Più conveniente di Mps. Di Banco Bpm, di Mediobanca. E pure di Generali. Unicredit ha fatto la sua scelta senza dire niente a nessuno. Non ha avvertito cioè il governo tedesco e nemmeno la stessa Commerzbank. Di fatto, gli altri diretti interessati all’operazione.
D’altronde Berlino non aveva avuto alcun sentore del blitz della banca italiana per sua stessa ammissione. Si aspettava una vendita frazionata, investitori diversi. E come anticipato, neanche Commerzbank sarebbe stata informata in anticipo dall’istituto di Gae Aulenti dell’acquisizione della quota. Si è saputo tutto mercoledì mattina con le comunicazioni regolamentari.
E così Unicredit si è presa il 9%. Tutto in un solo boccone. Anzi due. Il 4,5% messo in vendita dal ministero delle Finanze tedesche, valore complessivo 700 milioni di euro circa. E poi un altro 4,5% sul mercato. Adesso si discute delle modalità in cui è avvenuta questa acquisizione. Su quello che significa per il comparto. Per le banche. Per chi ci lavora. Ma soprattutto su cosa succederà nei prossimi giorni e lo scenario che andrà a delinearsi.
Unicredit abbraccia l’orso per dipendere meno dall’Italia
Perché l’idea è che in buona sostanza siamo avanti al cosiddetto bear hug. Abbracciare l’orso. Come sottolinea anche Mf, si comincia con una quota di minoranza per poi passare all’attacco, si fa per dire, vero e proprio, e quindi superando il 9,9%. E infatti il Ceo di Unicredit Andrea Orcel, navigato banchiere di m&a, una volta che si è preso il 9% per un valore superiore a 1,5 miliardi, avrebbe già contattato i dirigenti di Commerzbank, mossa confermata da Reuters e dal Financial Times, per esplorare potenziali trattative per una fusione.
Finalmente c’è qualcosa di reale su cui costruire e da cui partire dopo mesi, anzi anni contraddistinti da rumors, proiezioni, smentite, simulazioni e dichiarazioni fin troppo abbottonate. Il tema, neanche a dirlo, è il risiko bancario ovviamente e il consolidamento del settore. Parliamo di uno dei più grandi gruppi bancari italiani che diventa uno dei maggiori azionisti di uno dei gruppi bancari più importanti della Germania. Da qui, seguono indizi che sono anche più di semplici indizi.
Dentro la pancia di Unicredit, tanto per cominciare, c’è già Hvb, altra banca tedesca acquisita nel 2005, erano i tempi di Alessandro Profumo. Dunque l’operazione Commerzbank avrebbe senso, guardando la storia dell’istituto di Piazza Gae Aulenti. Dopo un periodo di ristrutturazione torna all’attacco e alle sue origini. Comprare altre banche, modellare una piattaforma europea per dipendere meno dall’Italia.
Le parole di Andrea Orcel
“Siamo molto pazienti. Potremmo salire, scendere o combinare. L’obiettivo è creare valore, la società al momento non ha fretta -ha detto l’amministratore delegato di Unicredit, Andrea Orcel, intervistato da Bloomberg Television-. Le conversazioni su un’operazione di fusione e acquisizione o su un’ulteriore combinazione sono in cima alle discussioni”, ha aggiunto Orcel, sottolineando che “visto che ora siamo un investitore, possiamo impegnarci in modo costruttivo per capire se tutti noi vogliamo creare qualcosa di più del valore che può essere generato da Commerzbank da sola”.
Prosegue Orcel: “La nostra strategia sulla crescita esterna era chiara. Abbiamo sempre detto su che mercati, con che tipo di partner. Non eravamo andati avanti perché ci sembrava non ci fosse l’opportunità e soprattutto che non ci fossero le condizioni. Quando il Governo tedesco ha deciso di ridurre la propria quota in Commerzbank, noi abbiamo preso parte a un processo trasparente, siamo stati selezionati per comprare la quota e ora siamo qui. Fondamentalmente, l’opportunità si è presentata, le condizioni erano corrette e abbiamo pensato che fosse qualcosa di completamente in linea con le nostre guidance”.
Più esposizione in Germania, completare la rete in Est Europa
“Unicredit ha scelto finalmente una strada chiara per le proprie strategie di espansione: aumentare la propria esposizione sulla Germania” commenta Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di If Italia. Facile che si prepari allora a richiedere alla Bce anche la possibilità di aumentare la propria partecipazione.
D’accordo Filippo Allotti, head of Financials di Federated Hermes: “La palla è ancora in possesso di Unicredit e tutti gli occhi saranno puntati sul fatto che proceda o meno con l’aumento della sua partecipazione in Commerzbank al di sopra del 9,9%”.
C’è un’altro indizio. Ed è quella legata all’operazione Alpha Bank (leggi qui per approfondire) Come Commerzbank, anch’essa salvata dal governo, in questo caso quello greco. Unicredit aveva rilevato una quota del 9%. Senza dimenticare il fattore Polonia, visto che l’istituto tedesco possiede Mbank, filiale polacca nonché banca digitale innovativa che serve circa 5,7 milioni di clienti privati e aziendali anche in Repubblica Ceca e in Slovacchia.
Cosa succederà in Italia, Unipol: “Si sta ribaltando la situazione?”
Guarda anche al completamento della rete nell’area geografica dell’Est Europa insomma, Unicredit. E lo fa entrando dalla porta principale che è rappresentata dalla Germania: “La soluzione migliore” secondo gli analisti di Mediobanca Research. Convinti che questa operazione possa aprire il valzer dell’m&a italiano, specie se il finale di questa storia conduca alla fusione tra i due istituti.
E chi seguirà Unicredit in questo valzer? Il Messaggero segnala Unipol. Sì, di nuovo il gruppo bolognese. Lo stesso che il Ceo Carlo Cimbri ha già dichiarato in più di un’occasione di non voler guardare a Mps. Per il quotidiano romano, citando un famoso meme che coinvolge Aldo Giovanni e Giacomo, si sta ribaltando la situazione.
Ed è come se la mossa di Unicredit rappresentasse un po’ il voto di Alessandro Borghese, in grado cioè di ribaltare il risultato. Perché fuori dai giochi l’istituto di Andrea Orcel, per rilevare la restante quota del governo nella banca senese adesso è più che mai Unipol in pole position.
L’unico paletto di Unipol per le quote di Mps
C’è un solo però. Cimbri aspetterebbe una chiamata del Mef. Come a dire: noi stiamo bene così, non ci serve aumentare partecipazioni da nessuna parte. Però se il Tesoro chiamasse allora sarebbe diverso. Chiamasi strategia nell’ambito di una trattativa che porterebbe benefici, almeno sulla carta, a tutti gli interessati.
Il governo riuscirebbe a mantenere la promessa a Bruxelles, Unipol aggiungerebbe quote importanti, circa il 20% di Mps dove il piatto più appetitoso dovrebbe essere il ramo polizze visto che è in scadenza la joint venture con Axa, assieme al 24,62% di Bper e il 19,9% di Pop Sondrio, che le farebbero diventare per davvero il terzo polo bancario italiano di cui si parla tanto. E conviene a Mps stessa, come in tempi non sospetti dichiarò il Ceo Luigi Lovaglio: “Il consolidamento, prima o poi, si farà”.
Unicredit, alcuni dettagli dell’operazione Commerzbank
Berlino ha sostenuto Commerzbank nel corso della crisi finanziaria del 2008-2009 con 18,2 miliardi di euro. Possedeva il 16,5% della banca da 16 anni. Tolto il 4,5% rimane il 12,5%, e pare che il governo intenda venderlo tutto. Perché, ha spiegato il sottosegretario, Florian Toncar, Commerzbank è di nuovo un istituto redditizio. La sua stabilizzazione è stato un successo ed è stato importante l’investimento del governo, nel 2008 e nel 2009, per proteggere la stabilità del mercato finanziario nel mezzo della crisi bancaria”.
Il Ceo Manfred Knof ha cavalcato l’onda dell’aumento dei tassi d’interesse che ha sostenuto il settore bancario europeo negli ultimi due anni. Entrato in Commerzbank nel 2021 da Deutsche Bank, ha dato il via a una ristrutturazione radicale con il taglio di un posto di lavoro su tre in Germania e la chiusura di metà delle filiali nel Paese.
Mercoledì Commerzbank ha convocato in fretta e furia una riunione del Cda per discutere, la fonte è Reuters, di come mantenere l’indipendenza del istituto di credito tedesco, esplorando strategie di difesa per come eventualmente resistere a una potenziale offerta da parte di Unicredit. Dopo l’annuncio dell’operazione, Commerzbank è cresciuta del 18% quanto a capitalizzazione superando i 17 miliardi di euro. Unicredit vale 59 miliardi. Nel capitale della banca tedesca ci sono anche la Banca centrale norvegese con il 3% e i francesi di Amundi con una piccola quota dello 0,6%.
Tutti contenti? Non proprio
Il sindacato di Commerzbank ha chiesto al consiglio di fermare Unicredit. Si teme lo spostamento del quartier generale fuori dalla Germania, ma anche e soprattutto tagli al personale. C’è chi addirittura ha dichiarato, come riporta Il Fatto Quotidiano, che “non c’è bisogno che gli italiani entrino e facciano fallire le banche tedesche tradizionali. Non abbiamo bisogno di un altro disastro come quello che abbiamo visto alla Hypovereinsbank” senza evidentemente sapere che il vero disastro c’è stato, ma dentro Commerzbank stessa, visto che fu uno degli istituti più colpiti della crisi del 2008, salvata dal crac solo grazie all’intervento pubblico.
Chiaro che poi anche il governo italiano forse possa non risultato soddisfatto al 100%. Perché la fusione con Mps è sempre stata la soluzione preferita. D’altronde tra Unicredit e Palazzo Chigi non mancano le stilettate, specie di questi tempi, se si considera che, voce non confermata ma comunque possibile, Orcel avrebbe rifiutato di sponsorizzare le Olimpiadi invernali Milano-Cortina preferendo concentrarsi su un’importante sponsorizzazione della Ferrari.
Milano Finanza riporta infine anche un report degli analisti di Citi, che si domandano come mai Unicredit non abbia lanciato subito un’opa totalitaria. Le tempistiche per un’eventuale fusione potrebbero adesso aumentare, “dal momento che potrebbe comportare minori benefici finanziari”. Senza dimenticare che la Germania è un mercato giudicato meno redditizio dell’Italia.
Analisti divisi
Di tutta un’altra opinione Mark Kelly, Ceo di Mkp Advisors. “È improbabile che UniCredit sia incappata in questa operazione nel modo in cui viene dipinta dal mercato, è probabile che sia molto meglio coordinata di quanto sembri a prima vista e che sia in gioco una complessa strategia di fondo a lungo termine”. Le autorità di regolamentazione europee hanno da tempo favorito il consolidamento in un settore afflitto da bassa redditività.
Equita ha già provveduto a ipotizzare un’aggregazione tramite simulazione da parte dei suoi analisti. L’idea è un 50% cash e un 50% in carta, premio tra il 20 e il 25% e sinergia pari al 10% della base dei costi di Commerzbank. Ci sarebbe spazio, in questa proiezione, per un aumento un aumento a doppia cifra dell’utile per azione (oltre il 15%), senza compromettere la solidità patrimoniale di UniCredit. Che, lo ricordiamo, nel 2023 ha già ottenuto dalla Germania oltre il 20% dell’utile operativo e il 19% dell’utile netto.
Reazione del mercato
Il giorno dell’annuncio Unicredit piatta, appena un rialzo del +0,2% in una seduta comunque fortemente negativa per Piazza Affari. Nella sessione odierna, l’istituto segna un rally pari a un guadagno del +2,8%, sostenuta anche dal rimbalzo generale che il Ftse Mib registra grazie al ritrovato ottimismo sul settore tech di Wall Street. Un’azione Unicredit oggi supera i 37 euro di valore.
Di tutta un’altra forza sono gli scambi di Commerzbank: oltre il 16% il giorno dell’annuncio, +2,8% a 15 euro ad azione nella sessione successiva, sui massimi da luglio.