proprio ieri ne ho comprato uno che ho rivenduto questa mattina a 350 euro“, mi dice. Un guadagno netto di 100 euro. Ma la cifra può salire fino anche a 400 euro per alcuni modelli, come l’Urano, colore azzurro, perché “ne producono di meno e quindi si possono rivendere a di più”, mi dice un altro ragazzo con uno zaino sulle spalle che dice di chiamarsi Michele. Lui è più grande, avrà più di vent’anni, ed è italiano. “Da marzo ne ho comprati circa 300, do 20 euro a qualche ragazzo che si mette in fila per me”, spiega, “poi li rivendo su Milano ma anche all’estero, ho un contatto a Monaco e uno in Arabia Saudita, dove sono difficilissimi da trovare”.
Dove si rivendono? “Ovunque online, da Vinted a Ebay fino a Subito.it”, mi rispondono altri ragazzi posizionati tra i primi posti della fila. In effetti, digitando MoonSwatch, di orologi se ne trovano tanti online (anche repliche), nei siti più disparati e a prezzi che vanno dai 300 alle mille euro. Ma nessuno, a detta dei ragazzi, è disposto a spendere così tanto. La media è di 70-150 euro in più del prezzo originale. “A voglia a cercare camerieri”, commenta lapidario un uomo proveniente dalle Marche e a Milano per lavoro, in fila al posto 110. Sono ormai le 9,00 e il tizio col foglietto in mano ha fatto l’appello per formare la coda. Tra un “Pierino”, un “Fiorellino” e una serie di nomi cinesi, chiamano il mio nome e prendo posto.
E dalla Svizzera?
La commessa del negozio ha interrotto l’appello al numero 120, il numero di pezzi che solitamente mandano ogni giorno, esclusi i weekend. Le chiediamo se abbiamo qualche chance di comprare un colore che non sia il giallo o il rosa e ci rassicura che, forse, un Pluto (rosso bordò) o un Jupiter (marroncino) lo troviamo.
Ma è così ogni giorno? “Fortunatamente non nel fine settimana perché non ci riforniscono, altrimenti sì, è una situazione insostenibile che va avanti da marzo”, mi dice la signora mentre cammina svelta lungo la fila, con un tono che trapela esasperazione. “Ed è così nei negozi di tutto il mondo, in alcuni paesi hanno dovuto sospendere le vendite a causa dei disordini provocati dalle persone in coda e anche noi abbiamo dovuto farlo per circa un mese. Ormai i bar qui intorno odiano anche noi che non c’entriamo niente. Se dalla Svizzera non fanno qualcosa…”, aggiunge. Ma cosa esattamente? Non riesce a dirmelo perché altre persone la bloccano per scucirle una speranza. È difficile però che dalla Svizzera decidano di fare qualcosa, ad esempio iniziando a venderli online. Il reselling, volenti o nolenti che siano le aziende coinvolte, crea ulteriore attenzione attorno al prodotto rivenduto e al suo marchio e contribuisce a creare quell’aurea di esclusività, di must have, che è molto efficace a livello commerciale.
Di certo, nell’headquarter di Swatch hanno da che essere contenti dell’intuizione. Il gruppo svizzero ha infatti chiuso il primo semestre con un fatturato in crescita del 7,4% per 3,61 miliardi di franchi svizzeri (pari a 3,67 miliardi di euro) e con un margine operativo in crescita del 15,7% rispetto allo scorso anno e utili netti di 320 milioni di franchi (324 milioni di euro). I risultati migliori arrivano dal retail, anche grazie al successo dell’orologio MoonSwatch, venduto in 110 store a livello globale. Il ceo Nick Hayek ha esplicitamente detto che il prodotto ha generato un aumento di vendite del 50% nei negozi Omega, facendo quindi toccare all’azienda dei numeri record rispetto agli ultimi anni e finire tutte le scorte nelle prime settimane. Nel solo negozio in Corso Vittorio Veneto a Milano, mi spiega la commessa, “vendiamo dai 500 agli 800 pezzi a settimana”. Fanno qualcosa come 125 – 200 mila euro a settimana solo in quel punto vendita. E sarà così fino ad almeno fine anno quando dovrebbe terminare la collaborazione tra i due marchi. Non si sa se l’azienda la prolungherà o no.
Tra una chiacchiera e una sbirciata alle mail di lavoro arrivano le 10,30 circa, sono davanti alla porta d’ingresso nel negozio. Ne uscirò pochi minuti dopo trionfante, con un modello Pluto in mano che non è per me ma è un regalo. Nella strada per tornare in motorino mi imbatto in un gruppo di ragazzi che riconosco. Il cellulare in mano. Il pacchetto Swatch ancora intonso di fianco a loro.