Chi conosce Andrea Orcel non sarà rimasto sorpreso dai rumors e dalla concitazione della giornata di oggi venerdì 11 febbraio. In mattinata infatti Il Messaggero (giornale di proprietà di Francesco Gaetano Caltagirone) ha riferito di una possibile e imminente proposta di acquisizione, se non addirittura di un’opa, rivolta a Banco Bpm. Come prevedibile il titolo della banca guidata da Giuseppe Castagna, dopo un’apertura in cui non riusciva a entrare in contrattazione, è schizzato del 6% fino ad arrivare a +10% alle 17,30 per poi chiudere a +9,8% a 3,57 euro per azione.
Fonte: Borsa Italiana
Dal canto suo Unicredit si è affrettata a emettere un comunicato per non dire nulla. “Nell’ambito della propria attività e in coerenza con il Piano Strategico 2022-2024, UniCredit continua a valutare tutte le opzioni strategiche disponibili e non mancherà di tenere informato il mercato di qualsiasi sviluppo concreto”, ha detto un portavoce dell’istituto di Piazza Gae Aulenti che si è sentito nella posizione di dover precisare “che non è stata convocata alcuna riunione straordinaria del consiglio di amministrazione”.
Tralasciando la risposta di Unicredit e il fatto sul chi possa avere avuto l’interesse a far uscire un rumor di questo tipo (forse Banco Bpm per costare un po’ di più?), è evidente il fatto che l’operazione ha del razionale. E considerando chi è l’attuale ceo di Unicredit il quadro è chiaro. Ma andiamo con ordine.
Perché Banco Bpm
Orcel è stato a lungo alla guida del dipartimento di m&a di Merril Lynch e una tale formazione, la palestra investment banking, non si abbandona. Non è dunque neve ad agosto il fatto che il numero uno di Piazza Gae Aulenti voglia e in un certo senso debba fare delle acquisizioni per crescere e raggiungere la concorrente numero uno Intesa Sanpaolo. Chi lo conosce non ha creduto a lungo alla storia dello “stand alone” fatto intendere durante la presentazione del piano industriale. Non a caso da quando è approdato in zona Gae Aulenti ha provato a trovare una realtà da acquisire. Ci ha provato in Russia, entrando e poi uscendo dalla competizione per la privatizzazione della Otkritie Bank, e ci aveva provato – o probabilmente la politica gli aveva chiesto di provare – ancora prima con Monte dei Paschi di Siena. Da quest’estate, stando a indiscrezioni, quando probabilmente era a lui chiaro che con Mps non sarebbe finita bene, aveva intavolato dei colloqui con lo stesso Castagna ma poi era morta lì.
Ora le voci che si rincorrono e non stupirebbe se da qui a un tempo relativamente breve Unicredit dovesse scoprire le sue carte. Ma perché Banco Bpm? Innanzitutto perché è un affare. L’istituto guidato da Castagna ha chiuso l’esercizio con un utile di 569 milioni di euro, in decisa crescita rispetto ai 21 milioni del 2020 e del 10% superiore alla guidance. L’utile netto su base ‘adjusted’ è più che raddoppiato a 710 milioni, dai 330 del 2020, e rappresenta il risultato migliore dalla nascita del gruppo. Una banca quindi solida e redditizia con una capitalizzazione pari a 5,4 miliardi, rispetto ai 34 di Unicredit. Una banca che tra le altre cose aprirebbe le porte al florido mercato lombardo. Gli analisti di JP Morgan ricordano che Unicredit ha “4-6 miliardi di capitale in eccesso nel business plan e non ha mai escluso l’m&a”. Quelli di Equita Sim hanno invece detto che l’ipotesi di aggregazione “avrebbe un forte razionale industriale in quanto rafforzerebbe in modo significativo il posizionamento competitivo del gruppo in Italia in termini assoluti”. La banca milanese passerebbe da una quota di mercato dell’11% al 18%, specialmente al Nord (qui la quota raddoppierebbe dal 10% al 20%), riducendo il differenziale rispetto a Intesa Sanpaolo. Il gruppo che si verrebbe a creare avrebbe inoltre un Cet 1 attorno al 13% e un cuscinetto di capitale rispetto ai livelli minimi richiesti della Bce (lo Srep) circa 400 punti base (è il 4%). Certo, non sarebbe gratis: qualche analista scommette su un premio superiore al 27% offerto da Intesa Sanpaolo per Ubi e compreso tra il 40 e il 50%” ma il Banco, come ricorda Mf, non ha un nocciolo di azionisti forti in grado di contrattare e contestualmente Unicredit potrebbe trattare e essere accomodante con Castagna offrendogli un ruolo manageriale.
Cosa c’entra Mps
C’è anche un altro motivo per cui a Unicredit converrebbe acquisire Banco Bpm ed è la possibilità di smarcarsi poi dalla partita Montepaschi. I ben informati riferiscono che a Orcel Mps proprio non piace e non sarebbe strategica neanche a livello territoriale. L’arrivo del nuovo ceo Luigi Lovaglio potrebbe però cambiare le carte. Apprezzato e riconosciuto ristrutturatore, Lovaglio è considerato un professionista in grado di risollevare, veramente, le sorti della banca senese. E non appena Mps sarà ripulita venderla sarà la mossa successiva del governo, su pressione della Commissione europea. E a chi? Unicredit è stata sempre l’unico vero interlocutore. Ma con la scusa di un’aggregazione in corso – quella eventuale di Banco Bpm – Unicredit potrebbe sfilarsi dalla partita, anche se a quel punto non sarebbero molte le alternative rimaste al ministero dell’Economia, azionista di maggioranza di Mps.
Banco Bpm e l’inazione
In questo contesto, Banco Bpm rischia di trovarsi a svolgere il semplice ruolo di attore non protagonista. In un mercato in pieno consolidamento, chi rimane fermo è destinato a perire. È stato cosi per Ubi Banca e lo stesso sta rischiando Banco Bpm che, qualora l’operazione Unicredit prendesse veramente il via, pagherebbe la scelta di non aver partecipato attivamente alla partita, puntando ad esempio su un asset come Banca Carige, ora in esclusiva a Bper fino al 15 febbraio prossimo.